Il teorema di Pitagora

Brera in Opera diventa docufilm
Studenti e detenuti a confronto

“Il Teorema di Pitagora – Esercizi su carcere e cittadinanza“
il progetto che ha già coinvolto 750 liceali. Insieme ai reclusi firmano anche una trilogia su errori, redenzione e perdono, tra poesie e arte.

di Simona Ballatore,
Da Il Giorno 10/05/2023

Storie di errori e violenza. Storie di redenzione e perdono. Studenti e detenuti si raccontano e guardano negli occhi al liceo artistico di Brera. Il progetto “Brera in Opera” è nato nel 2016: ogni anno coinvolge cinque classi, più di cento studenti, dai 15 ai 19 anni, insieme ai docenti e ai ragazzi dell’istituto Benini, che ha una sezione carceraria, all’istituto penitenziario di Opera e al Gruppo della Trasgressione, con al timone lo psicologo Juri Angelo Aparo.

Un progetto che si trasforma ora in un docufilm “Il Teorema di Pitagora – Esercizi su carcere e cittadinanza” e in tre libri, che verranno pubblicati entro la fine dell’anno. Il video è realizzato con immagini girate in gran parte dagli studenti e montate da Sheila Baldoni, ex alunna, con la supervisione dei prof Marco Capovilla e Giovanna Stanganello e il coordinamento del regista Sandro Baldoni. “Qui c’è chi si è sentito libero non quando era ’fuori’ e poteva fare tutto, ma quando ha trovato nel confronto con voi il senso della sua esistenza”: ha detto ai ragazzi il direttore del carcere di Opera, Silvio Di Gregorio, durante la presentazione. “Sia gli studenti che i detenuti hanno raccontato le loro esperienze, anche a livello grafico, hanno scritto brani e poesie – spiega la preside del liceo Brera, Emilia Ametrano –. Hanno raccolto le esperienze di chi, dopo un percorso psicoterapeutico, è riuscito a superare il lutto e il torto subìto. E di chi dopo trent’anni di carcere ha cambiato vita, sta creando una famiglia, ma non dimentica”.

Il progetto di scambio non si è fermato neppure in epoca Covid. “È stato organizzato anche un Cineforum online – ricorda Ametrano – detenuti e studenti si connettevano e partecipavano a un momento di critica sui film”. Da Rocco e i suoi fratelli a Ladri di biciclette. Per gli studenti sono state ore preziose: “Hanno affrontato un percorso sulla banalità del male, sul dare sempre la colpa agli altri, sull’idea di farsi giustizia e sul bullismo – continua la preside -, hanno riflettuto sul salto di qualità dell’adolescente attraverso la consapevolezza delle proprie azioni e le assunzioni di responsabilità: è educazione alla cittadinanza”. Ieri l’aula era stracolma, non si vedeva un cellulare tra le mani. “Mi ha colpito il religioso silenzio”, confessa la preside, mentre Adriano, ex camorrista, racconta che è entrato in carcere a 25 anni, è uscito a 51, una manciata di giorni fa: “Ora sto costruendo una famiglia, sono un papà, non vedo l’ora di cambiare pannolini, di ricevere la carezza di mia mamma, anche a 50 anni. Non pensavo esistessero certe emozioni. Il carcere può cambiare anche se non dimentico di essere stato un assassino”.

Incontri e prevenzione nelle scuole

Andare a rapinare era normale

«Per me andare a rapinare era normale, l’ho fatto per 30 anni», la storia di un detenuto raccontata agli studenti

di Giovanna Maria Fagnani – Dal Corriere della Sera 10/05/2023

Per sette anni, gli studenti del liceo Brera e gli alunni-detenuti del carcere di Opera hanno lavorato insieme al progetto «Brera in Opera»: «Confrontarmi con ragazzi delle superiori mi ha fatto crescere, non mi sento più escluso»

Il 41 bis, il «carcere duro» voluto da Falcone contro i mafiosi: come è cambiato e quali sono le limitazioni

Il carcere di Opera

«Per me andare a rapinare era normale. Io dicevo “vado a lavorare”, l’ho fatto per 30 anni. Una volta ho stretto forte il collo a una ragazza. E mi dicevo: sono diventato così perché a 8 anni ho subito un atto di bullismo. Mi hanno buttato giù dalle scale e ho passato tre mesi ospedale. La verità è che a un certo punto io ho messo da parte chi mi doveva aiutare a crescere, e ho dato potere alla mia rabbia. E quello che mi fa più male non è il fatto che mi hanno sparato e accoltellato. Non sono i 27 anni di galera, ma il fatto che in quella vita fin da piccolo ho perso la voglia di crescere. E ho perso 10 dei compleanni di mio figlio. Oggi sto vivendo un periodo tanto bello che mi sembra di sognare e ho paura di svegliarmi. Confrontarmi con studenti delle superiori mi ha fatto crescere, oggi non mi sento più escluso, oggi mi sento parte di questo mondo».

Il crimine e la devianza, la sfida, le ferite, la trasgressione, l’adolescenza. Il doloroso cammino che porta alla coscienza di sé e la giustizia riparativa. Per sette anni, gli studenti del liceo Brera e gli alunni-detenuti del carcere di Opera hanno lavorato insieme su questi e altri temi, grazie al progetto «Brera in Opera». Ne sono nate poesie e contributi, condensati in tre libri, nonché opere artistiche e nel docufilm «Il Teorema di Pitagora- Esercizi su carcere e cittadinanza», diretto dal regista Sandro Baldoni, presentato martedì nella sede del liceo in via Papa San Gregorio XIV. I ragazzi di seconda hanno partecipato, in particolare, a un progetto di espressione poetica. I maturandi hanno lavorato coi detenuti nell’ambito del Gruppo «Trasgressione.it», presieduto dallo psicologo Juri Angelo Aparo.

Un programma durato sette anni e che ha coinvolto quasi 700 studenti. A raccontare le tante emozioni condivise, martedì mattina, sono stati studenti, insegnanti, operatori e alcuni ex detenuti, come Antonio, ex rapinatore e Adriano, ex camorrista, libero da 20 giorni. «Sono entrato in carcere a 25 anni e sono uscito a 51. Ma, come ho detto ai ragazzi non è il carcere che ti chiude, è la mente. Oggi sono libero mentalmente, ho una famiglia, vado a casa e cambio il pannolino della mia bimba e voglio farlo io. E mi godo il fatto che mia madre, mi fa una carezza, ancora oggi, a 51 anni. Non pensavo esistessero certe emozioni. Fra tanto marciume che c’era in me, il dottor Aparo ha cercato cose positive e le ha fatte uscire».

Tanti gli ospiti, tra cui il direttore del Carcere di Opera Silvio Di Gregorio e Paolo Setti Carraro e poi il regista Sandro Baldoni, lo psicologo Juri Angelo Aparo. Il carcere di Opera permette ai detenuti di frequentare l’istituto tecnico commerciale o l’istituto professionale. «Spesso il fenomeno malavitoso è conseguenza di quell’idea dell’onnipotenza in cui è facile credere se non si ha una conoscenza completa della realtà, che invece una formazione culturale può offrire – ha sottolineato Claudio A. D’Antoni, dirigente dell’Iis Benini di Melegnano, a cui fanno capo le sezioni scolastiche di Opera -. Questo percorso insieme ai detenuti per gli studenti del liceo può essere non dico un deterrente, ma almeno una presa di visione realistica, che deve motivare ulteriormente al rispetto delle regole». «C’è una tenenza a banalizzare, a minimizzare il male, anche i primi accenni di comportamenti che vanno verso la delinquenza – aggiunge la preside di Brera, Emilia Ametrano -. Un giorno un genitore di uno studente mi disse: “non è mio figlio che spaccia, sono gli altri che glielo chiedono”. Ci vuole uno scatto di responsabilità da parte di tutti. Questo progetto, che sicuramente continuerà, ha avuto efficacia nel far incontrare mondi diversi, come scuola e carcere».

Incontri e prevenzione nelle scuole

Gli studenti e i carcerati a Opera il dialogo oltre i muri

di Sara Bernacchia,
da Repubblica 10/05/2023

«Siamo un gruppo che invita a trasgredire per costruire spazi più ampi in cui sentirsi a casa. Facciamo in modo che gli studenti crescano, che i detenuti diventino cittadini e che le vittime elaborino il loro dolore». Angelo Aparo, psicologo che da anni opera nelle carceri milanesi descrive così il Gruppo della Trasgressione (composto da detenuti, universitari e parenti delle vittime), che idealmente si allarga a una quarta componente: gli allievi del liceo artistico di Brera. Lo “sconfinamento” avviene grazie al progetto Brera in Opera, che dal 2015 ha visto circa 750 ragazzi dell’istituto confrontarsi con i detenuti del Gruppo e con gli studenti della sezione carceraria dell’istituto Benini a Opera.

Un progetto nato dall’idea di Pierluigi Cassinari, ormai ex docente del Brera, e della moglie Antonella De Luca, all’epoca responsabile del corso carcerario. L’obiettivo? «Dare attuazione concreta agli articoli 34 e 27 della Costituzione, ovvero ai principi di scuola aperta a tutti e di rieducazione dei condannati, con la consapevolezza dell’importanza del mettersi nei panni degli altri».

I benefici sono evidenti, per tutti. «Sono entrata in contatto con un mondo completamente diverso dal mio, credo sia utile farlo presto – racconta Beatrice Ajani, 17 anni, allieva di quarta -. È stimolante vedere persone che lavorano su se stesse e che riescono a maturare consapevolezza degli errori commessi». E Antonio Tango, che ha trascorso in carcere 27 anni, lo sa benissimo. «Ero un rapinatore e facevo uso di droga perché mi mancava qualcosa, sentivo un malessere che non sapevo definire». Poi, con il lavoro fatto in carcere, ha capito: «Mi mancava uno scopo. L’ho trovato anche stando con loro, sentendomi utile e sviluppando senso di responsabilità».

Il progetto è raccontato in tre libri e in un corto, realizzato con il regista Sandro Baldoni: “Il teorema di Pitagora”. Il titolo deriva dalla sfida di Tango (vinta, oggi è libero): quando si è avvicinato al Gruppo Aparo gli chiedeva di fermarsi a ragionare sulle cose di cui non comprendeva l’importanza, come il teorema, perché il passo decisivo è sforzarsi per apprendere e rispettare le regole.

I1 senso del progetto lo sottolineano la preside Emilia Ametrano e il direttore del carcere di Opera, Silvio di Gregorio: «La convivenza pacifica si fonda sul rispetto delle regole. Voi ragazzi sarete la classe dirigente. Dalla vostra attenzione a questi temi dipenderà il benessere del Paese di domani».

Brera in Opera prevede due filoni: il laboratorio di poesia e quello con il Gruppo Trasgressione. «Gli studenti del liceo e i detenuti hanno lavorato in parallelo su temi come la ferita e la cura, la sfida e la rabbia per poi confrontarsi in due incontri, uno a scuola e uno in carcere», spiega Giovanna Stanganello, che ha coordinato il progetto fino a settembre e ricorda con emozione gli incontri in Dad durante il lockdown: «Era come se vivessero una doppia esclusione: non potevano uscire, i detenuti non avevano visite e i ragazzi hanno visto emergere problematiche importanti».

È proprio durante un incontro sul tema “la ferita e la cura” che Angelica Maffi, 18 anni, ha voluto parlare di sé. «Per la prima volta ho parlato del mio problema con l’autolesionismo, che combatto ancora – racconta la ragazza, che appare anche nel corto -. Mi sono sentita incoraggiata e capita. Tanti mi hanno scritto dicendo che le mie parole li hanno aiutati». La chiave è sempre il confronto. Lo ribadisce anche Paolo Setti Carraro, fratello di Emanuela, uccisa con il marito, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: «In carcere la libertà si conquista uscendo dagli schemi che ti hanno portato a delinquere. È questo il passaggio determinante e per compierlo la contaminazione tra chi è dentro e chi è fuori è fondamentale». Lo testimonia l’esperienza di Adriano Sannino, libero da due settimane dopo 30 anni di reclusione per omicidio. «Moralmente non potrò mai pagare per quello che ho fatto – esordisce -. Confrontandomi con voi, però, ho potuto configurare i miei disvalori. Oggi sono libero fisicamente, mentalmente lo sono da quando ho conosciuto Aparo».

Incontri e prevenzione nelle scuole

Venerdì 19 maggio, Trsg per tutti i gusti

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti

L’Interclub “Caravaggio in città” al carcere di Bollate

La punta di diamante del lavoro più che decennale del RC Milano Duomo
con il Gruppo della Trasgressione

Caravaggio in città

Anna Maria Girelli Consolaro

 

La rivoluzione non violenta del Gruppo della Trasgressione

RELAZIONE FINALE TIROCINIO POST LAUREAM IN PSICOLOGIA

L’essere umano è l’autore del reato ma non è il proprietario della decisione che lo ha portato a commetterlo, lo è lo stato d’animo che abitava la ‘camera pensante’ al momento dell’abuso. Chi uccide non decide di uccidere. Alla persona detenuta serve individuare cosa ha preso forma nella sua mente, ne ha bisogno per tornare a ‘vivere’ nella Società. A me importa conoscere cosa è successo all’uomo nel momento in cui ha commesso il reato, mi interessa capire da dove nasce il dolore del criminale” (Aparo, Opera, 2023).

Premessa
La scelta di svolgere il mio tirocinio post lauream di Psicologia presso le carceri milanesi di Milano-Opera, Milano-San Vittore e Milano-Bollate scaturisce dal bisogno di rintracciare e comprendere i fattori che contribuiscono a fare scivolare l’uomo verso la condotta deviante e verso la mediocrità in genere.

Presentazione dell’Associazione Trasgressione.net
Il Gruppo della Trasgressione nasce in carcere e più precisamente nella Casa Circondariale di San Vittore nel 1997 per iniziativa dello Psicoterapeuta Dottor Angelo Aparo. Inizialmente composto solo da detenuti (i “trasgressori”), nel tempo apre le porte agli studenti di Psicologia, Giurisprudenza, Filosofia, a Docenti di Letteratura, a Storici d’arte e ad altre personalità di spicco del mondo culturale, giudiziario, a liberi cittadini e a famigliari di vittime di reato (Approfondimenti: www.vocidalponte.it – www.trasgressione.net – cooperativa sociale trasgressione.net – associazione trasgressione.net – FB Gruppo della Trasgressione – Trasgressione.net – IG Gruppo.trasgressione).

Attività del Gruppo, metodo d’intervento, strumenti
Il Gruppo della Trasgressione è un laboratorio di ricerca in cui si discute, si svolge un’attività di terapia di gruppo e di autoanalisi. L’attività psicologica consiste nel far emergere le emozioni e la coscienza del detenuto per motivarlo a intraprendere il processo di cambiamento che lo porrà via via dinnanzi alle sue responsabilità e alle conseguenze delle sue azioni. I componenti del Gruppo della Trasgressione ragionano attorno ad un tavolo su una grande quantità di argomenti. Il nucleo tematico principale è costituito dai percorsi attraverso i quali si giunge alla condotta deviante. Si conduce un’indagine sui fattori soggettivi e ambientali che inducono la persona a commettere l’abuso. In particolare, si cerca di conoscere, attraverso le testimonianze dei detenuti, quali atmosfere emotive “autorizzano”, nel vissuto del soggetto, l’azione deviante. Durante gli incontri ho avuto modo di osservare le trasformazioni emotive del detenuto e allo stesso tempo i cambiamenti che si producevano su di me e sul mio modo di considerarlo: per me è stata l’occasione di vedere l’uomo aldilà del criminale. L’attività del Gruppo, nella quale sono riconoscibili benefici risvolti terapeutici, conduce il detenuto a prendere gradualmente contatto con i propri errori e con le proprie fragilità.

Il lavoro del Professore Aparo consiste nell’offrire un sostegno al percorso psicologico della persona detenuta, è un tentativo di valorizzare quello che le persone hanno dentro, le loro potenzialità, affinché i detenuti riconoscano e prendano fiducia nelle risorse personali che in passato avevano usato poco o avevano messo da parte, come le emozioni e la capacità di ascoltare se stessi. Si coinvolge la persona in iniziative che alimentano un processo d’introspezione e la riscoperta degli aspetti più profondi dell’essere e, tutti insieme, si procede alla ricerca della “coscienza”. Si studia la devianza con il detenuto e ci si ascolta l’un l’altro, pratica favorita anche dall’eterogeneità delle persone che partecipano in modo attivo al Gruppo. In questo modo si punta ad allargare i confini di un Ideale dell’io prima coartato e che, con il ruolo che i detenuti hanno al Gruppo, si arricchisce della fiducia nelle qualità personali, presupposto indispensabile per superare la precedente identità criminale, che si nutriva invece di emozioni parassitarie, quali l’arroganza e la rabbia.

L’Associazione Trasgressione.net organizza molteplici attività culturali: convegni, rappresentazioni teatrali, concerti. Inoltre, avvalendosi del braccio imprenditoriale del Gruppo, la Cooperativa Sociale Trasgressione.net, attua programmi di reinserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti. I progetti realizzati dal Gruppo stimolano il detenuto a misurarsi continuamente con le proprie risorse, a ricoprire un ruolo, a esercitare funzioni e responsabilità. Il confronto con studenti delle scuole e delle università e con cittadini comuni produce un continuo scambio di contenuti emotivi. “Quando persone diverse, con una storia diversa, si dedicano in comune a un progetto, inevitabilmente attingono ciascuna dalle proprie risorse, ritrovando quelle che avevano trascurato. La coscienza spenta, imbavagliata durante i crimini, torna a funzionare. Le persone che a poco a poco usano la propria volontà per costruire con l’altro diventano sempre più consapevoli dell’esistenza dell’altro. Finché il dolore dell’altro non trova riconoscimento, non può esserci coscienza(Aparo, Opera, 2022).

Durante il tirocinio ho partecipato a diversi progetti e convegni che hanno visto il coinvolgimento delle Istituzioni: Milano, Palazzo Marino al concerto in “Tributo a Fabrizio De André; Roma, convegno “Una mappa per la Pena davanti alla Ministra della Giustizia Marta Cartabia; Casa di Reclusione di Milano-Opera, a una lezione d’arte dei lavori di Caravaggio con lo Storico dell’arte Stefano Zuffi in “La vocazione di San Matteo; sempre al carcere di Milano-Opera, con alcuni Pubblici Ministeri e con il Docente di Lingua e Letteratura russa, Dottore Fausto Malcovati, nella classe di studio di Delitto e Castigo” di Dostoevskij; e, in ultimo, al progetto nascente del Reparto “La Chiamata” presso la Casa Circondariale di Milano-San Vittore, che vede impegnato il Gruppo della Trasgressione nella costruzione di percorsi di rieducazione per aiutare i detenuti del “reparto giovani” a disfarsi delle maschere da duri che li hanno portati in carcere.

Le riflessioni al tavolo, sollecitate dal Professore Aparo, spaziano su quali siano gli ingredienti dell’agire deviante, come reagiscono i figli dei detenuti, cosa ci si dice per sentirsi autorizzati a commettere l’abuso, ecc… L’intero Gruppo raccoglie l’invito a riflettere e rintraccia a poco a poco gli stati d’animo e le circostanze che hanno guidato la persona ad abusare.
Detenuti ed esterni, senza censura, si raccontano e si pongono sullo stesso piano. Tutti insieme si procede alla “ricerca dell’uomo”, si riflette sulla vulnerabilità umana, si cerca di conoscere la persona che si ha davanti, s’instaura un forte senso di fiducia reciproco, si stabiliscono alleanze, si parla in profondità del proprio vissuto. La fragilità che affiora durante il Gruppo di Analisi non si può ritenere esattamente una risorsa; tuttavia,…“… è una risorsa coltivare il rapporto con la propria fragilità fino a trasformarla in uno strumento che favorisce la relazione con l’altro. Negli anni dell’abuso, dell’arroganza e dell’eccitazione forzata attraverso l’uso di droghe e di pistole, la fragilità era emarginata dalla persona e non era uno strumento bensì una complicazione da tenere accuratamente lontano da sé(Aparo, Opera, 2023).

Il processo di autorizzazione a commettere il reato non si manifesta in forma giustificatoria dopo il crimine, ma precede la realizzazione dell’azione deviante, ne accompagna il corso, la rilegge in modo favorevole “sganciandola” dalla responsabilità del gesto. Delinquenti non si nasce; l’assuefazione alla devianza è un vero e proprio addestramento col quale, reato dopo reato, il delinquente, per negare la propria fragilità, impara a silenziare la propria coscienza e a squalificare la norma sociale. Incontro dopo incontro, storia dopo storia, la persona si incammina sulla via che porta all’evoluzione. “Il gioco consiste nel fare in modo che la persona sviluppi degli interessi verso qualcosa che la indurrà a cambiare, senza nemmeno accorgersi che sta cambiando” (Aparo, Milano, 2023).

Il detenuto ha bisogno di stimoli, di riconoscimento, di una struttura che lo protegga, ha bisogno di un ruolo con cui esercitare la propria responsabilità. Ma è difficile per la persona detenuta coltivare l’evoluzione della propria identità e riconoscersi nella nuova immagine di sé che egli va sviluppando. I meccanismi complessi costruiti dal Gruppo della Trasgressione contribuiscono a questo incastro: il cambiamento, per essere possibile, deve provenire dal detenuto, come già ricordato, senza sforzo e senza che egli se ne accorga mentre avviene.

Va inoltre considerato che la persona con un background deviante tante volte non è nemmeno consapevole di possedere questa aspirazione di cambiamento. Il lavoro del Professore Aparo inizia proprio in quel momento: si analizzano i fattori che esonerano e mettono a tacere la coscienza del delinquente e, senza forzature e senza retorica, il Gruppo aiuta la coscienza del detenuto ad “evadere” dalla gabbia in cui era stata confinata.

Prevenzione alla devianza nelle scuole
Durante il Gruppo di Analisi, i detenuti sono invitati a mettersi a nudo. Questa esperienza è vissuta in forma molto impegnativa ed intensa ma anche gratificante. La memoria dei sentimenti che vivevano all’epoca dei reati diventa materiale di costruzione, di comunicazione con l’esterno.
Il risultato più appagante di questo lavoro viene raggiunto, di solito, quando i detenuti incontrano gli adolescenti nelle scuole, quando la materia problematica che li aveva indotti a commettere reati e a diventare succubi della loro rabbia e della loro voglia di rivalsa viene offerta agli studenti delle scuole medie di primo e secondo grado per la prevenzione alla devianza e alla tossicodipendenza.

In questo modo gli studenti riconoscono la maturità di chi oggi è in grado di parlare in modo critico del proprio passato e del proprio presente “… perché è vero che i detenuti sono stati indotti a parlare del loro passato problematico, ma nell’effettuare questa operazione ciascuno di loro vive un senso di crescita personale e di gratificazione che vanno a sostituire la gratificazione che si viveva durante i reati, fatta d’ebrezza del potere, di fantasie di grandiosità e di onnipotenza.” (Aparo, Milano, 2023).

Il Gruppo della Trasgressione offre al detenuto una funzione, un ruolo, lo responsabilizza, lo istruisce e lo inserisce in progetti di alto valore sociale. L’ex detenuto è un’importante risorsa per gli adolescenti, una testimonianza credibile di come si possa cambiare e diventare persona responsabile. Allo stesso tempo, l’ex detenuto emancipato è un esempio tangibile del valore della responsabilità e dei risultati che l’impegno permette di raggiungere. Un esempio è “Marte, andata e ritorno”, un progetto che vuole studiare e analizzare gli aspetti che influiscono sull’ingresso nel mondo della devianza e gli strumenti utili alla presa di coscienza necessaria per uscirne.

In particolare, si discute su come si acquista il biglietto di andata: le condizioni familiari, ambientali e psicologiche, i conflitti, le turbolenze dei primi anni di vita, le fragilità, il bisogno di conferme, la rabbia, il senso di rivalsa dell’adolescenza, la brama di diventare grandi e l’urgenza di accorciare i tempi per sentirsi indipendenti dalle prime figure di riferimento, l’iniziazione, la sfida, i gradini dell’ascesa all’interno del gruppo dei pari; e di ritorno: gli scritti, le diverse attività della “Palestra della creatività”, gli incontri con i familiari delle vittime di reato e con figure della cultura, i convegni in ambito istituzionale, la produzione di attività teatrali, ecc.

Gli incontri tra il Gruppo della Trasgressione e le scuole hanno lo scopo di promuovere contemporaneamente il percorso evolutivo dello studente e del condannato, permettendo loro di vivere un’esperienza reciprocamente responsabilizzante. Per quanto riguarda lo studente, gli obiettivi del progetto sono, in generale, la prevenzione della devianza, del bullismo e delle dipendenze. “L’incontro tra studenti e detenuti agisce come un contenitore nel quale la curiosità dei soggetti partecipanti si riempie gradualmente di contenuti, un contenitore nel quale risorse e fantasie dei ragazzi recuperano spazio e volontà di esprimersi, una camera di gestazione nella quale, senza forzature e senza indottrinamenti, i partecipanti esplorano le loro risorse interiori e coltivano la loro crescita personale. Per questo si ritiene di primaria importanza combinare l’obiettivo della prevenzione dalle dipendenze degli studenti con la rieducazione del condannato che, motivato dalla giovane età degli interlocutori, esercita spontaneamente le proprie funzioni di adulto e di cittadino responsabile. In sintesi, tali incontri favoriscono il percorso evolutivo dell’adolescente permettendogli di svolgere una positiva funzione sociale; allo stesso tempo aiutano i detenuti a riappropriarsi della loro identità di adulti responsabili mentre forniscono un servizio alla collettività. Adolescenti e detenuti diventano reciprocamente agenti per la maturazione e l’emancipazione dell’altro” (Aparo, Opera, 2023).

Competenze acquisite durante il tirocinio
Il periodo di tirocinio è stato molto impegnativo. Il turbamento emotivo provato durante gli incontri, gli argomenti trattati, spesso mi hanno fatto dubitare della mia capacità di confrontarmi con la complessità delle cose… tanto d’essere stata tentata di abbandonare. Al Gruppo mi accade spessissimo di emozionarmi, di piangere. Mi è stato detto dal Professore Aparo che questo fenomeno non è niente di singolare. La commozione che ho provato in un contesto così specifico, il carcere, è stata particolarmente intensa. La prima volta che ho incontrato i detenuti (assassini, spacciatori, rapinatori, estorsori), precisamente a Opera, mi aspettavo di incontrare persone prive di sensibilità. Più ascoltavo i loro vissuti, la loro voce rotta dall’emozione, la loro disponibilità a entrare in contatto con me senza più negare la loro fragilità, più non capivo come potesse sentirsi “fragile” una persona che era in carcere per aver commesso omicidi e con una condanna all’ergastolo. Il pregiudizio ci spinge a pensare che le persone in carcere siano prive di empatia, fragilità e sensibilità. Questo in parte spiega perché sono rimasta sorpresa nel sentire parlare la persona detenuta di senso di colpa, di responsabilità, di dolore. La mostruosità del passato dei detenuti non mi ha allontanata da loro. Quanto più ragiono su questi aspetti, tanto più mi rendo conto del metodo con cui viene perseguito l’obiettivo del reinserimento sociale della persona detenuta e degli effetti terapeutici del Gruppo della Trasgressione sulle persone che lo frequentano. Per questo mi sembra indispensabile capire gli elementi che compongono i bisogni psicologici dell’autore di reato e ottenere informazioni utili per impostare progetti e operazioni d’intervento per prevenire la devianza. Le persone che commettono degli abusi non sono un fatto solitario, una persona che ha trasgredito alle norme sociali, anche se è stata rigettata dalla società, ne fa comunque sempre parte, è un fatto sociale.

Il tirocinio col Professore Aparo mi ha permesso di approfondire una tematica sociale importante e mi ha arricchito tanto da segnare ogni parte del mio essere, mi ha cambiata profondamente e mi ha “chiamata” a svolgere una funzione sociale che non avevo prima d’ora considerato, non solo come futura Psicologa ma anche e soprattutto come persona. Quello che credo di avere acquisito come parte stabile del mio bagaglio è che in ogni essere umano c’è un continuo divenire dei sentimenti che caratterizzano la relazione con l’altro e che sono soprattutto i sentimenti con cui gli altri vengono vissuti a permettere l’abuso verso l’estraneo o la collaborazione col nostro vicino di casa. A tale riguardo ciò che ognuno di noi acquisisce nei suoi primi anni è fondamentale, ma col tempo, con l’allenamento o con l’assuefazione, ognuno di noi può continuare ad evolversi o a regredire molto al di là di quanto previsto dagli schemi di riferimento comune. Ne consegue che il compito delle istituzioni non può che essere quello di lavorare affinché ciascuno, a scuola o in carcere, possa vivere al meglio il proprio percorso evolutivo anche dopo qualche caduta.
“Rieducazione, riabilitazione, presa di coscienza, accettazione della responsabilità, non per ultimo vantaggio sociale. Il Gruppo della Trasgressione non può essere distante da ciò che cerca la Costituzione, la giustizia morale, la società” (Aparo, San Vittore, 2023).

Un sincero ringraziamento al Professore Angelo Aparo e a tutti i componenti del Gruppo della Trasgressione e, in particolare, al mio Nuccio.

Lara Giovanelli

Chi siamoRelazioni di TirocinioNote sul metodo

Io vivo solo

Io vivo in un posto
dove non ci sono strade
e solo a volte vedo il cielo

Io vivo solo, per mia scelta,
circondato da voci e sguardi
ho scelto così tanti anni fa

Io vivo solo
ho rotto i patti anche con Dio
ma tengo alto lo sguardo

Io vivo solo, col mio passato
ascolto il vento e annuso l’aria
felice se piove

Giuseppe Di Matteo

Poesie

Un pomeriggio speciale

La giornata del 23 marzo 2023, per me, detenuto nella Casa di Reclusione di Bollate (MI), ha avuto un sapore particolare.

Mi chiamo Giuseppe D. M. e faccio parte del Gruppo della Trasgressione, condotto e fortemente voluto dal Dott. Aparo, psicologo che da anni opera nell’universo carcerario, aiutato da un gruppo di persone volontarie che si dividono tra lavoro, studio e vita propria, perciò persone splendide.

Il rapporto con il Gruppo della Trasgressione mi sta aiutando in una mia personale autocritica sul mio passato delinquenziale.

Perché vi dico che il 23 marzo è stata una giornata particolare? Perché delle persone di varie associazioni di Rotary della città di Milano ci hanno fatto visita, partecipando con noi detenuti ad un incontro che aveva come tema “La chiamata di San Matteo”, raffigurata su un quadro del pittore Caravaggio. L’argomento di discussione era su cosa suscitasse il dipinto, partendo dalla premessa che quasi nessuno di noi l’avesse mai visto.

Così,  voi avete condiviso alcune ore del vostro tempo con noi, seduti fianco a fianco, senza barriere nel dialogo e nel confronto.

Signori, è stato meraviglioso! Questa vostra disponibilità ci ha fatto capire, percepire e sentire che non siamo emarginati. Dopo tanti anni, mi sono sentito parte integrante della società; non ho sentito la distanza che prima avvertivo con il mondo esterno.

Credo che questo incontro sia stato un tassello importante che potrà far parte di quel qualcosa che molti di noi detenuti stanno costruendo per un futuro migliore.

Sono sicuro che per voi non tutto sia finito lì, quando quel giorno avete varcato i cancelli per ritornare alle vostre case, alle vostre famiglie e alle vostre vite. Sicuramente qualcosa vi è rimasto nel cuore e nell’anima e noi detenuti non possiamo pensare che ci vogliate abbandonare.

Con la vostra partecipazione agli incontri e agli eventi numerosi che si svolgono durante l’anno, voi avete la possibilità, rimanendo in contatto con il Gruppo della Trasgressione, di aiutarci a rientrare nel circuito della legalità che la società civile chiede.

Se avete piacere di continuare a collaborare con noi, sappiate che questo genere di progetti motiva noi detenuti a riconoscerci nella società e a riflettere sui nostri errori molto di più di una pura e semplice restrizione della libertà.

Accanto ai progetti che possiamo portare avanti insieme, un altro modo per aiutarci è anche quello devolvere il vostro 5X1000 a beneficio della nostra associazione.

Cordiali saluti a tutte le persone del Rotary e alla prossima!

Giuseppe Di Matteo

Caravaggio in città

 

Quale ruolo vorresti al gruppo?

Buongiorno, sono Ignazio, ho riflettuto sulla domanda posta dal dottor Aparo al gruppo: per cosa vorresti essere riconosciuto dal gruppo della Trasgressione?

Sono proprio io a riconoscere questo gruppo come una  risorsa, che vivo attraverso i discorsi sempre più ricchi che ascolto al tavolo, i nostri racconti del passato, il nostro cammino sulla devianza, che ci aiutano a riflettere e a costruire qualcosa che abbiamo perso; i nostri confronti servono perché sono approfonditi insieme, questa è la vera storia del gruppo della trasgressione: lavorare tutti insieme, sfruttare i discorsi degli incontri, perché sfruttandoli sviluppo qualcosa nella mia crescita che mi migliora nel rispetto dell’altro e della società.

Cambiamento, partecipazione, riflessione e il raccontarsi nutrono questo gruppo e portano i detenuti con le loro esperienze a incontri con le scuole e gli istituti, dando il nostro contributo per un mondo migliore, per una vita migliore e a non fare più il male che abbiamo fatto.

Come a tutti i componenti di questo gruppo, parteciparvi mi ha ridato la consapevolezza del male fatto, mi rende libero nel pensare e dentro di me sono riuscito a tirar fuori tutto quel male che viveva con me.

Oggi riesco con le mie parole a rendermi utile e riconosciuto dal gruppo, perché riesco a lanciare un messaggio importante, prima per il mio cambiamento e poi per tutti quei detenuti che non frequentano il gruppo, affinché possano guarire dagli sbagli e dal male fatto, così che siano anch’essi d’aiuto.

Frequentare il gruppo della trasgressione con il dottor Aparo, che da tanti anni fa crescere questa palestra, ci insegna a dipingere di bene, fare dei progetti per la vita o credere nel nostro miglioramento di uomo o padre.

Infine vorrei dire che amo questo gruppo, gli devo tanto, ma farne parte dipende solo da noi stessi.

Un mio riconoscimento particolare va a Pasquale e Sergio, in quanto è grazie a loro che ho partecipato al gruppo della trasgressione .

Ignazio Marrone

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