La vocazione di San Matteo

Mi colpisce la differenza d’abbigliamento fra le figure di Cristo e di San Pietro, entrambi in piedi, e di quelle sedute al tavolo. Da una parte, abiti senza tempo o riconducibili al tempo di Cristo; dall’altra abiti dell’epoca del dipinto.

Questo, probabilmente per mie esigenze affettive del momento, mi porta a fantasticare che il quadro parli di una comunicazione e di un uomo in altalena fra due dimensioni, quella che prescinde dal tempo e quella storica.

A noi tocca vivere nella dimensione del divenire, dove si nasce, si cresce e si muore, ma sembra che, per quanto ci si sforzi, sia per noi tutti troppo difficile rinunciare all’idea di una nostra parentela con…  l’Infinito.

A mia volta, pur consapevole del fatto che nulla di ciò che sento prescinde dalla storia, vado sempre sognando un ascensore che mi permetta di andare, almeno con lo sguardo, oltre l’ultimo piano del mondo finito.

Mi rendo conto che il rischio dell’arroganza è forte, anche se, per fortuna, le costruzioni e il divertimento che derivano dai tentativi di addomesticarla non sono da meno.

Ecco, nel dipinto c’è una luce che arriva da un punto fuori dallo spazio visibile (direi fuori dalla storia) e che, passando sopra la testa di Cristo, giunge fino al tavolo degli uomini che vivono dentro i confini dello spazio e del tempo: lo spazio della locanda, il tempo dei loro abiti.

Dunque, uomini che vivono, scelgono e divengono in un tempo e in uno spazio finiti, in risposta a una luce e a una vocazione che sembrano provenire dalla dimensione dell’infinito, dopo essere state mediate da Cristo, figura a cavallo tra le due dimensioni.

E, per concludere, mi chiedo se la mediazione tra finito e infinito, che nel dipinto viene affidata a Cristo, non sia una delle rappresentazioni possibili di quel che ci serve: ora per non smarrirci fra i mille sentieri e le responsabilità di una storia ancora da costruire; ora per prevenire l’allucinazione di volare oltre l’ultimo piano.

Caravaggio in città

La morte di mia madre

Sono stato preparato a questo evento dalla lunga vita di mia madre e dagli ultimi suoi anni di progressiva perdita di autonomia.

Questa mattina ho visto un piccolo rattoppo sul pigiama e, inevitabilmente, mi sono ricordato delle numerose volte in cui le portavamo abiti da rammendare o da aggiustare, un po’ per darle da lavorare, un po’ per sentire addosso gli effetti del suo intervento.

Lei era decisamente brava a cucire e a riparare strappi che avresti detto insanabili. Ma negli ultimi due anni la capacità di cucinare, rammendare, stirare si era ridotta di molto, mentre cresceva la frustrazione di non potere svolgere le azioni che erano la sua identità.

Ma mia madre ha vissuto e ha seminato dentro di me e di mia sorella quello che noi oggi siamo, il modo in cui ci sentiamo l’un l’altro e che uso fare dell’ago e del filo. Gli occhiali con cui guardiamo il mondo sono stati forgiati quando non eravamo noi a decidere cosa e come guardare e toccare.

E in quell’officina lavoravano mia madre, mio padre, i miei nonni, le mie zie. Adesso sono tutti morti; ci rimangono gli occhiali che nel frattempo sono diventati i nostri occhi.

Genitori e figli

Delitto e castigo al carcere di Opera

“Cerchiamo 15 giovani studenti/studentesse di giurisprudenza per dare forma – dentro le mura del carcere di Opera – ad una singolare ricerca sul delitto e le sue molteplici conseguenze, dialogando insieme a chi ne ha già commessi parecchi e chi ne ha subiti alcuni”.

 

Qui la lettera di invito: le candidature dovranno pervenire a info@lostrappo.net entro e non oltre il 22 Ottobre pv.

Gli incontri si svolgeranno i 5 mercoledì di Novembre 2022 (ore 9.00-13.00) all’interno del carcere di Opera.

Per iniziare può essere utile il resoconto dell’incontro del Gruppo della Trasgressione con il Prof. Fausto Malcovati su Dostoevskij  (5.7.2005).

Maggiori informazioni anche su la pagina Instagram de “Lo Strappo – Quattro chiacchiere sul crimine”.

PS: in ogni caso c’è anche un altro gesto utile per aiutarci in questa ricerca, considerato che tutti i protagonisti di questa rilettura collettiva parteciperanno a titolo gratuito: regalando una copia di “Delitto e Castigo” alle persone detenute nel carcere di Opera

[anche con una dedica e/o un augurio di buona lettura, se ritieni. Se non sai quale edizione scegliere ci permettiamo di consigliarti Einaudi o Feltrinelli. Indirizzo della spedizione/consegna a mani: Direzione Casa di reclusione di Milano-Opera, via Camporgnago 40, 20141 Milano. Ci faremo personalmente garanti della consegna dei libri alle persone detenute interessate].

Delitto e Castigo

La macchia gialla

Si era più o meno di questa stagione.

Il mio papà una mattina mi portò a casa di mio nonno. Mio nonno faceva il contadino e abitava in una casa che, come quelle dei suoi vicini , anch’essi contadini, si affacciava su un grande cortile, di fatto un’enorme aia. Non mi piaceva particolarmente andare a casa di mio nonno, non saprei dire perché. Quel giorno, però, mi aspettava una sorpresa. Quando arrivai, superato il portone d’ingresso nel cortile, non riconobbi il luogo. Una magia l’aveva trasformato: l’aia era diventata color giallo sole e il contrasto col cielo azzurro era sorprendente. Ai bordi erano sedute molte persone che stavano sgranando le pannocchie di granturco. Chi canticchiava, chi parlottava, e intanto i chicchi gialli cadevano per terra e si aggiungevano agli altri, e la macchia gialla si allargava sempre di più.

La bellezza di quell’immagine mi avvicinò a mio nonno e al suo mondo e dopo quella volta ci andai  volentieri.

La bellezza di quell’immagine mi è rimasta nel cuore.

Officina creativa