Durante il percorso condotto dal Dott. Aparo (con visita al carcere di Opera), abbiamo lavorato sul mito di Sisifo per affrontare in modo simbolico il tema della dipendenza da droghe, collegata spesso al distacco dalla figura genitoriale.
Il mito parla di un uomo condannato a spingere un masso su per una montagna per l’eternità, solo per vederlo rotolare di nuovo a valle. Questo gesto assurdo, ripetitivo, è diventato il simbolo della dipendenza, della fatica inutile e distruttiva in cui mi sono riconosciuto.
Abbiamo visto in Sisifo non solo il condannato, ma anche l’uomo che si ribella, che prende coscienza della propria condizione e trova nella consapevolezza una dignità. lo, in particolare, ho interpretato Giove, il re degli dèi, colui che infligge la punizione a Sisifo. L’ho rappresentato come un dio arrogante, indifferente, concentrato solo sui propri piaceri e completamente distaccato dalla sofferenza umana.
Un vero stronzo, per dirla senza filtri.
E in quel Giove ho rivisto tante figure “genitoriali” nella vita reale: assenti, egoiste, incapaci di vedere davvero i figli, le loro richieste d’aiuto, i loro crolli. E quando non c’è nessuno che ti guarda con amore, è facile cercare conforto nelle droghe, che almeno per un po’ sembrano riempire quel vuoto.
Questo progetto non ha dato risposte facili, ma ci ha aiutato a fare domande vere. A capire che forse non possiamo cancellare il passato, ma possiamo smettere di spingere il masso per conto di qualcun altro. Possiamo cominciare a farlo per noi, per il senso che decidiamo di dare alla nostra vita.
Carlo Caroli