Flavio e Gianluca

Da qualche giorno penso con grande tristezza a quei 2 ragazzini, Flavio e Gianluca di 15 e 16 anni, morti per aver assunto della droga. Avevano l’età di mio figlio e, se penso che qualcuno gli possa dare della droga, ho paura. Ma penso anche che in passato io, con la mia incoscienza e la mia arroganza, ho provocato il dolore di tanti altri ragazzini.

Oggi ci sono stati i funerali. Vedere questo fatto e sapere che anch’io ho spacciato e contribuito a vendere morte fa piangere il mio cuore. Se oggi ci fosse mio figlio davanti a me, penso proprio che non avrei il coraggio di guardarlo negli occhi.

Ringrazio le istituzioni, il Gruppo della Trasgressione, che con le sue discussioni e gli interventi del dott. Aparo tira fuori a ognuno di noi la nostra coscienza.

Sono rammaricato che nella mia vecchia carcerazione non ho incontrato il Gruppo della Trasgressione, ma sono contento di averlo incontrato oggi.

Provo un grande dolore e ci tengo a condividerlo con il gruppo. Penso che ognuno di noi debba riflettere molto su quello che abbiamo fatto nel nostro passato e trasmettere alle nostre famiglie e alle persone vicino a noi che l’arroganza e l’incoscienza non pagano mai, anzi uccidono l’anima.

Paolo De Luca

Genitori e figliTossicodipendenza

4 pensieri riguardo “Flavio e Gianluca”

  1. Interessante e apprezzabile lo sforzo di rifletterci sopra senza nascondersi. Certo, per chi è in carcere, consapevole delle proprie responsabilità, è un argomento particolarmente difficile: se spacci non sai dove finirà quella sostanza, quante persone attraverserà e se arriverà anche nelle mani di questi ragazzini. E se poi hai dei figli, ai “tuoi” ragazzi stai anche spacciando un modello che non li aiuterà certo a scegliere una strada tanto diversa.
    Però Flavio e Gianluca non erano figli di detenuti. È una domanda che ci interroga tutti. Perché i ragazzi sono sempre più attratti dalla trap e dai purple drank? A quali bisogni rispondono queste droghe e questo modo di procedere? E avrebbero altre vie per rispondere a questi stessi bisogni?
    È quello su cui ci stiamo interrogando al cineforum del lunedì. Credo che questi film dovremmo vederli con loro e parlarne con loro, seduti in cerchio nelle loro classi. Credo che dovremmo anche spiegare cosa sono le droghe, perché se glielo chiedi alla fine non lo sanno. E non ditemi che sono troppo piccoli per andare nel profondo, perché mia nipote in 3a elementare ha ripassato con me l’anatomia cerebrale l’estate scorsa al mare e a 10 anni andava in giro in spiaggia a spiegare alle persone cosa fosse l’amigdala e a cosa serve.
    Chiediamo ai ragazzi di parlare, ma noi parliamo con loro? Non per dire “non si fa” o “fa male”, ma per *spiegare loro* le cose, che è un modo alternativo alla droga per farli sentire adulti e per riconoscerne il valore.
    Ma per spiegare le cose prima bisogna saperle! Dunque voglio proprio vedere se c’è un detenuto che ha il coraggio di prendere in mano i miei appunti di anatomia cerebrale e capire come funziona la faccenda delle droghe sul nostro cervello. Altrimenti cosa vogliamo dire a questi giovani? “Fate i bravi”?
    I nostri film del lunedì sono spesso vietati ai minori di 14 anni. Però quasi tutti i ragazzi ormai conoscono la serie “TREDICI” che, parlando con loro, diventa un punto di partenza per sdoganare alcuni tabù e iniziare a parlare di questi argomenti.
    Tiziana

    1. Tiziana, mi unisco a te nell’apprezzamento del testo di Paolo De Luca. Gli interrogativi che hai esposto fanno parte delle fondamenta del gruppo. Sono uno dei detenuti del gruppo, pronto anche ad accettare la tua sfida, ma permettimi una precisazione. Studiare gli effetti che producono le droghe sul cervello è una conoscenza certamente utile, ma a questo punto bisogna anche studiare gli effetti che hanno sul corpo, in particolare sul fegato. Giorgia Benusiglio, che abbiamo avuto più di una volta ospite al gruppo, ha dovuto subire un trapianto per aver preso solo una volta l’ecstasy. Conoscere l’anatomia non fa male, anzi aiuta, ma a me sembra fondamentale soprattutto studiare e capire lo stato d’animo che spinge a fare uso delle droghe, a sfidare tutto ciò che rappresenta l’autorità. Forse bisogna fare i conti con le ragioni che portano a cercare una eccitazione: forse la sensazione di sentirsi vivi, adulti, ma soprattutto di far parte di qualcosa per non sentirsi soli. Questo è ciò che vivevo io. Ritengo fondamentale essere credibili e dialogare con i ragazzi affinché possano comprendere il dolore, il rancore e lo smarrimento che essi stessi vivono. Quelle sensazioni destabilizzano e possono condurre alla resa, a smettere di lottare per crescere, a lasciarsi trasportare dalla corrente emozionale del momento senza comprenderne la destinazione. Penso che questo sia uno dei tanti punti che dobbiamo trattare con i ragazzi. Lo so per esperienza personale. E’ importante evitare che essi si illudano di diventare adulti affidandosi a dei surrogati come la banda dei bulli, il potere dei soldi, l’eccitazione delle droghe. Io ho compreso, purtroppo solo da detenuto, che porsi domande insieme a persone credibili mi ha permesso di non rimanere in balia delle mie correnti emozionali senza nemmeno sapere da dove arrivavano. Oggi conosco la mia direzione molto meglio rispetto al passato. Ma se sono riuscito a trovare il mio sestante è grazie all’aiuto che mi è stato dato per comprendere il mio stato d’animo.

      1. Antonio hai ragione, ma se da una parte quando siamo giovani pensiamo di essere invincibili e che anche il nostro corpo lo sia (il mal di fegato non è un paese per giovani!), dall’altra, avere qualcuno che ci fa vedere i nostri limiti, anche fisici e concreti, è un modo per iniziare a conoscerci meglio. Oltretutto, non possiamo più distinguere mente e corpo, onde cerebrali e motivazionali. Abbiamo qualcosa di meraviglioso dentro la testa e non lo sappiamo, i ragazzi non lo sanno! Quindi non facciamo nulla per sfruttarlo o proteggerlo. In fondo c’è un sacco di droga pulita nel nostro cervello, dobbiamo solo capire come attivarla, come produrne di più e di miglior qualità e come insegnare alla scuola a lasciare perdere le note sui diari e produrre note cerebrali che stimolino le onde brevi e acute che producono gioie intense nelle nostre memorie, che sono proprio del tutto simili a quelle che producono le gioie corte dei reati, ma con la grande differenza che non sono associate alla distruzione ma alla creatività e alla crescita. In fondo è questo che mi piace del gruppo, non chiede di rinunciare all’eccitazione e alle emozioni forti, ma stimola a trovare gratificazioni altrettanto intense ma alternative.
        La Lucangeli da molto tempo si batte per una rivoluzione della scuola. Se più persone nel mondo navigano verso gli stessi obiettivi, hanno più probabilità di successo. In un modo o nell’altro dobbiamo riuscire a rendere migliore questo sistema.
        Tiziana

  2. Flavio e Gianluca, simbolo della giovinezza che è promettente, perché ricca di energia, entusiasmo, animata da progetti, speranze, capace di progredire, innovare. I giovani oggi sono forse poco ascoltati e convocati, visti più come un problema che come una risorsa. Essi non vedono un futuro prevedibile, non perché non lo colgano, ma forse in quanto nebuloso. Vivere in una sorta di assoluto presente può costituire per loro un rifugio.
    La famiglia vive spesso in privato la condizione di sofferenza che vede intrappolati i loro figli nella disastrosa spirale della droga. Ci si accorge di questo quando accade qualcosa di particolarmente eclatante. Che ci sia una specie di quiescenza sociale? Fino a quando, ad esempio, si continueranno ad accettare i SUPERMARKET della droga, dove molto facilmente si trovano tristi divertimenti….? E’ crollata la cura per l’ALTRO e si tollera l’indebolimento umano? Inoltre, queste sostanze “non piovono dal cielo”!
    Una delle istituzioni sociali in cui agire è la Scuola che, oltre ad istruire, ha il compito di EDUCARE, favorendo e sostenendo la crescita emotiva, di cui gli insegnanti devono essere promotori, fin dalle prime fasce d’età.
    L’INVESTIMENTO nelle persone che hanno commesso reati, operato dal Dott. Aparo, si riflette e agisce anche sulle giovani generazioni attraverso i progetti di prevenzione del Gruppo della Trasgressione nelle scuole. L’interazione costruttiva tra chi era stato soggetto attivo nella diffusione della droga e gli studenti alimenta la sensibilizzazione al problema, aiuta a riflettere criticamente sulle fragilità umane e favorisce uno spirito di responsabilità collettiva.

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