Màchin era uno studente di ginnasio e aveva i baffi. Giocava a carte, conosceva delle donne e aveva sempre denari. Viveva con una zia. Mìtja sapeva che Màchin era un ragazzaccio, ma, quando era con lui, senza volere, soggiaceva al suo influsso. Màchin era in casa e si preparava ad andare al teatro. Nella sua sudicia cameretta c’era odore di sapone profumato e di acqua di Colonia.
— Questo, fratello mio, è l’ultima cosa, — disse Màchin, quando Mìtja gli ebbe raccontato il suo dispiacere e mostrato la cedola e le cinquanta copeche, dicendogli che gli occorrevano nove rubli.
— Si può impegnar l’orologio e si può fare anche di meglio, — disse Màchin strizzando un occhio.
— Come di meglio?
— È molto semplice.
Màchin prese la cedola.
✏️ Lev Tòlstoj, Denaro falso (parte prima cap. II), negli anni 1904-1905
🎨 IV A liceo scientifico sportivo (Leone XIII, Milano), 26 febbraio 2025 – leggi la loro descrizione del personaggio
[3. “Quanto sono importanti le relazioni e quanto incide l’atteggiamento, anche di sconosciuti, nel diffondersi del contagio?” – to be continued]