Riflessioni sul male

Riflessioni sul male.

Per iniziare prenderei spunto dal confronto tra carcere e quarantena. Sono a contatto col carcere e con le persone che lo abitano da diversi anni e di restrizione ho sentito spesso parlare. Per la prima volta la restrizione la subisco personalmente e non a seguito di mie colpe. E non mi sta facendo bene. Non sta facendo emergere la mia parte migliore, anzi al contrario. Non sta sollecitando la mia responsabilità, anzi al contrario. La mancanza di libertà cerca dentro di me le tendenze e le attitudini meno nobili e le nutre, peggiorandole. Ne sono sempre stata convinta, ma questa è una ragione in più per sostenere che la reclusione non è, non deve essere l’unico strumento con cui lo Stato affronta il reato e non può essere strumento di rieducazione.

Le mie riflessioni sul male, però, necessitano di territori più dilatati dove esplicarsi. Penso che il male sia un elemento costitutivo dell’essere umano e del creato. Senza male il bene non avrebbe senso e non sarebbe né percepibile né concepibile. Come accade con la luce e con le ombre. Senza la luce non esisterebbero le ombre, ma senza le ombre la luce non basterebbe a fornire una percezione della realtà accettabile.

Così è per l’uomo: un impasto di bene e di male, un insieme di tendenze che volgono al bene e di altre che volgono al male, con il prevalere alternato, ma non simmetrico, di entrambe. Se la ragione, il cuore, lo spirito saranno nutriti di sentimenti, emozioni e pensieri positivi ed appaganti si potenzierà la spinta al bene, viceversa il prevalere di sentimenti, emozioni, pensieri negativi potenzierà la spinta al male.

Le esperienze che l’uomo vive, le azioni che compie, le scelte che effettua sono la conseguenza di un insieme di fattori diversi ma tutti molto importanti: il corpo in cui si ritrova, l’indole, il carattere, le attitudini, l’ambiente, le frequentazioni, l’educazione ricevuta o mancata, la guida amorevole che loda e censura, che suggerisce alternative possibili e che, comunque, ama.

Tutto ciò riguarda l’individuo, che interagisce con i suoi simili praticamente da subito. Ma l’interazione riguarda anche il creato, nelle sue manifestazioni storiche e naturali. Il male si manifesta storicamente: le guerre, le deportazioni, i genocidi, le discriminazioni, la mancanza di pari opportunità, la miseria materiale e morale sono spesso il portato non solo o non tanto di scelte e comportamenti individuali ma spesso di scelte ideologiche e politiche e di comportamenti privi di etica da parte di governi e istituzioni.

Il male si manifesta anche naturalmente: le alluvioni, i terremoti, le eruzioni, le carestie, la siccità, le malattie, le pestilenze, le pandemie sono il male. Oggi, più che mai, ne sono consapevole. Non c’è spiegazione per il manifestarsi del male che possa neutralizzare le conseguenze causate e che possa per certo evitarle per il futuro.

L’essere umano, dunque, convive con manifestazioni del male ad ogni livello e deve imparare a reagire. Non sempre la reazione sarà razionale, ragionevole, comprensibile, giusta. A volte sarà la peggiore, a volte la migliore, spesso l’unica possibile. Una cosa, secondo me, è certa: a seguito dell’interazione tra esseri umani, o dell’uomo con la storia, o dell’uomo con la natura una reazione ci sarà.

Io credo che perché tale reazione non sia irrimediabile, o lo sia il meno possibile, bisogna collaborare affinché nel mondo ci sia meno dolore.

E penso che non è necessario che il male si configuri come reato, può esserci male in uno sguardo, in uno sgarbo evitabile, in una gentilezza mancata, L’alone negativo che si espande a partire da gesti malevoli produce conseguenze potenzialmente nefaste anche se non immediatamente e chiaramente identificabili. Ma anche i gesti benevoli producono aloni in grado di espandersi e influenzare positivamente a loro volta. Concentriamoci su questo perché questo è alla nostra portata.

Io penso che l’uomo è cattivo perché infelice e non infelice perché cattivo.

Nuccia Pessina

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Commenti alla prima giornata

Commenti alla giornata del 27/04/2020

Quando penso alla pandemia, ai morti, alle famiglie distrutte, agli stipendi, ai bambini chiusi in casa, all’attesa di un vaccino e di cure efficaci, all’incertezza di quello che verrà, mi si spacca il cuore. L’incontro di ieri è stato una delle più belle risposte al virus: essere insieme, seppure in una stanza virtuale, oggi come allora, è stato davvero vitale e altamente contagioso!

Un’emozione dietro l’altra! Frammenti di storia, della nostra storia, dei singoli nel gruppo, di come si è evoluta la relazione e di come, a distanza di anni l’ho ritrovata un pomeriggio qualunque, inaspettatamente e profondamente, immutata.

Il prof che scrive “ciao” mentre alcuni interventi si allungano oltremisura, le persone che continuano a parlare e a me che viene da ridere perché non capiscono i messaggi di fumo! Sofia che interviene portandoci a spasso nel suo giardino e, a parte il mal di mare, mi fa sentire insieme sotto il ciliegio. Tiziana l’ho persa, ero al cambio urgente di pannolino! Delia mi fa impressione guardarla e pensarla avvocato. Marta è semplicemente Marta! E usa parole condivise che mi fanno sentire la stretta parentela. E poi c’è Bruno che mi chiama: mi sono avvicinata al cellulare, volevo entrarci dentro come nel dipinto di Marry Poppins! È stata una gioia travolgente. Avrei voluto parlare con lui, volevo scusarmi con gli altri per quella che poteva sembrare una interruzione, ma che invece era un’inevitabile momento di intimità. Mi sono trattenuta. Era tuo figlio? Ne ho due! Me li sono persi. Ho sentito tutto il dispiacere, il suo e anche il mio, e la forza del legame. Bruno è tra le persone che hanno continuato a vivere nei miei ricordi e nei miei affetti. Avrei voluto dirglielo, insieme ad altre mille cose, ma era il momento di spegnere il microfono. Mia figlia, che di anni ne ha due, ha cominciato a chiedere: Chi è quel signore? Chi è quel signore? Un mio amico! Si chiama Bruno. Si è arrampicata sulla sedia per vedere meglio e ha cominciato “Cao, cao, Cao… Perché non risponde più, Buno?”. Non sono riuscita a seguire tutto l’intervento, il modo di parlare di Bruno però mi ha riportata in biblioteca a Opera, là dove l’ho conosciuto e dove facevamo i primi incontri. Con mia figlia che ha continuato a parlare ho sentito la frase: il male è finalizzato al male. Aspetta, mi manca il contesto, ma no, il male non è mica finalizzato al bene??!?!! Al mio bene, all’illusione di stare in piedi, di avere il potere sulla realtà che mi sfugge di mano, questo è il male, un piccolo momento di libertà dall’impotenza. Sono le sei. Mamma, quando giochiamo? Chiede Luca. E ha ragione. Dopo i compiti, dopo la merenda, è finalmente il momento dello svago e delle corse sul balcone! Mica del Gruppo della Trasgressione!!!!

Insomma, è stato intenso! Per me è difficile seguire per due ore, dietro allo schermo sono con due bambini che interagiscono con me. Ma erano anni che non venivo al gruppo e mi è proprio sembrato di esserci. Ho più volte sfogliato le pagine di Zoom in silenzio per vedere le persone vecchie e quelle nuove. Ho osservato Marta, Delia, Tiziana, Manuela, Adriano, Bruno ma anche Eleonora, Elisabetta e i volti di cui ora non ricordo il nome, ma solo le espressioni. Nonostante la mia fatica, mi piacerebbe che questi incontri virtuali, ma reali, continuassero anche dopo la pandemia.

Vi auguro buona giornata con “il compito più bello dell’universo” che la maestra di matematica di mio figlio ha assegnato alla classe come missione speciale per questa settimana: osservare i piccoli falchi pellegrini nati sul tetto del Pirellone! Sono bellissimi e un giorno impareranno a volare!

Ciao a tutti,
Livia Nascimben

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Commenti alla prima giornata

Commenti alla giornata del 27/04/2020

Se dovessi sintetizzare questa esperienza direi che si tratta di un ciclo di incontri che prevedono di collegarsi ad un link tramite la piattaforma zoom, si può fare anche da cellulare. Oggi eravamo 41 persone.

Il Gruppo della Trasgressione include studenti di psicologia, filosofia e giurisprudenza, avvocati, magistrati, professori delle scuole medie e superiori, detenuti e vittime di reati.

Il tema di questo ciclo di incontri è “La banalità e complessità del male“. Oggi abbiamo iniziato dal significato della parola “banalità” partendo dallo spunto di una collega giornalista, laureata in filosofia, che ha citato il libro di Hannah Arendt sul processo ad Eichmann, per spiegare come la maggior parte delle volte il male si distribuisce su piccoli gesti apparentemente “banali” che non ci danno la sensazione di star facendo qualche cosa di male e che non ci fanno sentire proprietari di un’identità “deviante”, anche quando stiamo pericolosamente precipitando senza rendercene conto in quella direzione lì.

Il concetto di “complessità” ci invita invece a riflettere su come il male finisca con il tempo con il rispondere ad una funzione, ovvero quella di darci un’identità, tendenzialmente negativa, ma pur sempre un’identità riconoscibile e facilmente indossabile, che è molto meglio rispetto a non avere alcuna identità e molto più facile rispetto ad un’identità che ci chiede di crescere attraverso il lavoro e la fatica quotidiana.

Da qui diverse persone hanno fatto un collegamento al bullismo, perché chi più di un dodicenne che commette un reato è alla ricerca di un’identità?
E poi anche perché l’obiettivo è di portare gli scritti finali nelle scuole che nel tempo hanno creato un’alleanza con il Gruppo, per costruire interventi di crescita personale e di educazione alla legalità.

Collegandosi al bullismo si è parlato quindi di giovani che, più o meno consapevolmente, compiono dei reati. Spesso all’inizio di questo percorso verso il mondo dei reati succede che i ragazzi si giustifichino affermando “ero lì per caso” e i genitori a loro volta confermano questa versione “mio figlio si trovava lì per caso, non è cattivo, è un bravo ragazzo che ha trovato gli amici sbagliati”. Ed è vero, non sono ragazzi “cattivi”. Ma oggi abbiamo iniziato a riflettere su come il “caso” diventi spesso una scorciatoia che ci libera dalla responsabilità di dover fare bene.

Aggiungo che questo apre la strada a numerosissime domande, perché quasi sempre chi ci chiede di “fare bene” è un’Autorità (interna o esterna) con cui inevitabilmente sentiamo di avere un conflitto aperto.

Così gli amici sbagliati rispondono ad una domanda ben precisa, che è la domanda di chi non si sente riconosciuto e sta cercando di crescere sostituendo inconsapevolmente il diventare grande con il sentirsi “grande”.
Ma il fare senza l’essere è un castello di carte senza fondamenta.

Personalmente questo tema mi interessa particolarmente essendo stata coinvolta nel mio lavoro in ospedale in un progetto dal titolo “minori autori di reato“.

Quindi possiamo dire che vengono trattati temi difficili nel corso di questi incontri, ma l’esperienza di GRUPPO crea una sintonizzazione tra le persone e una sorta di stomaco condiviso che permette a tutti di “digerire” temi complessi, che ci chiedono lo sforzo di ascoltare con attenzione per contribuire anche noi all’incontro, per dare un senso alle nostre esperienze e ai nostri vissuti, che sono sempre al centro della discussione del gruppo.

L’incontro anche nella sua forma on-line costituisce qualcosa di creativo e galvanizzante che con il tempo incide sulle nostre vite dandoci la sensazione di aver utilizzato queste ore per fare qualche cosa di utile, perché “dare” significa mettersi in gioco attivando tutta una serie di funzioni di holding che inevitabilmente ci spingono ad assumere la responsabilità dell’altro e quindi a crescere come persone.

Nel carcere di Opera una volta un detenuto ha scritto una poesia: “Timbro il tempo per esserci, sapendo che ogni secondo sprecato è una parte di me che muore“. Abbiamo tutti bisogno di timbrare il nostro tempo per sentire di esserci.

Mi piacerebbe coinvolgere in questo percorso i genitori dei ragazzi che hanno commesso un reato perché penso che potrebbero arrivare a dare ai ragazzi delle scuole un importante contributo, rendendosi contemporaneamente conto che possono fare qualcosa anche per aiutare i loro figli a crescere. E forse alla fine di questo percorso potremmo cambiare il nome del progetto da “minori autori di reato” a “minori autori del proprio destino”.

Tiziana Pozzetti

Commenti alla prima giornata

Commenti alla giornata del 27/04/2020

Conosco il gruppo della Trasgressione da quando è nato, anzi da prima, dal giorno in cui è stato concepito direi, un tempo in cui si potevano fare le gite a Bologna (…e si potevano mangiare anche le fragole!), ma non avevo mai partecipato, se non ad alcuni dei convegni aperti al pubblico.

Il Corona Virus e la mia conseguente disoccupazione mi hanno regalato il tempo di farlo, voi mi avete concesso il piacere di esserci. Grazie è la prima cosa che vorrei dirvi.

La seconda è che ho apprezzato l’attenzione e l’impegno di tutti i partecipanti per più di 2 ore, anche quelli che non abbiamo parlato ma che eravamo presenti “per davvero” (il virgolettato è una citazione della Livia dei vecchi tempi); sarà che nel mio lavoro di moderatrice di focus group con “gente comune” sono abituata a faticare per ottenerli, ma constatare come nel giro di pochi minuti si instauri un clima idoneo nel vs gruppo mi ha fatto sentire in una gran bella compagnia 😊.  Lo strumento web che avete testato funziona alla grande secondo me (e, tra l’altro, apre a nuovi utenti che non possono venire in carcere, per non dire che ho potuto fumare una sigaretta senza danneggiare gli altri!).

Credo inoltre che, nonostante la precisa introduzione di Sofia sul concetto “Banalità del Male” della Arendt, ci siano stati dei fraintendimenti sul tema/titolo del dibattito, il che è più che comprensibile dal mio punto di vista poiché si tratta di un pensiero difficile e palesemente ostico: accostare le parole BANALITÀ e MALE è già di per sé disturbante, suscita reazioni emotive forti da cui viene spontaneo prendere le distanze prima ancora di cercare di capire… è un pensiero difficile da pensare e questo forse dobbiamo dircelo!

Con questa premessa di difficoltà in mente (che Eleonora ha esplicitato nel suo intervento -che tra l’altro mi è piaciuto molto anche per le altre cose che ha detto, in particolare quando ha parlato del “Male come ricerca di libertà di non scegliere”, un’intuizione che da sola ripaga dell’intera partecipazione all’evento per quanto mi riguarda!), possiamo forse provare ad addomesticare un po’ il concetto di Banalità del Male utilizzando un sinonimo di banalità, e cioè MEDIOCRITÀ.   Per la verità, ho trovato la spiegazione di Juri su cosa si intende per “banalità” molto chiara ed esaustiva (ordinario come opposto a straordinario, scontato come opposto a eccezionale, parcellizzazione delle responsabilità -che non vuol dire che non ci siano responsabilità o che il fenomeno diventi meno grave!), ma forse ricordare che “banale” vuole anche dire MEDIOCRE ci aiuta ad accettare/avvicinarci al concetto di “banalità del male” che si vuole lavorare anche nei futuri incontri.

E aggiungo che il titolo del vs webinar è “banalità E complessità del male”, E congiunzione che collega le due parole, non O congiunzione disgiuntiva che introduce un’alternativa tra i due concetti, tipo che uno esclude l’altro… almeno a me sembra così. Quindi potremmo rinunciare allo sforzo di decidere se il Male sia banale ocomplesso per provare piuttosto ad accettare che possa essere entrambe le cose e indagare se nella ns esperienza ci sono tracce di tutto questo. Personalmente, ho senz’altro esperienza di vivere in una “realtà conflittuale e multifattoriale” (cito l’intervento di Juri questa volta), ma non ho la più pallida idea di come (e se) io agisco il Male con la M maiuscola, e non certo perché io sia buona, non saprei cosa dire nemmeno su come (e se) io agisco il Bene! Chissà, forse non ne ho sufficiente esperienza diretta e anche per questo sono molto interessata alle testimonianze di chi sente di aver toccato “il Male” in passato, prima di essere rinchiuso in carcere. E qui mi interrogo solo sul Male (e non sul Bene) perché questo è il titolo degli incontri e non mi piace andare fuori tema. Sono pedante, lo so! Magari della Banalità e Complessità del Bene ne parliamo in un altro convegno, ma in questo a me piacerebbe ci focalizzassimo tutti sul tema che avete deciso.

Ho notato che le “vecchie guardie” del gruppo (Delia, Marta, Sofia, Roberto, etc.), diventate ormai illustri avvocate, psicologhe, prof di filosofia, spacciatori di Frutta&Cultura, etc., sono bravissime/i a stare sul pezzo, cogliere gli input di Juri e provare a rispondere alle sue domande da 100milioni di dollari come le chiamo io (“Esiste una funzione del male per la persona che la compie?” alla faccia! Perché non chiederci direttamente Chi siamo, Da dove veniamo e soprattutto dove andiamo?!)

Sarò felice di conoscere meglio anche le “nuove guardie” del gruppo dal fronte studenti, dal fronte detenuti, dal fronte cittadini liberi.
“Liberi” si fa per dire.

E chissà se proprio il concetto di libertà di ognuno di noi -lo spazio che ci concediamo per recepire gli stimoli che provengono dal ns mondo interno e dall’ambiente esterno- centri qualcosa con la banalità/mediocrità con cui organizziamo le nostre risposte a questi stessi stimoli…

Mi sembra che, molto spesso, noi banalmente REAGIAMO agli stimoli anziché RISPONDERE agli stimoli; per poter rispondere occorre prima accoglierli, accettarli, lavorarli, pensarli, insomma fare tutta quella faticaccia da uomini! Gli animali sono avvantaggiati. In questo periodo sto diventando quasi amica di un merlo che ha fatto il nido sul ns terrazzo (ne ho parlato con cari amici come Adriano e Vittorina, e anche l’Adriano nostro della coop a cui ho mandato anche le foto!) …beh, più lo osservo mangiare le briciole che gli lascio ogni pomeriggio e più lo invidio, anzi invidio soprattutto i suoi piccoli per i quali ha costruito un nido duro e protettivo all’esterno e morbido all’interno. Impulsi regressivi a manetta in questo periodo di quarantena. Voglia di volare in questo periodo di quarantena. Ma a noi tocca crescere, @azz@!  D’altro canto, o cresciamo o siamo infelici, quindi siano benedetti i pensieri difficili e le domande ostiche dei filosofi!

Concludo dicendo che mi spiace che Roberto fosse visibilmente arrabbiato alla fine del gruppo, non so con chi ce l’avesse (forse qualcuno lo ha criticato in separata sede per il suo primo intervento? Ma se era così sul pezzo! Soprattutto quando ha parlato della mediocrità e della eccellenza degli uomini, io seguivo bene il suo discorso… boh!), ma credo e spero che gli sia già passata oggi. Credo anche che nel vs gruppo sia lecito esprimere le proprie emozioni, anzi addirittura incoraggiato come stile, ma mi sembra comunque utile rifarsi al principio del rispetto reciproco e, ancora una volta, all’aspirazione a rispondere anziché reagire agli stimoli. Per essere più esplicita, caro Roberto, non mi piace che qualcuno usi un momento comune per inviare messaggi in codice a qualcuno, ma forse non ho capito niente… e non sarebbe la prima volta! 😊

Fine del mio commento non richiesto al primo webinar gratuito del Gruppo della Trasgressione.

Saluti e baci a tutti,
Manuela Re

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