Nostalgia dell’Infinito

Guardo ancora il quadro di Caravaggio e fantastico che l’idea del peccato originale possa corrispondere al senso di colpa dell’uomo per avere estromesso se stesso, attraverso la parola, dalla dimensione dell’Infinito.

Con la parola, l’uomo distingue, misura e identifica le cose e se stesso. Senza, saremmo dentro un Tutto senza separazioni e senza alcuno che possa averne nostalgia.

Con la parola l’uomo smette di essere parte inerte del Tutto da cui egli prende origine, ferisce l’Infinito e lo costringe a partorirlo. Da questo, io credo, il peccato originale, ovvero, la nostalgia dell’Infinito dal quale ci siamo staccati e il senso di colpa per averlo fatto.

Nell’immagine dell’Eden mi pare di intravedere il mito di una lotta e, allo stesso tempo, di una collaborazione fra Dio e il seme dell’uomo che non è ancora tale perché non ha e non può ancora avere esperienza del Divenire.

La Ubris, l’arroganza con cui l’uomo si sottrae al volere divino, comporta la sua espulsione dall’Eden (il Mondo che non muta) e gli permette di accedere alla condizione del Divenire, nella quale egli potrà dare nome alle cose e a se stesso, accedere al mondo della misura, alla dimensione del Finito, portandosi dentro la nostalgia del mondo senza misura e senza confini.

In un certo senso, il peccato originale è il segno di un parto impossibile! Da un Infinito, senza soluzione di continuità e senza ferite che gli permettano di sapere di esistere, nasce la dimensione del Finito, l’unica nella quale può aver luogo la Coscienza: una Coscienza di sé, dolorosa e felicemente “intenzionata“, ricordo confuso di un’offesa alla dimensione dell’Infinito e nostalgia di quella dimensione, perduta per sempre a causa della nobile arroganza di tentare la scalata alla coscienza.

Tale nostalgia, a me sembra, è all’origine della brama di potere e dell’arte, di Hitler e di Messner, della superstizione e della scienza, del delirio di avere raggiunto la meta e del lavoro per ampliare i confini della coscienza di noi stessi e della nostra relazione col mondo.

Il Sarto Ardito di questa cucitura paradossale è stato identificato come il portatore del peggiore oltraggio all’ordine costituito e crocifisso per questo.

Per certi versi (tre, in particolare), è  come dire che il nostro seme contiene una indicazione (la missione a effettuare la cucitura impossibile tra Finito e Infinito, tra la dimensione del Divenire e quella dell’Immutabile) e la condanna per chi prova a farlo.

Considerate la vostra semenza
Fatti non foste a viver come bruti
Ma per seguir verture e canoscenza

L’infinito

Caravaggio in città