Care ragazze e ragazzi della III liceo socio economico dell’istituto Barbara Melzi di Legnano,
la bellezza del racconto “Denaro Falso” di Tolstoj ci ha fatto discutere, sia in termini di propensione alla lettura di quelli che lo hanno letto, sia in termini di gusto personale: qualcuno di voi non si considera un lettore “forte” o assiduo e ha detto in modo sincero che ha fatto fatica a leggere tutto il racconto. Qualcun altro, più interessato alla lettura, ha trovato il racconto non tutto bello, non tutto godibile in modo uniforme: ad alcuni e ad alcune è piaciuta di più la prima parte, quella dell’ascensione verso le vette del crimine, pochi hanno trovato la seconda parte (quella che vira verso il bene) altrettanto bella e interessante.
Al di là dei gusti però o delle preferenze o dell’interesse per la lettura ci siamo trovati d’accordo sul fatto che questo racconto contiene un grande insegnamento, che merita di essere approfondito e ricordato: le cose che ci accadono ogni giorno e gli incontri più routinari possono essere all’origine di azioni che conducono in modo imprevisto e improvviso al dilagare del male e ad una serie di crimini sempre più gravi
La falsificazione della cedola è stata una ragazzata o si muove (come forse avrebbe incalzato il “nostro” pubblico ministero) già in pieno ambito criminale? La riflessione sul racconto mette in questione anche i criteri con cui leggiamo e giudichiamo le cose che accadono. La nostra risposta alla domanda sulla falsificazione della cedola dice qualcosa sul nostro reale grado di responsabilizzazione su ciò che diciamo e facciamo ogni giorno.
Pensiamo che la parte più importante dell’incontro del 16 aprile vissuto con il Gruppo della Trasgressione sia stata la conversazione sul personaggio del sarto, Čuev, che è iniziata ben prima della presentazione del vostro disegno.
Diversi di voi ragazzi hanno voluto segnalare il fatto che il sarto dà molto da pensare su un aspetto che ci ha sorpreso molto di sentire menzionato in modo spontaneo: voi ragazzi ci avete detto che il racconto fa riflettere sugli effetti e sul senso di ciò che avete chiamato “evangelizzazione”. Alcuni di voi hanno trovato convincente il fatto che l’evangelizzazione in certi contesti sia in grado di mobilitare risorse positive per migliorare la comunità e migliorarci come persone.
Il professor Aparo ha usato l’immagine del “giro di boa”. L’agire del sarto, così come l’agire di Marja, operano come occasioni per un giro di boa anche per il criminale più incallito. Il sarto e Marja si presentano nel racconto come attori o operatori di un richiamo a compiere un giro di boa che non inventano, ma che è nelle cose stesse
Il contributo offerto alla discussione dalla persone detenute è stato importante. Per alcuni il giro di boa è avvenuto con l’avvertire la loro vita criminale come un peso sempre più gravoso che portavano sulle spalle e con il bisogno di liberarsi del peso, in questo la fede è stata un innesco di liberazione e di ripensamento (Salvatore, ma non solo lui anche altri persone detenute che hanno preso la parola).
Altri hanno sottolineato che il giro di boa è avvenuto nel corso della loro vita in carcere quando il rimorso e la voce delle vittime si sono fatti via via più presenti nella loro vita e nella loro mente, come qualcosa a cui si doveva e si poteva rispondere cambiando la propria vita.
La presentazione del vostro disegno del sarto è stata molto interessante. Voi ragazzi avete dimostrato un livello di creatività e approfondimento notevole. Ci ha colpito l’idea di delineare il volto con un filo di gomitolo dando al viso del sarto il senso di un simbolo dell’intero percorso nel labirinto degli incontri della vita. Ci ha colpito che voi abbiate visto nell’idea del filo la compresenza insieme sia del male (inteso come labirinto e come Minotauro) e della via di scampo dal male (il filo di Arianna che segna la strada del ritorno di Teseo dopo la vittoria sul male).
Il disegno del sarto che avete realizzato è in effetti un compendio di ambiguità e di ambivalenza e di contiguità tra la via del male e la via contraria del bene: il busto del sarto presenta degli oggetti e dei colori che possono essere pensati sia nel male (l’oro come danaro, il rosso come sangue) che nel bene (l’oro come colore della luce e del bene, le campane come richiamo, il rosso come colore dell’amore); le gambe e l’addome del sarto, presentati nella forma di un ragno, alludono sia alla tessitura del crimine, sia alla “buona tessitura”, che è operata con decisione dal sarto grazie alla lettura comunitaria del vangelo. La figura del sarto è decisamente per il bene, senza ombre o ambiguità: proprio per la forza del suo operare, il sarto trasmette il bene anche attraverso simboli ambigui.
Nell’incontro abbiamo toccato molti altri argomenti, tutti interessanti e tutti molto ben posti… riportiamo di seguito alcune domande discusse insieme:
- C’è sempre l’opzione del bene insieme all’opzione del male?
- Riflettere è utile?
- E’ più gravosa la pena o il rimorso del male che si è commesso?
- Si diventa criminali per necessità? Risposta generale, no, c’è sempre un altro modo di affrontare i problemi, solo che i criminali non lo vedono o si sottraggono ad esso…
- Ma dunque perché si smette di essere criminali e si pensa di “migliorarsi”? Il criminale avverte o non avverte come una “campana”, come un “richiamo” a costruire? È questo richiamo a costruire che “ferma” i criminali e gli fa cambiare modo di vivere?
Non vediamo l’ora di ricontrare voi (e tutte le altre classi partecipanti al nostro progetto di ricerca) il 28 maggio all’Università degli studi di Milano per l’incontro di restituzione pubblica!
Davide (con Chiara, Francesco e Tania)