Non ti spegnere!

Non ti spegnere, Isaia Schena

La tossicodipendenza ti porta a vivere una vita non tua, che non ti appartiene, è una malattia che lentamente ti scava dentro e s’impossessa di te, dei tuoi gesti. Un tossico non ammette, non riconosce mai di esserlo; ma combattere contro qualcosa che non riconosci è impossibile.

Si parla soprattutto della dipendenza fisica, ma per me è stato il risvolto psicologico il problema più grande, più infido, più difficile da affrontare. Troppe scuse ho trovato pur di non smettere, anche di fronte ad azioni sconsiderate, alla vergogna di certi comportamenti, alla dignità persa. Non era mai abbastanza per dire basta! Troppo forti e piacevoli sono la disinibizione che ti permette la droga, il senso di onnipotenza, il coraggio e la forza che ti illude di regalarti e che ti portano ad azioni che da lucido mai avresti pensato di fare.

Inebriato da queste sensazioni, a nulla servono l’ansia, l’angoscia e i sensi di colpa del giorno dopo… già, la droga, serate d’eccesso in cui nulla è vietato, tutto è permesso e il vuoto, lo sgomento del giorno dopo non riescono a competere con tutto questo.

Nel trascinarsi stanco di quella che oramai è abitudine ci si dimentica di tutti, nulla ha più importanza, si lasciano per strada tutti i colori e le sfumature della vita vera, si crea un vortice che ti trascina sempre più giù, nel vuoto assoluto, dove smarrisci la cognizione del tempo e così, senza che tu te ne accorga, i figli che tanto dici di amare sono diventati grandi e arrabbiati, la tua famiglia un corpo estraneo, e le bugie che hai e ti sei raccontato presentano all’improvviso il conto. Vorresti tanto che loro ci fossero, ma tu non ci sei mai stato… Adesso non ti senti più così forte e, come al solito, la via più semplice è fuggire di nuovo.

Non riconoscendo la propria malattia, il proprio autolesionismo o il pressante bisogno di affermazione in un gruppo, il tossico non accetta di avere un problema e non riconosce di aver bisogno di aiuto. Di conseguenza, non solo vengono a mancare i motivi per smettere, ma talvolta, addirittura, ci si affida alla speranza che nella dipendenza ci sia la soluzione. Purtroppo, quel che accade è solo un ulteriore affossamento.

Che si possa uscire dall’assuefazione con uno sforzo di volontà è utopia, persino le varie forme di disintossicazione non bastano a liberare la persona dalle catene generate nell’anima dall’abuso. Per farcela, sono necessarie la piena consapevolezza di quanto dolore si è causato e della dignità persa, la voglia di cambiare e la piena disponibilità ad accettare l’aiuto e i consigli di persone preparate e capaci, la forza dell’amore delle persone care che, nonostante tutto, ci sono ancora vicine.

Queste possono essere le leve utili per invertire la rotta di questa strada, iniziata per chissà motivo, ma così sbagliata e distruttiva che solo per una grande fortuna mi ha concesso di essere oggi ancora qui.

Già, io sono uno dei tanti che, iniziando per gioco, si è fottuto la vita pensando di essere forte, intelligente e di poter gestire la droga: belle donne, “amici”, sempre al centro dell’attenzione, ma dentro un gran senso di vuoto, sempre alla ricerca di qualcosa di astratto, con l’idea di essere l’uomo invincibile e al di sopra di ogni cosa.

In realtà, non so ancora oggi cosa fosse, o forse sì, forse il bisogno di non sentirsi uno dei tanti. La società in cui viviamo ci porta a credere che l’importante è apparire, ci convince che conta di più piacere agli altri che a noi stessi, che è facile lasciare da parte le nostre paure e vivere la vita fingendoci quello che non siamo; in questo modo nessuno può farci domande a cui non vogliamo rispondere.

Ma in ognuno di noi sono presenti emozioni profonde che, pur se abbandonate e nascoste agli altri, ogni giorno si riaffacciano e ci pongono dinanzi a chi siamo veramente.

In un futuro non troppo lontano vorrei riuscire a incontrare la mia coscienza e dirle: scuotimi, fammi male, fammi diventare piccolo, perché ogni volta che mi dai tregua io mi rilasso e perdo di vista il senso prezioso della vita! Ma so bene che, lì vicino, perfida, mi deride la droga, mi mostra qualcosa che luccica e mi spegne la voce.

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Un po’ dei fatti nostri

Un po’ dei fatti nostriNoemi Ottaviani

Ciao a tutti,
scrivo in relazione al bisogno di trovare una casa per Massimiliano. Purtroppo l’unica soluzione che abbiamo a disposizione è una stanza in un appartamento dell’Associazione Saman che costa 250 euro al mese. Con lo stipendio di Massimiliano (600 euro) non è possibile pagare l’intero affitto, per questo motivo, dopo esserci consultati e aver considerato tutte le diverse alternative siamo arrivati alla conclusione di aumentare lo stipendio di Massimiliano di 100 euro al mese.

La situazione economica della Cooperativa è stabile, nell’ultimo anno e mezzo, dopo aver tappato tutte le falle che si erano create, abbiamo una situazione di crescita. La crescita è lenta, molto lenta… sarà per le scarse competenze, sarà per la situazione economica dell’Italia, sarà per altri motivi ancora, in ogni caso la Cooperativa in questo momento sopravvive, lo fa anche per merito di Massimiliano, che nonostante le difficoltà, si è impegnato a imparare il mestiere, ha fatto sacrifici e ogni giorno si impegna.

Oggi possiamo pensare di dare 100 euro in più a Massimiliano, ieri non potevamo… ma comunque questo non significa che tutto vada bene, questo significa che piano piano costruiamo e cresciamo, ma dobbiamo continuare a farlo e dobbiamo farlo con ancora più determinazione di quella che già ci stiamo mettendo, diversamente rischiamo di retrocedere invece di avanzare.

Con questa mail non voglio appesantire gli animi o creare malumori, quello che vorrei trasmettere è che possiamo essere felici di quello che abbiamo, ma ancora di più dovremmo essere felici di immaginare come potremo essere se tra tre o sei mesi potessimo pagare anche altri stipendi.

Buona giornata,
Noemi

 


 

Lunga vita ai ribelli, Massimiliano De Andreis

Ciao,
non posso dire altro che grazie per tutto ciò che oggi rappresento per la cooperativa, per mio figlio e per la mia famiglia…

Sono consapevole del fatto che da solo non sarei riuscito a fare questo viaggio… spero, in questi anni e da quando sono diventato responsabile della bancarella, di avere rappresentato in modo degno gli obiettivi del nostro gruppo e della nostra cooperativa.

Mi rendo conto che l’impegno e i sacrifici a volte non bastano nel mondo del lavoro, ciò che mi continua a dare la forza di non mollare tutto, anche quando sono preso da momenti di frustrazione, è il legame che ho con voi e la gratitudine che provo.

Forse, anzi ne sono certo, se non avessi tutti i problemi che ho, sarai già tornato a delinquere…

Sembra un paradosso, ma occuparmi dei problemi di mio figlio e della mia famiglia è diventata la mia missione e, da quando sento sulla pelle che la ricerca dell’equilibrio è l’equilibrio stesso, ho cominciato a intuire come nella mia vita, così imperfetta e limitata, c’è tutto spazio per avere coscienza della mia finitezza e, allo stesso tempo, della sensazione di “infinito” che provo ogni giorno.

Lunga vita a noi ribelli del Gruppo della Trasgressione
Massimiliano

 


 

I fatti del Gruppo della Trasgressione, Angelo Aparo

Ho voluto pubblicare lo scambio fra due componenti centrali del Gruppo della Trasgressione e della nostra cooperativa Trasgressione.net per chiedere una mano a chi segue su Facebook, su www.trasgressione.net, su www.vocidalponte.it le nostre avventure.

Abbiamo bisogno di lavoro! In particolare, abbiamo bisogno di clienti che si riforniscano da noi per far sì che le spese che sosteniamo per tenere in piedi l’attività possano essere più facilmente ammortizzate.

Avremmo bisogno di un numero maggiore di ristoranti e bar che acquistino da noi frutta e verdura. Va da sé che i nostri prezzi e la qualità dei nostri prodotti sono ampiamente competitivi e che il nostro servizio è serio, puntuale, amichevole, limpido, igienicamente controllato.

Potrebbero comperare i nostri prodotti ortofrutticoli anche gruppi di consumatori che si riuniscono per avere prodotti di qualità a prezzi competitivi. In un condominio bastano 20 famiglie riunite per avere rifornimenti un paio di volte a settimana e risparmiare considerevolmente rispetto ai prezzi del supermercato o dei mercati rionali:
Adriano Sannino: 389 121 9992
cooperativa@trasgressione.net

Un’altra area della nostra attività è il restauro (vedi i lavori già fatti in collaborazione con il FAI (Monastero di Torba), con il comune di Rho (Villa Burba), con il comune di Brugherio (Monumento ai caduti). Responsabile dei lavori è l’architetto Vittorina Bertuolo; capomastro della squadra è il sig. Antonio Tango, responsabile dei contatti per il restauro è
la prof.ssa Nuccia Pessina: 333 213 7261
cooperativa@trasgressione.net

Più modestamente, facciamo anche lavori di manutenzione, tinteggiatura, piccoli traslochi, sgombero cantine, pulizie:
Adriano Sannino: 389 121 9992
cooperativa@trasgressione.net

Per quanto strano possa sembrare, facciamo anche concerti. La nostra Trsg.band da oltre 10 anni propone canzoni di Fabrizio De André intrecciate con interventi dei detenuti del Gruppo della Trasgressione:
Lara Giovanelli, 335 583 0505
associazione@trasgressione.net

Infine, oltre a fare prevenzione del bullismo nelle scuole medie inferiori e superiori dell’intera provincia di Milano, portiamo in teatro il nostro Mito di Sisifo:
Carlotta Boccaccio, 338 385 6139,
associazione@trasgressione.net

Angelo Aparo

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Gioie corte

Gioie corte, Fabio Ravasio

Destinato, non so se dalla sorte,
Ad esser di me stesso la rovina
La mia vita l’ho giocata con la morte

La libertà l’ho persa una mattina
Ascolto il cuore che mi batte forte
E cedo il passo al tempo che cammina

Orizzonti vaghi e vie contorte
Illusioni antiche e mai risolte
Ho vissuto solo gioie corte

E ora, essendo carcerato,
il mondo distratto mi confina
in una solitudine assassina

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Fontana Tango

Fontana Tango, Paolo Donati

Cento mani tra le mie,
cancellano l’incuria e la sporcizia
con il mio lavoro duro
torna la bellezza.

Cento domande e sorrisi,
dici bene bambina
non sono una rana
questo è il mio lavoro,
Rinasci Fontana!

Gratta gratta gratta
spazzola la pietra.
Gratta gratta gratta
scava in fondo al cuore.

Tra la luce e l’ombra il giorno
piano, piano, esce dalla tana
ed ecco che rinasco dentro,
e grazie a una fontana.

Sfrego tutto il giorno pietre
corro dietro ai miei pensieri
quasi non ricordo
chi ero fino a ieri.

Gratta gratta gratta
spazzola la pietra.
Gratta gratta gratta
scava in fondo al cuore.

Gratta gratta gratta
spazzola la pietra.
Gratta gratta gratta
scava in fondo al cuore.

Da piccolo, amavo costruire
con le mani, con il cuore
e con il fango
poi si sa come è andata a finire,
dove non si tocca mai il fondo.

E mi sembra finalmente di sentire,
sono pronto per un nuovo Tango
insieme sento di capire
ch’è possibile
passare per il mondo
anche senza farlo soffrire.

Cambiano i colori intorno,
le cose hanno un sapore diverso
sarà che per un po’ di tempo,
me l’ero proprio perse.

Il vento manda via le nuvole,
spazza e
pulisce il cielo
l’aria ora è libera
come il mio pensiero.

Gratta gratta gratta
spazzola la pietra.
Gratta gratta gratta
scava in fondo al cuore.

Gratta gratta gratta
spazzola la pietra.
Gratta gratta gratta
scava in fondo al cuore.

Da piccolo, amavo costruire
con le mani, con il cuore
e con il fango
poi si sa come è andata a finire,
dove non si gratta mai il fondo.

E mi sembra finalmente di sentire,
sono pronto per un nuovo Tango
insieme sento di capire
ch’è possibile passare per il mondo
anche senza farlo soffrire.

In fondo a questa strada
il mio ultimo filo di lana
ringrazio chi ci ha creduto
e grazie anche a questa fontana.

In fondo a questa strada
trovo il filo di una nuova storia
Con te con me con tutti
festeggio una Vittoria


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Il blog di Paolo Donati

 

 

 

 

E poi ho visto te

E poi ho visto te, Francesco Capizzi 

Calzoni corti, magliette bucate
calzoni larghi, maglioni pungenti
braccio di ferro fra cose rubate
fra voglie e promesse tenute fra i denti

E poi ho visto te…
Ero il giullare dell’arte padrona
D’ogni granello di sabbia perduta
Notti di sballo e di vita cialtrona
Fra un sorso e l’altro di elisir di cicuta.

E poi ho visto te, e la ferita è diventata
l’insegna per curare la paura

E poi ho visto te, non più fango sono argilla,
plasma che scintilla da quando sto con te

E poi ho visto te, e la ferita la più rossa,
una croce che libera la scossa

E poi ho visto te, e alla mano che ho ignorato
adesso io chiedo di stare qui con me

Sono cresciuto, nel vuoto assoluto
rincorrendo parole che volavano via
Finché ho raggiunto il timone divino
Con l’obiettivo di governare il mio destino

E poi ho visto te…
E ora è notte, piove e un uomo è caduto
Con la sirena che fischia ricordo
Di quella volta quando ero fuggito
E adesso corro perché non sfugga la vita

E poi ho visto te, e la ferita è diventata
l’insegna per curare la paura
E poi ho visto te, ero fango e sono argilla,
plasma che scintilla da quando sto con te

Un’altra via non c’è, ora cerco nella notte
persone perdute e ferite come me

E poi ho visto te, e alla mano che ho negato,
adesso io chiedo, rimani qui con me

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San Vittore

San Vittore, Paolo Donati

Com’è sottile la linea che separa
l’ombra più profonda dalla piena luce
e capita di non saper vedere
in che direzione vai.

Così succede di non saper sentire
la rabbia che ti spinge e non ti fa capire
di quanto ti allontani un po’ per volta
e chissà se tornerai.

Tra luci e ombre si trova a navigare
chi si allontana tenendosi per mano
a quella rabbia cieca e sorda alla paura,
che gli urla dentro e a quella che procura….

San Vittore è in mezzo a quattro vie
nemmeno tanto grandi, ma per attraversarle
devi avere il cuore fermo e un permesso
stretto nella mano.

A San Vittore ci vai anche per gioco
con regole già scritte però ti fermi poco…
per chi ha giocato duro resta dentro
anche il suo futuro.

Solo discese incontra nel cammino
chi si allontana tenendosi per mano
ad un coraggio finto e fatto di paura,
quella sua dentro e quella che procura.

San Vittore è un santo di Milano
Che porta scarpe cucite a mano
con all’interno la parte dura
che rende sordi e che fa paura.

San Vittore è in mezzo a tanta gente
lì per incontrare chi vede raramente,
chi piange di nascosto, chi in silenzio,
chi fa finta e chi per niente.

A San Vittore ci vai a sentirti meglio
a misurar destini e pesare la fortuna,
ad incontrare di nascosto le voci
che ti parlano dentro.

San Vittore è un santo di Milano
Che porta scarpe cucite a mano
con all’interno la parte dura
che rende sordi e che fa paura.

Sul calendario lo cercheresti invano
lui gira sempre con il cuore in mano
perché vivendo oltre lontane mura
ogni giorno deve prendersene cura.

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Il blog di Paolo Donati

Mare Nostro

Mare nostro, Paolo Donati

Mare nostro mare,
così indifferente
mare, nostro mare
che non porti a niente
mare che inghiotti la gente
mare, dimmi come ci si sente

Tra le onde danza
e canta la fortuna
chi scappa dall’inferno,
le mani sulla luna
nei suoi occhi, mare,
hai il colore della speranza

Mare nostro mare,
mare nostro mare
mare nostro mare, mare

In viaggio!
Con la distanza misurata
dai corpi abbandonati per la strada

In viaggio!
Con i minuti scanditi
dalle botte sulla pelle illividita

In viaggio!
Con tanta sete, poca acqua
e ancora soldi per chi
non è mai sazio

Mare nostro mare, mare
Mare nostro mare, mare

Se leggerai
queste parole
allora sono salve
e io con loro,
troverò una casa,
cercherò un lavoro

Parti appena puoi
e non scordare la paura
il diavolo alle spalle ora
ora vende terre promesse

 

Mare nostro mare,
mare nostro mare
mare nostro mare,

In viaggio!
Con la distanza misurata
dai corpi abbandonati per la strada

In viaggio!
Con i minuti scanditi
dalle botte sulla pelle illividita

In viaggio!
Con tanta sete, tanto sale
e intanto il tempo
muore tra le dita

Mare nostro mare, mare
Mare nostro mare, mare


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Il blog di Paolo Donati

Prigioniero dell’ebbrezza

Prigioniero dell’ebbrezza, Massimo Moscatiello

Ho iniziato a usare sostanze alteranti molto presto. Era un periodo di vuoto e lo colmavo rifugiandomi in miscugli alcolici. Così cominciai a provare l’ebbrezza di superare i limiti imposti dall’autorità, quella che avrebbe dovuto governarmi.

Pian piano iniziai a imprigionarmi in una sensazione di libertà guidata dall’eccitazione. Preso dalla foga del potere e dal bisogno di placare l’astinenza, iniziai a commettere reati. Stordendomi con sensazioni sempre più forti, entrai nel pieno della schiavitù della dipendenza.

Credo di aver cominciato per un senso di appartenenza e per un senso di mancanza che, con l’uso delle droghe e con la sensazione di tenere in mano le vite di chi veniva a comperare da me, riuscivo a zittire. Il bisogno di chi veniva a chiedermi mi esaltava.

Al gruppo ci siamo posti la domanda su quali conflitti si provano durante la tossicodipendenza. Pensandoci, c’è stato solo un periodo in cui mi ero imposto di smettere ma è durato solo 22 giorni perché quella voglia di potere mi rendeva fragile. Per continuare come prima, ho detto a me stesso che non spacciavo solo per me, ma anche per far vivere ai miei familiari una vita più agiata.

Io non concepisco la tossicodipendenza come una malattia; la vivo piuttosto come una prigione mentale e, se non arrivi a colmare il vuoto che hai dentro, quella prigione ti tiene sempre più stretto e fa sì che tu faccia altrettanto con chi viene da te.

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L’eroina, la spada e la stoccata

L’eroina, la spada e la stoccata, Diego Carponi

Mi affaccio per la prima volta a tutti voi per dirvi che mi ha colpito quanto ha detto Veronica in uno degli ultimi incontri e quello che in questo gruppo viene alla luce.

E allora, eccomi. Sono nato in una famiglia dove l’onore e il rispetto venivano inneggiati, ma dove tutto era coperto e non c’era spazio per un sorriso. All’età di nove anni la vita mi ha messo davanti la più grande difficoltà. Mia madre scappa di casa, lasciando nelle mani di mio padre quattro figli, di cui io e mia sorella gemella un po’ più piccoli. Ero lì davanti al televisore a guardare un cartone animato quando lei mi accarezza il viso per l’ultima volta e furtivamente corre verso l’uscita.

E così siamo cresciuti senza una madre. Mio padre, per disperazione, sfoga la sua rabbia contro di noi e per cancellare il vuoto di mia madre comincia a bere uccidendosi giorno dopo giorno. Passano gli anni sotto una dittatura che non finiva mai.

Per quanto riguarda la tossicodipendenza, non do alcuna colpa ai miei genitori, la droga era lontanissima da quello che i miei genitori avevano tentato di insegnarmi. A 14 anni lascio il primo anno di perito industriale e conosco la mia amante, l’eroina. Da lì il carcere minorile da dove esco a 18 anni. Raggiunti i 20 anni, altro carcere e poi altro ancora.

Il poco che ho vissuto fuori da queste sbarre, in realtà era un’altra galera; quello che io credevo di possedere in realtà mi possedeva. In ogni istante della mia vita sono in conflitto con me stesso, non solo per l’eroina, ma per tutto quanto c’è di vivo davanti ai miei occhi.

Vi ringrazio per l’attenzione, sento che qui abbiamo l’opportunità di ascoltarci e di darci una mano l’un l’altro.
La spada non punge solo per far male,
con la giusta stoccata ci si può rinnovare.

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Il mito di Sisifo e il Gruppo Trsg

Il Gruppo della Trasgressione, nato nel 1997 a San Vittore, è presente oggi anche nelle carceri milanesi di Opera e Bollate e, all’esterno del carcere, nei locali dell’ASL Milano, Corso Italia 52. Ne fanno parte detenuti e comuni cittadini, soprattutto studenti universitari e neolaureati provenienti da Psicologia, Legge, Filosofia, Scienze dell’educazione.

Membri esterni e detenuti s’incontrano settimanalmente dentro e fuori dal carcere, studiano e si confrontano su temi che riguardano esperienze di sconfinamento, come la trasgressione, la sfida, l’abuso. Gli scritti del gruppo sono su www.trasgressione.net e su Voci dal ponte.

Da quando abbiamo cominciato a giocare col mito di Sisifo, continuiamo a scoprirne le inesauribili potenzialità. Provenendo da istituti diversi, a volte i detenuti che vanno sul palco si conoscono poco, ma tutti sanno quanto il mito li riguardi da vicino. Per questo detenuti e studenti del gruppo, dando voce ai diversi personaggi, provano a individuare le parentele fra i sentimenti di sempre e i nostri conflitti di oggi.

Sisifo è il re di Corinto, che attraversa un periodo di gravissima siccità. Gli abitanti pregano gli dei e fanno sacrifici a Giove e ad Asopo, dio delle acque, affinché concedano a Corinto una sorgente per coltivare i campi. Ma gli dei si dedicano ai loro festini mentre il popolo di Corinto muore di sete. Sisifo, senza andare troppo per il sottile, riesce a procurare l’acqua al suo popolo, ma incorre nelle ire del re dell’Olimpo, che si vendicherà con la famosa pena del masso.

Conclusa la rappresentazione, viene il momento del teatro Forum, con altri attori (anche provenienti dal pubblico) a reinterpretare alcuni passaggi del mito. In questa fase, ci si interroga col pubblico sul problema della siccità a Corinto, sul rapporto di Sisifo con Giove, degli adolescenti con il limite e con l’autorità, dell’uomo con i suoi bisogni terreni e le sue ambizioni di eternità. Nel mito, infatti, ci sono tutti i personaggi e i passaggi necessari a che vengano facilmente fuori i conflitti fra genitori e figli, fra allievi e insegnanti, fra cittadini e figure istituzionali.

 

Negli anni la rappresentazione ha confermato ripetutamente le proprie potenzialità, tanto che la portiamo nelle scuole anche per gli incontri sulla prevenzione del bullismo. Nostro obiettivo è promuovere fra genitori e figli, insegnanti e allievi, autorità e liberi cittadini una riflessione su:

  • gli strumenti che ci mancano per responsabilità di chi non si occupa di noi e della nostra evoluzione;
  • quelli che, pur essendo alla nostra portata, non riusciamo a vedere perché ne abbiamo perse le tracce;
  • quelli che preferiamo non vedere per trovare giustificazione alla nostra resistenza a evolverci.

 

Lettera di Sisifo al pubblico

L’invincibilità! Nella mia vita, ho sempre avuto bisogno di questa difesa. Ho sempre cercato situazioni pericolose per sentirmi vivo e per distinguermi dagli altri. Mi sono tenuto al di fuori delle regole, facendo in modo che il più forte, in ogni caso, fossi io! In questo modo ho nascosto le mie debolezze e ho pensato di potere staccare a morsi tutto quello che volevo, senza dover passare mai dalla cassa.

Oggi penso che non sia stato utile nascondere a me stesso i miei limiti e autoconvincermi di poter fare ogni cosa io volessi. Non voglio rinnegare quello che è stato, ma molte volte avrei potuto fare meglio. Questo rende oggi meno desiderabile l’invincibilità che avevo fantasticato. Nessuno al mondo, per quanto forte e potente, può essere invincibile; siamo troppo piccoli davanti a tanti mali come malattie e catastrofi o anche solo davanti al semplice e imprevedibile caso.

Per questo, oggi penso che l’invincibilità sia solo una condizione mentale per negare le paure che stanno dentro di noi, una corazza a protezione dei nostri lati più fragili.


 

Negli ultimi 8 anni abbiamo portato Sisifo e le riflessioni che ne seguono in decine di scuole e di teatri di Milano e provincia e nelle tre carceri di Milano.

La pagina con gli scritti su Sisifo            Il video di Mimmo Spina da RAI News

Per avere il Mito di Sisifo e il Gruppo della Trasgressione al mattino nelle scuole o la sera nei teatri per un pubblico adulto, rivolgersi a

 

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