Sisifo e l’autorità

Quando ci hanno parlato del mito di Sisifo, all’inizio pensavo fosse una delle solite storie antiche. Una di quelle che si leggono e poi si dimenticano. Non capivo che senso potesse avere per noi oggi. Anche perché io non sono nato in Italia e molte cose della cultura, della lingua italiana ancora le sto imparando. All’inizio, quindi, non ero molto coinvolto.

Il vero significato del mito di Sisifo

Poi, grazie al laboratorio con il dott. Aparo e il “Gruppo della Trasgressione”, ho iniziato a vedere questa storia in un altro modo. Non era più solo un racconto mitologico, ma un esempio di quello che può succedere a tanti ragazzi oggi. Sisifo, infatti, è un re che vuole aiutare la sua città, ma nel farlo si sente superiore agli dèi, rompe le regole e viene punito. La sua condanna è quella di spingere un masso su e giù una montagna per sempre, senza mai arrivare in cima.

Durante il laboratorio abbiamo riflettuto sul significato di questa storia. Il dott. Aparo ci ha fatto capire che Sisifo rappresenta anche quei giovani che, dopo aver perso fiducia negli adulti, iniziano a comportarsi come se potessero fare tutto da soli. Pensano di avere sempre ragione, diventano arroganti e non ascoltano nessuno. Ma proprio come Sisifo, prima o poi si trovano a fare i conti con le conseguenze delle loro scelte.

Questo progetto mi ha colpito molto, anche perché mi ha fatto pensare a come a volte anche io, o altri ragazzi che conosco, possiamo sentirci incompresi o arrabbiati con il mondo degli adulti. Quando succede, è facile chiudersi, smettere di ascoltare, e credere che le regole non servono. Ma con il tempo ci si accorge che senza confronto e senza una guida, si rischia di finire in un percorso difficile da uscire.

Con questo laboratorio ho imparato che l’autorità, se è giusta e presente, non è un limite, ma un aiuto. Gli adulti, anche se a volte sembrano distanti, possono insegnarci molto. E ascoltare non vuol dire essere deboli, ma avere il coraggio di mettersi in discussione.

Questa esperienza non è stata solo una lezione scolastica, ma un momento importante di crescita personale. Mi ha fatto riflettere su me stesso, su come reagisco alle difficoltà, su come posso diventare una persona migliore. Ringrazio il dott. Aparo per il tempo che ci ha dedicato e per averci fatto vedere il mito di Sisifo con occhi diversi. Grazie a lui, ho capito che anche una vecchia storia può parlare del presente e aiutare a cambiare qualcosa dentro di noi.

Singh Gurneel

Il Mito di Sisifo al Pesenti di Bergamo

Il mito di Sisifo a SeilaTV

Il mito di Sisifo al Pesenti di Bergamo

Padre e figlia al telefono

Non posso credere di essere di nuovo qui. Ma ci sono. Guardo il telefono e aspetto che sia il mio turno per chiamare a casa. Intanto fisso la parete. La fisso così tanto che potrei farci un buco. Ma il buco devo avercelo io nel cervello per essere di nuovo qui. Ero stato così male la prima volta. Parlare al telefono con mia figlia era un misero surrogato per il desiderio che mi divorava di stare con lei. Ma parlarle era meglio che niente. 

Quando sentii la sua voce cominciai a piangere in modo irrefrenabile, ma cercavo di parlare lo stesso. Le dicevo “Ti voglio bene, tanto tanto” E poi arrivò la domanda “Se mi vuoi così tanto bene, perché non torni a casa? Mi manchi”.

Realizzai in un attimo che la prontezza mentale e la freddezza che mi avevano permesso di diventare uno spacciatore all’altezza, lì non mi sarebbero servite. Era altro che dovevo mettere in campo per non perdere l’amore di mia figlia. Lì di nuovo non seppi far altro che mentire, trovando ragioni per la mia assenza da casa, ragioni abbastanza solide da resistere alle indagini di una bimba di cinque anni. In qualche modo ci riuscii. E in qualche modo finì la telefonata, ma non finì il mio rovello interiore. Era giusto mentire? Mentivo per proteggerla o per proteggere me?

Poi sono uscito. In carcere avevo frequentato il Gruppo della Trasgressione, che mi aveva aiutato a riflettere. Avevo maturato la decisione che una volta uscito non mi sarei più messo in una  situazione a rischio. Ricordo ancora l’angoscia con cui chiedevo ai membri del Gruppo “Io voglio smettere, ma ci riuscirò? Io so fare solo questo. Come trovo altro?”

Mi ricordo anche che un detenuto del gruppo mi disse che avevo la stoffa del venditore. Di provarci.

Il telefono è sempre lì. La parete pure. Io anche. Sto aspetando il mio turno per telefonare. Sono divorato dall’ansia. Che cosa dirò a mia figlia? La volta scorsa le ho raccontato una storia. Lei l’ha ascoltata, silenziosa. Poi mi ha detto “Bella la storia. L’hai raccontata bene, ma, papà, io ho sette anni, non è più tempo di storie”.

Nuccia Pessina

Genitori e figli

Natàlja Ivànovna

Il sentimento di terrore che aveva provato Natàlja Ivànovna (così si chiamava la vedova di Pjotr Nikolàjevic) alla vista di quell’uccisione era stato così forte che, come sempre succede, aveva soffocato in lei qualunque altro sentimento. Quando poi tutta la folla fu scomparsa dietro alla siepe del giardino, e il rumore delle voci si fu chetato, e Malànja, la ragazza che li serviva, scalza, con gli occhi spiritati, venne di corsa con la notizia, come se fosse stata una cosa allegra, che avevano ucciso Pjotr Nikolàjevic e l’avevano buttato in un burrone, a quel primo sentimento di terrore se ne sostituì un altro: il sentimento di gioia d’esser liberata da un despota, dagli occhi nascosti sotto gli occhiali neri, che per diciannove anni l’aveva tenuta in schiavitù. Ella si sgomentò di questo sentimento che non osava confessare a sé stessa e tanto meno mostrare ad alcuno.

✏️ Lev Tòlstoj, Denaro falso (parte seconda cap. X), negli anni 1904-1905

🎨  IV B istituto tecnico informatico (E. Torricelli, Milano), 30 aprile 2025 – leggi la loro descrizione del personaggio

[9. “Quali caratteristiche dovrebbe avere una istituzione credibile?”]

I personaggi di Denaro Falso

Il sarto del villaggio

Una volta il sarto del villaggio, zoppo e paralitico, venne a lavorare da Màrja Semjònovna. Doveva rivoltare un giubbetto per il vecchio e ricoprire di panno una mezza pelliccia che Màrja Semjònovna metteva l’inverno per andare al mercato.

Questo sarto zoppo era un uomo intelligente e osservatore, per il suo mestiere aveva conosciuto molta gente e a cagione del suo difetto stava sempre seduto e perciò era portato alla meditazione. Essendo stato una settimana in casa di Màrja Semjònova, fu assai edificato della sua vita.

✏️ Lev Tòlstoj, Denaro falso (parte prima cap. XVI), negli anni 1904-1905

🎨  III liceo socio economico (B. Melzi, Legnano), 16 aprile 2025 – leggi la loro descrizione del personaggio

[8. “Ti è capitato di incontrare una persona che, come Màrja o il sarto, ha rappresentato per te un «giro di boa»?]

I personaggi di Denaro Falso

Màrja Semjònovna

Il giorno dopo andò di nuovo in città, e per la strada udì le parole scambiate fra Màrja Semjònovna e il maestro. Lo sguardo di lei lo spaventò, ma tuttavia decise d’introdursi in casa della donna e di prendere il denaro che ella aveva riscosso. Di notte ruppe la serratura ed entrò in casa. Prima a udire il rumore fu la figlia minore, maritata. Ella si mise a urlare, e Stjepàn subito l’uccise. Il cognato si svegliò e si azzuffò con lui. Afferrò Stjepàn alla gola e lottò a lungo, ma Stjepàn era il più forte. E, avendola finita col cognato, Stjepàn sconvolto, eccitato dalla lotta, passò dietro al tramezzo. Dietro al tramezzo era sdraiata nel letto Màrja Semjònovna e, sollevandosi su, guardò Stjepàn coi suoi dolci occhi spaventati e si segnò. Il suo sguardo di nuovo atterrì Stjepàn. Egli abbassò lo sguardo.

— Dov’è il denaro? — disse, senz’alzar gli occhi.

Ella taceva.

— Dov’è il denaro? — disse Stjepàn, mostrandole il coltello.

— Che fai? Si può fare una cosa simile? — disse lei.

— Certo che si può.

✏️ Lev Tòlstoj, Denaro falso (parte prima cap. XXIII), negli anni 1904-1905

🎨  IV G liceo scientifico (Einstein, Milano), 3 aprile 2025 – leggi la loro descrizione del personaggio

[7. “In che senso e perché è così importante «essere riconosciuti»?” – to be continued]

I personaggi di Denaro Falso

Stjepàn Pelaghèjuskin

Condussero Ivàn Mirònov e si misero a interrogarlo. Stjepàn Pelaghèjuskin, un contadino alto, un po’ curvo, dalle lunghe mani, con un naso aquilino e un’espressione cupa nel viso, cominciò per primo a interrogarlo. Stjepàn era un contadino senza famiglia, che aveva fatto il suo servizio militare. Appena s’era separato dal padre e cominciava a stabilirsi per conto suo, gli avevano rubato il cavallo. Dopo aver lavorato due anni nelle miniere, Stjepàn era riuscito a comprarsi altri due cavalli. Glieli avevano portati via tutti e due.

— Di’, dove sono i miei cavalli? — disse Stjepàn, impallidendo dalla rabbia, e fissando lo sguardo cupo ora in terra, ora nel viso d’Ivàn Mirònov.

Ivàn Mirònov negò. Allora Stjepàn lo colpì in viso e gli schiacciò il naso, da cui si mise a colare il sangue.

— Parla o t’ammazzo!

✏️ Lev Tòlstoj, Denaro falso (parte prima cap. XIV), negli anni 1904-1905

🎨  V istituto professionale per la sanità e l’assistenza sociale (B. Melzi, Legnano), 26 marzo 2025 – leggi la loro descrizione del personaggio

[6. “Nella tua classe ci sono stati episodi o occasioni tali da favorire «uno stile deviante»?” – to be continued]

 

I personaggi di Denaro Falso

Ivàn Mirònov

Difatti, Jevghènij Michàjlovic aveva dato la cedola in pagamento delle legna al contadino Ivàn Mirònov.

Ivàn Mirònov faceva commercio delle legna a questo modo: ne comprava una sàzegn ai depositi, la portava a vendere per la città, facendone cinque parti, e ogni parte la vendeva per il prezzo che a lui costava un quarto di sàzegn preso al deposito. In quel giorno disgraziato per Ivàn Mirònov, la mattina di buon’ora egli aveva trasportato in città un ottavo di sàzegn e, vendutolo prestissimo, era andato a caricare un altro ottavo che sperava pure di vendere, ma andò in giro cercando un compratore e nessuno lo comprò.

Capitò sempre a trattare con gente esperta, la quale conosceva le solite gherminelle dei contadini che vendono legna e non credeva ch’egli avesse portato le legna dalla campagna, come affermava. Gli era venuta fame e aveva preso freddo nella sua mezza pelliccia logora e nel suo gabbano lacero: il freddo verso sera era arrivato a venti gradi sotto zero; il cavalluccio, del quale egli non aveva pietà perché aveva divisato di venderlo allo scorticatore, si fermò addirittura. Sicché Ivàn Mirònov era pronto a vendere le sue legna con perdita, quando incontrò Jevghènij Michàjlovic che era andato a comperar del tabacco in una bottega e tornava a casa

✏️ Lev Tòlstoj, Denaro falso (parte prima cap. VI), negli anni 1904-1905

🎨  III liceo delle scienze umane (B. Melzi, Legnano), 19 marzo 2025 – leggi la loro descrizione del personaggio

[5. “I crimini vengono commessi per un tornaconto o per vendetta?” – to be continued]

I personaggi di Denaro Falso

 

Jevghènij Michàjlovic

Un’ora dopo che i due studenti erano andati via, il padrone del negozio Jevghènij Michàjlovic venne e si mise a fare il conto di cassa.

— Ah, stupida creatura! Ecco una stupida per davvero! — gridò alla moglie vedendo la cedola e accorgendosi subito della falsificazione. — E perché prendere delle cedole?

— Ma tu stesso, Zènja, ne hai prese davanti a me e proprio di dodici rubli, — disse la moglie confusa, addolorata e pronta a piangere. — Io stessa non so come abbiano potuto ingannarmi quegli studenti. Un bel giovanotto, che aveva l’aspetto così per bene!…

— Una stupida per bene sei tu!… — seguitò a brontolare il marito, facendo i conti di cassa. — Quando io prendo una cedola, guardo quel che c’è scritto su. Ma tu, son certo, guardavi soltanto il muso degli studenti, all’età tua!

La moglie non sopportò queste parole e s’adirò anche lei.

✏️ Lev Tòlstoj, Denaro falso (parte prima cap. IV), negli anni 1904-1905

🎨  IV A liceo delle scienze applicate (E. Torricelli, Milano), 12 marzo 2025 – leggi la loro descrizione del personaggio

[4. “E’ l’individuo che sceglie? Oppure nelle sue scelte incide l’ambiente che lo circonda?” – to be continued]

I personaggi di Denaro Falso

 

La Trsg.Band e il Gruppo della Trasgressione a Rho

Introduzione a Una storia sbagliata

La locandina del Concerto al Teatro Roberto Da Silva di Rho

È una storia sbagliata quella di chi spaccia, rapina. Lo è quella di chi prima uccide e poi si suicida, come è avvenuto nei giorni scorsi. La prima, comprensibile, reazione di molti cittadini è che non c’è ragione per dare spazio a persone che causano tanto dolore e danni così gravi alla collettività.

Per me, che lavoro da 45 anni in carcere e studio queste cose, è necessario che, allo smarrimento che io stesso provo di fronte a tanta follia, segua l’impegno per entrare nelle dinamiche psichiche e sociali che portano al disconoscimento del nostro simile e all’abuso sull’altro.

Lo faccio da ormai 27 anni con un’equipe che si chiama Gruppo della Trasgressione: una squadra nella quale i detenuti, nel tempo, diventano essi stessi co-protagonisti dell’indagine sui meccanismi che portano alla indifferenza verso il dolore dell’altro e, addirittura, ad un rancore e ad una voglia di vendetta generalizzata, che investe chiunque capiti davanti.

Negli eventi aperti al pubblico, come il concerto di stasera, offriamo qualche spicchio del nostro lavoro e dei nostri risultati.

Il gruppo della trasgressione è aperto e chi vuole può intervenire (di presenza o collegandosi on line via Zoom) agli incontri che abbiamo tutti i martedì nella nostra sede (Via Sant’Abbondio 53 A, Milano) o contribuire con domande e riflessioni personali ai tanti temi che trattiamo nei nostri incontri con studenti universitari e scolaresche su www.vocidalponte.it.

Chi ne ha piacere può partecipare, in uno dei tanti modi possibili, alla non facile impresa di mettere le mani dentro le contraddizioni e la complessità che contraddistinguono la nostra specie per esplorare e sperimentare nuovi equilibri.

Non è l’unico modo, ma esiste anche la possibilità di dare piccoli contributi economici ai nostri progetti. Di seguito il nostro IBAN e il nostro codice fiscale per chi volesse concederci il suo 5X1000.

Associazione Trasgressione.net
Via dei Crollalanza, 11 – 20143 Milano
Cod. Fiscale: 9763 0250 153
IBAN: IT 18D 05696 01600 0000 22932X73

Juri Aparo

  • Alessandro Radici, Paolo Tasca, Miky Montanaro, Beatrice Ajani, Juri Aparo, Issei Watabnabe, Andon Manushi, Eric Bersam, Andrea Bisceglie

Le foto dalla serata del 16 maggio 2025 al teatro Roberto Da Silva di Rho sono state realizzate da Federica Bentivegna e Paolo Colombo, entrambi fotografi ritrattisti e documentaristi emergenti, allievi del Fotografo Nicola Nesi, www.fotografiegentili.com – info@fotografiegentili.com – Instragram @fotografiegentili | @itsfederri0