Il canto dei barconi

Quello che ho visto e vissuto martedì 13 giugno dentro il teatro del carcere è stato per me una sostanza rivoluzionaria. La bellezza di questi progetti porta novità dentro il carcere e fuori. Le alleanze che si costruiscono portano sempre una crescita, per la società e per noi stessi.

Vedere sul palco Marisa Fiorani e sentire il suo dolore per la figlia uccisa dalla criminalità trasmette valore e coraggio, utile nella crescita di noi detenuti, e dà fiducia nel ritrovare un riscatto dal male che siamo stati. Una mamma, una donna, così piena di gioia e forte, crea un’alleanza che offre ad ognuno di noi detenuti l’opportunità di riflettere: costruire insieme sul dolore, per tirare fuori quel male che abbiamo prodotto, quel silenzio buio che vive dentro le carceri.

Anche Paolo, ogni volta che sento il suo racconto, mi porta a ricordare il passato. Ero adolescente e vivevo in Sicilia, era accaduto qualcosa di terribile a Palermo: l’omicidio del Generale Della Chiesa e della sua compagna, sorella di Paolo. Oggi Paolo dovrebbe odiarci, invece è qui con noi detenuti al teatro e si commuove con noi. Paolo è un componente del Gruppo della Trasgressione e averlo insieme a noi è un vero successo: allearmi con Paolo è significativo per il percorso che ho scelto e che voglio vivere, la legalità. Il contributo che posso dare a Paolo, alla sua famiglia e anche ai miei figli e futuri nipoti è riconoscere che il generale Della Chiesa e la sua compagna sono e saranno il simbolo della legalità. L’importante è capire i nostri sbagli e si può avere sempre una ripartenza. Il tempo che Paolo mette sul tavolo ci aiuta a stimolare la coscienza. Mentre noi raccontiamo il nostro passato deviante scopriamo chi siamo stati e di non fare più errori.

Anche Don Ciotti, con il suo linguaggio sicuro verso di noi detenuti, è stato emozionante. Le sue parole danno ricchezza al nostro cammino di vita, come questo progetto dedicato a quei barconi pieni di persone e bambini dispersi nei nostri mari e quei migranti che arrivano in cerca di un futuro. Doveva essere per loro un luogo di speranza; invece, è diventato un luogo di disperazione. Don Ciotti è meravigliato dalla trasformazione di quei barconi che sono stati recuperati nel mare: oggi sono qui a Opera, dentro al carcere, per far sì che quelle vite, perse sopra quei barconi per un futuro mai raggiunto, abbiano un riconoscimento per i sogni persi. Per dare dignità e speranza anche da vittime, quelle specie di zattere, quel legno da bruciare, è stato trasformato in un violoncello, donando anima e dignità alla loro memoria.

Ma cosa esce da quei violini? Una vera rinascita!  In teatro ho percepito qualcosa dentro al cuore, non avevo mai visto e sentito suonare uno strumento così da vicino, ma per me la novità è stata vedere il nostro Dott. Aparo seduto al centro del palco, pensieroso e in silenzio. Appena abbassa la testa e si mette a cantare “Marinella”, mi ha caricato i pensieri: non staccavo l’orecchio dalla sua voce.

Mi ha portato all’amore che ho perso, anche io, nella vita, ho provato a bussare a qualcosa che volevo rivedere; quella canzone l’ho ascoltata molte volte ma non ho mai sentito questa connessione. Questa volta ho dato valore e significato, pescando qualcosa da dentro di me: ero preso dalle parole, per cercare qualcosa che mi potesse appartenere e ritornare indietro a sistemare il mio passato. Marinella, la sua storia vera, mi ha coinvolto perché anche io sono partito per costruire dei sogni: lei costretta a fare la prostituta fino a perdere la vita; la mia prostituzione, diversa e di mia scelta, è stata per aumentare il denaro e il successo, fabbricando male per me e la società.

Ecco perché mi sono rimesso in gioco, la nostra vita e la rivoluzione del nostro cambiamento si nutre di quello che nel passato è stato un male per le persone e per noi stessi. Oggi faccio uso della coscienza, mi sono dato dei nuovi valori per essere utile e dare consistenza al mio cambiamento.

La bellezza e le risorse che offrono questi progetti e queste alleanze creano un’aria pulita, delle vere emozioni, come quel violoncello suonato dal ragazzo giapponese: era strano nei suoi movimenti, ma forte era la sua potenza. Si vede che lui ama tirare fuori dal violoncello quei suoni, io ho chiuso gli occhi e ho pensato a quegli uomini e bambini che hanno perso la  libertà e la  vita per cercare un futuro migliore.

Ignazio Marrone

I violini del mare contro l’indifferenza

Un suono diverso da prima

Anche oggi sono qui ad aprirmi con il Gruppo perché mi sembra giusto farvi sapere cosa penso. Il Dott. Aparo e Paolo mercoledì scorso dicevano di vedere molto cambiato nel Gruppo un ragazzo “ristretto” da 20 anni e che ora ne ha circa 50: non voglio sembrare presuntuoso ma mi sento chiamato in causa e mi rivedo molto in quella persona.

Io penso di avere oggi pensieri liberi per cercare di migliorarmi, per trasformarmi e riprendere la mia vita.  Le mie generalità sono le stesse ma ho una mentalità diversa da quando ero entrato.

Arrivati ad una certa età, tutti possono fermarsi a ragionare. Guardandosi attorno si vede cosa si è seminato in passato, poi con il crescere, sempre se si vuole, si deve anche riconoscere, con consapevolezza, i propri errori ed anche l’indifferenza che si aveva verso prossimo.

Trovando gli strumenti e le guide giuste, facendo sedute su argomenti del Gruppo, con la mentalità che sta cambiando, essendo meno impulsivo e più riflessivo, ora mi diverto a fare più collegamenti su tutto, e a dire la mia al momento giusto.

Penso che ogni persona abbia da imparare. Uno come me non ha mai ascoltato e voluto consigli da nessuno, ed ecco gli esiti devastanti per me e per la società nello stesso tempo. Ora per far sì che questo non si ripeta ho deciso di migliorare, anche grazie al vostro contributo che mi sta facendo capire i valori veri di ogni persona.

Purtroppo il passato non lo può cancellare nessuno, ma io sto imparando a conoscermi meglio, valutando tutta la mia vita, e cercando di capire anche come ho potuto bruciarmi tutti questi anni. Ci sono voluti anni per arrivare fino a qua con questa testa, però vedete, ora aprirmi con voi mi viene più semplice anche perché non ho più nulla da nascondere.

So che con un impegno e sforzo maggiore posso dare di più, anche per evitare parte dei conflitti che spesso vivo durante i convegni e agli incontri del mercoledì e che però ora sono alleviati e sono più genuini: ora so cosa voglio dalla mia vita. Io con la mia storia sto cercando una possibilità per costruire un futuro diverso avendo ora consapevolezza di quello che ho vissuto.

Non è facile trasformare quello che ho vissuto e passato, ma grazie al Gruppo e agli stimoli che mi ha dato sono arrivato anche a ragionare su questo anche perché ho delle conferme interiori. Oggi penso che un bambino che ha vissuto l’infanzia come quella che ho avuto io avrebbe bisogno di essere seguito perché alla fine dei conti uno non ha il destino segnato a priori, ma se non lo si assiste, certe esperienze hanno un effetto negativo sul suo futuro.

Da qui ora posso dire come è nata la mia indifferenza mentre seminavo male e nello stesso tempo alimentavo altro male. Tutto deve avere un limite, cerco di accettarmi con tutti i pregi e difetti come tutti. Oggi mi nutro di natura e relazioni umane come questa.

La vita vera non offre facili risposte o rimedi immediati, ora cerco nel mio piccolo di essere utile quando è possibile, di dare qualche consiglio a qualche ragazzo tipo Paolo (della scuola di Brugherio).

Pensando alle barche parcheggiate qua fuori, anche noi siamo stati parcheggiati qua all’interno e ci sono momenti che mi sento un pezzo di legno delle barche. Spero anche che con un buon lavoro fatto su di me, anche io  potrò essere uno dei nuovi violini, con un suono e una musica diversi da quello che sentivo prima.

Nunzio Galeotta

L’infinito senza stellePercorsi della devianza
I violini del mare contro l’indifferenza

La mia costellazione

Alzo lo sguardo verso il cielo e non scorgo più la luminosità del firmamento.

Un freddo mi assale, la tenebra mi avvolge, come un serpente stringe la preda tra le sue spirali, bloccandomi il respiro.

Mi giro a dare uno sguardo indietro, vedo i miei figli allontanarsi sempre di più, comincio a dimenticare il calore dei loro abbracci, il profumo della loro pelle, inizio a vedere ombre sui loro visi.

Come gli animali vengo chiuso, il mio corpo si ribella alla mia mente che cerca di dominarlo, scalpita come un cavallo selvaggio che non vuole essere montato.

Faccio a pugni con me stesso, fino a quando nel buio della notte il mio infinito inizia ad illuminarsi e una voce mi sussurra: “solo tu puoi riempire di stelle il tuo infinito”.

Nella mia mente i pensieri scorrono come un fiume in piena. Come posso riempire il mio infinito?

Chiudo gli occhi, inizio a guardarmi dentro immaginando una tela con pennelli e colori, inizio a disegnare tre stelle lucenti nel mio firmamento, do loro il nome di famiglia; riguardo la tela, con due pennellate disegno una grande costellazione seguita da tante meteore vaganti.

È il gruppo dal quale prendo e al quale do il mio contributo. Alle volte abbiamo la soluzione sotto i nostri occhi, è così vicina e noi continuiamo a cercarla in posti sbagliati.

Salvatore Luci

L’infinito senza stelle

 

Disperazione e speranza

Mi chiamo Davide, ho 42 anni e sono recluso da tre anni. L’evento del giorno 13 presso il teatro del carcere di Milano-Opera, dove era presente anche Don Ciotti di Libera, mi ha fatto riflettere molto.

Per quanto riguarda l’immigrazione, penso che queste persone fuggono dalla loro terra un po’ per la disperazione e un po’ per la speranza di una nuova vita. La cosa che più mi ha colpito è che queste barche della morte vivono una nuova vita grazie al fatto che vengono trasformate in violini e questo mi ricorda tanto la mia vita.

Riallacciandomi al secondo tema, ovvero quello della droga, oggi capisco che io sono stato vittima e carnefice, ho fatto del male alla società e alle persone che erano più fragili, facendo soldi in modo facile, cosa di cui oggi pago le conseguenze.

Ma oggi,  proprio come quei barconi, mi sento una persona migliore, mi sento partecipe del progetto del Gruppo della Trasgressione, che mi ha aiutato a distinguere, a scegliere cosa fare di me stesso e a dare il mio contributo al tavolo del gruppo. Il confronto con gli altri mi arricchisce di responsabilità e mi motiva a progettare un futuro migliore.

I violini del mare contro l’indifferenza

Davide Seminara

Una serata di riflessione

Ho sentito spesso parlare del Gruppo della Trasgressione e dei tanti eventi che organizza. Già da qualche giorno si parlava di questa serata del gruppo insieme con l’associazione Libera e con la fondazione De André. Speravo potessimo partecipare e così è stato. Arrivato al teatro, ho trovato subito delle persone che conoscevo: Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della “fondazione casa dello spirito e delle Arti” assieme alla sua assistente Greta. Mi hanno elogiato per un intervento che ho fatto alla presentazione di un libro di Giorgio Paolucci dicendomi che avevo commosso con la mia storia. Felicissimo, ho preso posto per assistere all’evento.

Arrivano gli ospiti, il dott. Aparo è stato tra i primi con Don Luigi Ciotti, Dori Ghezzi e la signora Lucilla. Da lì a poco ho capito l’omaggio al grande De André. Conoscevo le canzoni ma non che erano stati scritte su cose realmente accadute. Ascoltando le parole mi sono commosso.

L’intervento di Don Ciotti mi ha colpito molto, alla TV l’ho sentito sempre urlare per giuste cause, ma quella sera ho visto l’umanità di un uomo di Dio che si impegnava a cambiare il male con il bene.

Si è parlato dell’indifferenza e persone come il dott. Paolo Setti Carraro, la sig.ra Marisa, che sono parte attiva del Gruppo della Trasgressione e a loro volta vittime, che giustamente potevano essere indifferenti alle tematiche carcerarie e dei condannati, sono invece presenti nelle carceri per il recupero del reo.

Le testimonianze rese da alcuni del Gruppo della Trasgressione, insieme a alla musica suonata in modo speciale dal maestro Giapponese, con i violini che vengono realizzati dai barconi dove sono saliti ed hanno rischiato la vita persone più sfortunate di noi mi hanno fatto vivere una serata di speranza, di credere nella possibilità che il carcere ci offre, che forse non è solo un brutto luogo in cui si affligge la persona, ma diventa lo spazio per cambiare, realizzarsi per ricominciare liberandosi del male.

Anche se in primis dobbiamo essere noi, il vero motore del cambiamento sono le persone che si impegnano per un lavoro di riflessione con i detenuti. Ringrazio i rappresentanti e il gruppo della trasgressione di avermi arricchito di una bella serata di riflessione.

I violini del mare contro l’indifferenza

Giuseppe Giorgi

Uomini tra gli uomini

Partecipo con entusiasmo ogni qualvolta il gruppo della trasgressione ci invita ai suoi eventi. L’ultimo incontro è stato con l’associazione Libera rappresentata da Don Luigi Ciotti, con Arnoldo Mosca Mondadori, con Dori Ghezzi e la fondazione De André e  le canzoni  che rievocano fatti tragici avvenuti nella seconda meta del secolo scorso: come la “storia di Marinella” giovane donna uccisa da mani assassine e “Hotel Supramonte”, per non dimenticare quello che ha rappresentato l’anonima sequestri.

Durante l’incontro mi hanno fatto riflettere due termini a me particolarmente cari, che sono: “l’indifferenza e la metamorfosi”.

Già, l’indifferenza nelle nostre carceri. C’è un dato impressionate, che è il numero di suicidi più alto di sempre s0lo scorso anno, che è il frutto non solo dell’indifferenza ma anche di sofferenza. E allora, ben vengano persone che ci riaccendono la speranza, ascoltando le nostre grida, le nostre lacrime, le nostre ferite, la nostra disperazione e la nostra adorazione al “Dio – denaro – potere – successo – piacere” calpestando i sogni di troppi.

Sta a noi voler uscire da questo tunnel infernale, e non rimanere nella solitudine. Anche se, come scrisse Dostoevskij, «che benedisse il destino per avergli mandato quella solitudine, senza la quale non sarebbe giunto ad un severo giudizio su sé stesso».

Questi eventi ci fanno sentire uomini tra gli uomini, in nessuna sventura ci si deve perdere d’animo e avvilirsi.

Ancora Dostoevskij in “memorie da una casa di morti” «questa gente, è pur sempre gente straordinaria. Forse la gente più capace, più forte di tutto il nostro popolo. Ma queste forze possenti periscono invano …. »

lo da buon credente credo affinchè avvenga questa “metamorfosi” che basta un po’ di amore, per uscire dalla nostra disperazione, imprigionati in incubi tremendi, tornare a vivere, diventare testimoni di speranza, grazie all’amore.

Si, solo l’amore può scardinare i muri dell’indifferenza che imprigiona l’anima in una solitudine mortale. Distruggere l’angoscia di cuori impietriti dall’odio e dalla violenza, ridare speranza a chi, colpito dalle terribili sferzate della vita, giace prostrato nella disperazione.

Carlo Longo

I violini del mare contro l’indifferenza

In ricordo di Rosario Curcio

Sono dispiaciuto per ciò che è capitato, per la famiglia di Rosario, e per Rosario che ho conosciuto. Non ci sono parole per poter consolarsi o consolare  dopo un fatto così grave, e neanche incolpare le istituzioni e chiedere perché è  successo, perché non si sono accorti, non ci sono educatori, psicologi e figure che possano “prevenire” queste tragicità. Quando scatta quella molla nella testa si è imprevedibili ed è  difficile farsi aiutare.

Pino Amato

 

Mi ricordo ancora la sensazione di quando gli ho stretto la mano

Davide Leonardo

 

Sono sconvolta per questa notizia… Ricordo molto bene Rosario… E l’immensa fatica che ha fatto per iniziare ad aprirsi nel gruppo … un ragazzo speciale… o almeno a me lasciato uno splendido fragile ricordo… Quanto dolore dentro quei silenzi… Sono davvero molto, molto  turbata… E poi i media ci mettono sempre il loro inutile e pesantissimo carico… Pazzesco. Un abbraccio infinito a tutti i miei amici e a lei prof ❤️

Marina Varisco

 

Sono tantissimo dispiaciuto per la scomparsa del nostro amico rosario. Un forte abbraccio alla famiglia. colgo l’occasione per mandare un saluto a tutto il gruppo. Ciao Prof.

 Rocco Ferrara

 

Io mi sento in colpa perché Giuseppe D’Aloja mi aveva detto che stava male e io non l’ho chiamato. Sono 5 giorni che la cosa non mi lascia.

Angelo Aparo

 

Purtroppo prof non si può essere ovunque sempre e comunque. Spiace molto anche a me, ci penso molto da  quando ho saputo di questa triste vicenda, che lascia sgomenti e ammaccati, ma questa è la cruda realtà, siamo persone e in quanto tali limitati dai tempi, dallo spazio fisico e dalle mille faccende che invadono le nostre affollate giornate. Un abbraccio forte a tutti.

Antonietta Ferrigno

 

Buongiorno Prof. Volevo dirle che il più grande insegnamento che mi ha lasciato è quello di stare sempre dalla parte degli ultimi, di coloro che tutti ripudiano e respingono. Rosario vista la sua storia, rientrava sicuramente in questa categoria. Lei lo ha accolto e l’ha fatto sentire parte di qualcosa, nonostante il malcontento di alcuni. Queste cose le sa molto meglio di me, ma sentirsele dire, sinceramente, alle volte aiuta.

Un abbraccio, Davide Leonardo

 

Prof… Vorrei stringerla forte ora.  Io ho proprio ben chiaro Rosario davanti a me, ho ben chiara la storia…. Ho forte in mente la fatica di quell’uomo nell’aprirsi, i lunghi silenzi.. poi i sorrisi, il voler esser seduto a quel tavolo, la forza messa nell’iniziare a raccontarsi… Fino ad un certo punto però, c’era sempre un limite oltre cui non gli era concesso andare, c’erano state anche le lacrime… Io torno indietro di 3 anni, può essere successo il mondo dopo, questo io non lo so… Ma sono certa che lei ha portato forza e stupore nella vita di Rosario, lo ha riconosciuto… Non so se avrebbe potuto fare altro… Ma io l’ho vista fare ed essere tantissimo per lui e sicuramente anche lui ❤️

Marina Varisco

 

È facile vedere, difficile e impossibile prevedere. Ricordo con affetto Rosario, spero possa trovare la sua pace. 🌹

Kety Romeo

 

Ciao, purtroppo non sempre si riesce a fare tutto quello che si vorrebbe e a volte il cuore delle persone nel profondo nasconde malesseri insanabili.

Lina Aparo

 

Ieri ho letto su internet il suicidio di Curcio. Sono molto dispiaciuto e senza sgravare la responsabilità, anche se per lui circoscritta quasi ad una sudditanza, ritengo doveva essere più attenzionato. Quasi sempre le nostre verità, sono figlie della nostra conoscenza ma mi chiedo se la conoscenza umana corrisponde alla verità.  Il circolo di questi vari flussi è veramente complesso e l’uomo- con i suoi stati d’animo- coagula nel percorso.

Roberto Cannavò

 

Partecipo anche io al corale cordoglio ma certamente non si può  e non sempre si riesce ad arrivare a tutto e tutti.

Raffaella Repetto

 

Anche se non ho conosciuto Rosario, lo porto nel cuore assieme ai suoi familiari e condivido il dolore del prof Aparo e di tutto il gruppo Trsg. Di fronte a questo dramma rimango in silenzio perché misteriosa e sacra è ogni persona… a volte si vorrebbe esserci per ogni persona che ci sta a cuore in ogni istante per sollevarla dalla solitudine e oscurità che certi momenti o periodi ci assalgono… Sono certa che anche in ciascuna di queste morti dove sempre prevale -per Grazia- l’impotenza umana, il Signore invece arriva e se la carica sulle spalle per portarsela a casa Sua. Amen!

Suor Anna Donelli

 

Non sappiamo perché sia accaduto, ma è terribile quello che è accaduto, è terribile ma non incomprensibile. Rosario aveva commesso con altri un delitto orrendo e la sua cattura prima, la sua presa  di coscienza, il suo dichiararsi colpevole, l’aver ammesso il reato, l’aver cercato il perdono e la redenzione non sono bastati.

Il peso della colpa, il senso di colpa, la ricerca di un  qualche senso nella continuazione della vita, da ergastolano, la famiglia ed il figlio, non sono bastati, non sono stati sufficienti. Troppo il peso, troppo il passato, troppo il presente con la lontananza dai cari, con la colpa sempre sulle spalle; che la terra gli sia lieve.

E questo a cosa servirà e questo a noi servirà?

Luigi Negrini

Come fa a chiamarmi papà? di Rosario Curcio

È comodo

È comodo dire che è sempre colpa degli altri.

È comodo credere di avere più diritti degli altri, quindi più potere.

È comodo pensare di meritare più potere, quindi permettersi di prendere i diritti degli altri.

È comodo abusare, anche solo a parole: alzare la voce, non ascoltare, fuggire dal confronto.

È comodo negare all’altro la possibilità di farsi conoscere, di esprimersi, di essere: se l’altro non lo conosco non esiste, o se esiste lo fa come decido io nella mia testa. E nella mia testa vinco sempre io.

È comodo pensare che voi siate tutti degli scarti.

Il Gruppo della Trasgressione si chiama così perché si diverte e si impegna a pensarla diversamente.

Per fortuna o per sfortuna, però, esistono delle regole anche per trasgredire, altrimenti è troppo facile crederti tu l’unico paladino della giustizia, della tua giustizia, creata da te, solo per te.

Oltre te però c’è l’altro, lo stesso altro che ti tende una mano non per beneficenza o per desiderio di una coscienza pulita, ma perché crede in un progetto comune: dare un senso al vostro tempo qui, rendere il carcere utile, un posto che faccia crescere le persone invece della loro rabbia.

Quella mano tesa è pronta ad accogliere una mano volenterosa, una mano attiva, non una mano svogliata, non una mano che si comporta da pugno, non una mano pronta a mollare la presa perché vuole solo prenderti in giro. Decidete voi a chi assomigliare.

Quella mano tesa è una Chiamata all’impegno e alla responsabilità. È una Chiamata al fare la tua parte, che però puoi fare solo se sai qual è la parte dell’altro.

E da che parte sta l’altro, cosa pensa, cosa vuole fare, come vuole collaborare e crescere con te, lo scopri solo se lo lasci parlare, se lo ascolti, se non fuggi per paura di qualcuno che ti vuole aiutare solo se ti impegni anche tu, soprattutto tu.

Esisti solo se l’altro ti riconosce, quindi solo se tu lo riconosci.

Vivi davvero solo se lo rispetti.

Elena Tribulato

Reparto LA CHIAMATA

Strumenti da un legno vecchio

L’evento che si è svolto al teatro il 13 giugno è stato molto emozionante: ero molto curioso perché era la prima volta che assistevo ad un evento organizzato dal Gruppo della Trasgressione, poi c’erano altre associazioni come Libera e la Fondazione De André, rappresentata da Dori Ghezzi.

Mi è piaciuto ascoltare gli interventi di Don Luigi Ciotti e di Dori Ghezzi, hanno parlato a favore dei detenuti che hanno il diritto di essere reinseriti nella società e avere nuove opportunità per cambiare vita e per questo devono essere aiutati e coinvolti nei vari progetti di recupero.

C’era il maestro giapponese che suonava il violoncello costruito con il legno dei barconi recuperati dopo i naufragi dei migranti, molto bravo a suonare lo strumento e anche il resto della band: erano tutti molto abili nell’eseguire le canzoni del cantautore De André. Il dott. Aparo che con la sua voce ha cantato le più belle canzoni di Fabrizio e devo dire che ho provato a chiudere gli occhi e mi è sembrato di sentire la sua voce, molto bravo.

La serata era in un certo senso l’inizio di un percorso e il simbolo di questa rinascita era proprio il violoncello, già perché dimostra che dal male può nascere il bene e, se ci si impegna tutti insieme, si possono fare anche le cose che sembrano impossibili, come da un legno vecchio e inutile possono nascere strumenti musicali dal suono perfetto. Se si vuole si possono anche recuperare le persone e renderle migliori.

Molto belli gli interventi dei ragazzi che fanno parte del Gruppo della Trasgressione: Nunzio, Sergio, Francesco, Pasquale e gli altri di cui non ricordo il nome; parole di cambiamento e voglia di riscattarsi dopo anni di introspezione.

Spero che ci saranno altri eventi con altri strumenti musicali e tante persone con lo spirito giusto per dare una possibilità a persone come noi affinché possiamo ritornare nella società e vivere in modo responsabile.

  Johnny Buongiorno

I violini del mare contro l’indifferenza

Una stella anche per noi

L‘evento del 13 giugno 2023 al teatro di Opera

Sono Schirripa Rocco, detenuto in questo istituto da 8 anni e mi piacerebbe fare una riflessione sulla serata trascorsa al teatro il 13 giugno 2023 organizzato dalla direzione, dall’associazione libera, dal gruppo della trasgressione e da Mondadori.

Mi ha fatto piacere che a sorpresa hanno fatto scendere anche chi non è inserito nel Gruppo della Trasgressione; è stata autorizzata a partecipare tutta la sezione (cosiddetta a trattamento avanzato). lo sono uno di quelli che non fa parte del gruppo della trasgressione.

Devo dire con molta franchezza che sono rimasto piacevolmente sorpreso che si è parlato dell’indifferenza. Quello che mi ha colpito di più è stato sentire suonare quel violoncello, ricavato dal legno di quelle barche naufragate nel nostro bellissimo mare Mediterraneo, dove da parecchi anni stanno morendo troppe persone per l’indifferenza di tutti noi.

Sentire il suono del violoncello è come sentire un grido di aiuto di chi in quel momento stava annegando. Ecco! Qui, sì che c’è indifferenza… in questo caso, non tanto la nostra personale, ma di chi è al potere e ha il dovere di fare qualcosa per far sì che questo non accada; fino ad adesso abbiamo sentito solo belle parole quando succede l’irreparabile, (ci indigniamo quando vediamo i morti sulle nostre spiagge) e poi non si fa niente! E questi poveretti tutti i giorni continuano a morire.

Mi è piaciuto sentire le canzoni di Fabrizio De André, ma ancora di più mi è piaciuta l’interpretazione e la gradazione che ha dato il coordinatore del Gruppo della Trasgressione.

Devo dire che ho apprezzato molto il discorso di Don Ciotti, ammetto che io avevo qualche pregiudizio, percepivo che “ce l’avesse” con il mondo intero e in particolare con noi detenuti, ma, mi sono ricreduto quando l’ho sentito dire delle belle parole su di noi e sulle nostre famiglie.

E quando senti una persona come Don Ciotti che invita a non mollare e che c’è una stella che luccica pure per noi… Sembrerà strano, ma dopo quella sua affermazione, persino uno come me, che ha un fine pena mai, quella stella la sente più vicina.

Schirippa Rocco

I violini del mare contro l’indifferenzaL’infinito senza stelle