Dolori, Percorsi, Orizzonti

immagine di Andrea Spinelli per la diretta SkyTG24 Live In MIlano del 4/5/2025 (per gentile concessione)

Il 3 settembre 1982 Paolo Setti Carraro ha perso sua sorella Emanuela, uccisa dalla mafia a Palermo.

A partire da settembre 2013, una decina di Familiari di vittime della criminalità organizzata che si riconoscono nell’Associazione Libera iniziano a riunirsi presso il Centro per la giustizia riparativa del Comune di Milano. Intraprendono un lungo e faticoso percorso che li ha aiutati a riconoscere il proprio dolore, chiamandolo finalmente per nome. Dopo alcuni anni, Marisa Fiorani è la prima – nel marzo 2017 – a chiedere di “incontrare il dolore dell’altro”, in un nuovo viaggio che l’ha portata dentro il carcere di Opera, il 7 settembre 2016.

Qualche anno dopo Paolo decide, insieme a Marisa, di partecipare in maniera stabile agli incontri del Gruppo della Trasgressione che si tengono ogni mercoledì proprio in quel carcere. Nel giugno del 2013, Paolo ha scritto una lettera aperta – quasi un bilancio interiore dopo i primi  365 giorni così trascorsi – nella quale ogni parola è pesata e ogni forma misurata. Parole come  quelle che gli abbiamo sentito pronunciare mercoledì pomeriggio in diretta nazionale su skytg24, per riaffermare che “è il cambiamento osservato e praticato a soddisfare l’umano bisogno di dare un senso ed un valore al dolore comune”:

Incontri con le vittime

L’arroganza

Durante quest’anno scolastico, in cui mi sono trovato in un ambiente nuovo con compagni di classe che non conoscevo, ho vissuto numerose esperienze significative che mi hanno insegnato molto. Tra tutte, quella che mi ha colpito di più è stata senza dubbio il percorso svolto con il Dottor Aparo.

Abbiamo partecipato a circa dodici incontri, ma la loro intensità e profondità li hanno resi molto più di semplici lezioni: sono stati momenti di crescita personale, che mi hanno lasciato qualcosa di prezioso e utile per la vita.

Il Dottor Aparo ci ha introdotto nel complesso mondo della carcerazione e ci ha spiegato il suo lavoro a stretto contatto con i detenuti. Il suo obiettivo è aiutarli a reintegrarsi nella società, partendo da un processo di analisi psicologica dei loro sentimenti. Una missione tutt’altro che scontata, poiché purtroppo non tutte le carceri italiane offrono la possibilità di un dialogo umano e costruttivo con figure come la sua.

Questa esperienza mi ha profondamente colpito, anche perché il mondo della criminalità e della detenzione è sempre stato, fortunatamente, molto lontano dalla mia realtà. Prima di questo percorso avevo dei pregiudizi e una visione piuttosto rigida su queste persone, ma grazie alle parole e agli insegnamenti del Dottor Aparo ho cominciato a capire meglio le radici di certe scelte sbagliate e le difficoltà che molte persone affrontano.

Uno dei temi centrali del corso è stato l’arroganza, un concetto che conoscevo in modo superficiale, ma che ho scoperto avere conseguenze molto più profonde di quanto pensassi. Attraverso il mito di Sisifo, il Dottor Aparo ci ha fatto riflettere sul peso delle scelte, sull’orgoglio e sull’importanza del cambiamento. Abbiamo anche avuto l’occasione di mettere in scena la storia di Sisifo, interpretando i personaggi e coinvolgendoci attivamente: è stato un momento intenso ma anche molto divertente.

Uno dei momenti più forti ed emozionanti è stata la visita al carcere di Opera, in provincia di Milano. Lì abbiamo recitato davanti ai detenuti, ed è stata un’esperienza toccante, che porterò sempre con me.

Mi ritengo fortunato ad aver conosciuto una persona come il Dottor Aparo: ha una personalità incredibile, è capace di trasmettere concetti profondi in modo semplice e diretto, e soprattutto è una persona autentica.

Sono anche molto grato al professor Tallarico, che ci ha dato questa opportunità unica. Senza il suo impegno e la sua fiducia, probabilmente non avremmo mai potuto vivere qualcosa di così speciale.

Matteo Oprandi

Il Mito di Sisifo al Pesenti di Bergamo