Emanuela Pistone

Emanuela Pistone – Intervista sulla creatività

Emanuela Pistone è un’attrice e regista teatrale originaria di Catania che dal ’94 si occupa della promozione di progetti interculturali. L’amore e l’interesse per il mondo dello spettacolo, racconta, sono nati in maniera del tutto casuale, come conseguenza di una timidezza originaria. Su suggerimento di un amico, Emanuela Pistone inizia a frequentare dei laboratori teatrali cui si appassiona fino a iscriversi a una scuola di recitazione a Catania. Una volta ottenuti il diploma di recitazione e la laurea in lingue, decide di trasferirsi a Roma, dove segue un corso di perfezionamento in traduzione letteraria all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e inizia a lavorare per la Compagnia della Luna di Nicola Piovani.

Nella prima metà degli anni ’90, grazie all’iniziativa di alcuni studenti universitari allievi del traduttore Riccardo Duranti, direttore del corso di perfezionamento, Emanuela Pistone avvia con loro una collaborazione aiutandoli a mettere in scena un testo teatrale. L’attività proseguirà per quattro anni diventando un Laboratorio permanente di formazione teatrale guidato da E. P., la cui caratteristica principale è il lavoro su testi di autori contemporanei dell’Africa Subsahariana. Questo grazie a Paolo Maddonni, uno degli allievi, impegnato annualmente in progetti di collaborazione e aiuto in Africa dove aveva raccolto una serie di testi e di racconti teatrali africani. È l’inizio di una passione per l’Africa, le sue culture e i suoi autori, culminata nel 2005 con la fondazione dell’associazione Isola Quassùd che, partendo dalle pratiche teatrali come strumento di educazione trasversale, cerca di diffondere un’idea positiva di società multietnica attraverso attività rivolte a migranti di origini diverse, che crescono e si arricchiscono di anno in anno.

 

 

Alice: Che cos’è per lei la creatività?

 Emanuela Pistone: Una capacità visionaria che dà l’opportunità di guardare oltre, di ‘vedere’ ciò che è invisibile agli occhi. Credo che la creatività sia una caratteristica che possiedono molte persone, alcune hanno l’opportunità di sperimentarla mentre altre, più che impararla hanno bisogno che venga stimolata fornendo loro una serie di strumenti per poter esprimersi in un modo nuovo. Ad ogni modo, alla fine credo che creativi si nasca.

 

Ottavia: Quali sono i principali ingredienti del processo creativo?

 Emanuela Pistone: Un ingrediente del processo creativo è la capacità di vedere qualcosa che non è presente materialmente, un altro riguarda la capacità di concretizzare qualcosa che non esiste materialmente se non nella testa del visionario. Basti pensare alla creatività che viene espressa da ogni membro di un gruppo teatrale, scenografo, musicista, costumista, tecnici. Penso anche alla creatività di un artigiano che costruisce cose, alla creatività in cucina, nell’arredamento, nella moda, con le piante, nella scienza… La creatività non si manifesta solamente sul piano teorico ma anche su quello concreto, attraverso un pezzo artigianale o un arredamento, o una creazione in qualunque ambito. Il punto di partenza è una capacità visionaria a cui segue lo sforzo di renderla viva: allora può diventare un quadro, un oggetto, un abito, un giardino, una composizione musicale, una ricetta…

 

Alice: Come si sviluppa la sua creatività e in quali condizioni?

 Emanuela Pistone: Credo di ricevere più stimoli in ambienti caotici, tra le energie e gli stimoli di altre persone e oggetti. Per me sono importanti la collaborazione e l’ascolto dell’Altro. A questo proposito, la musica ha avuto, e ha, per me un ruolo fondamentale. Sono cresciuta con la musica dentro le mura di casa; mio fratello è musicista, e credo che questo abbia influito sullo sviluppo della mia parte creativa. La musica è per me il primo stimolo, ma trovo stimolanti anche le conversazioni altrui: entrare di traverso in conversazioni che non riguardano il mio ambito specifico mi incuriosisce, è un’altra fonte di stimolo. Comunque, all’interno del processo creativo ci sono fasi diverse e in alcuni momenti è necessario anche l’isolamento.

 

Ottavia: Che conseguenze ha sulle sue emozioni e sul suo stato d’animo la produzione creativa?

 Emanuela Pistone: La produzione creativa influisce sulle emozioni ma non in maniera lineare perché tutto dipende dalla specifica fase dell’atto creativo. Nella fase iniziale ci sono una grande esaltazione e una grande partecipazione emotiva perché si vede qualcosa per la prima volta. Dopo questa visione subentra invece una fase più concreta che può essere attraversata da sensazioni diverse come, ad esempio, il disprezzo per la cosa creata o in via di creazione. Ad ogni modo, vi è una grande influenza sulle emozioni perché la mia visione delle cose è condizionata dall’idea sulla quale sto lavorando in quel periodo.

 

Alice: Che incidenza ha l’atto creativo sulla percezione di sé?

 Emanuela Pistone: Sicuramente nell’atto creativo emerge il proprio essere. Io sono piuttosto autocritica, non sono quasi mai soddisfatta di quello che faccio e magari, a posteriori, mi trovo invece ad apprezzare ciò che avevo realizzato in passato. Non so dire se l’atto creativo determini dei grossi cambiamenti sulla percezione che ho di me stessa, sicuramente i momenti critici dell’esistenza coincidono con le fasi della parte creativa.

 

Alice: Cosa determina il suo atto creativo nel rapporto con gli altri?

Emanuela Pistone: In famiglia sono considerata un po’ fuori dalle regole, anche se in realtà quando conosco persone nuove vengo scambiata spesso per una professoressa. Credo sia a causa del mio aspetto borghese, rassicurante, che però contrasta nettamente con il mio modo di pensare e di fare.

 

Ottavia: Per lei è importante il riconoscimento degli altri per il prodotto creativo?

 Emanuela Pistone: Anche se molti artisti dicono di no, secondo me il riconoscimento degli altri è importante, a maggior ragione se si fa della propria arte il proprio mestiere. L’approvazione degli altri ha un peso, ma per alcune forme d’arte come la musica o il teatro, non credo che l’esibizione in pubblico sia il momento più determinante per l’artista; la composizione, la preparazione, la ricerca di alchimie, le prime esecuzioni, le prove, sono i momenti di maggior creatività. L’applauso del pubblico è certamente la gratificazione massima che un artista può avere sul palco, ma io non credo che coincida con l’apice della creatività.

 

 

Alice: Chi sono i principali fruitori del prodotto creativo? Come ne traggono giovamento?

Emanuela Pistone: Secondo me i principali fruitori sono gli artisti stessi, ma chiunque abbia voglia e abbia modo di accostarsi al risultato di un lavoro creativo può fruirne. Ci sono diverse categorie di persone che si avvicinano, in vari momenti, alla pratica creativa. I motivi possono essere i più diversi: per un’esigenza precisa, utilizzando l’arte come terapia; per il semplice piacere di gioire di un’attività diversa da quelle quotidiane. Molte persone che vivono ai margini della società non hanno la possibilità immediata di incontrare un atto, un percorso o un prodotto creativo, perché sono troppo impegnate a risolvere problemi più concreti e materiali; in questo caso, in qualche modo, andando incontro a chi non ha questa possibilità i risultati sono positivi. Questo è quello che cerco di fare con la mia associazione.

Ottavia: Quale immagine le viene in mente che possa ben rappresentare l’atto creativo?

 Emanuela Pistone: Dalla finestra del mio soggiorno vedo l’Etna, che in questi ultimi tre mesi ha dato uno spettacolo straordinario, perciò al momento per me non c’è atto creativo più forte di un’eruzione vulcanica: la potenza e la forza di un’energia incalcolabile e sotterrata, che ogni tanto ha la possibilità di emergere e che può anche distruggere.

 

Alice: Pensa che esista una relazione tra creatività e depressione?

 Emanuela Pistone: Non sono un’esperta dell’argomento, ma io stessa sono passata attraverso un periodo buio, un fatto piuttosto frequente nella categoria degli artisti. Siamo sempre di più ad avere queste sensazioni di sospensione, di attesa di un qualcosa che sembra non arrivare mai, che comporta una grande difficoltà di progettare, di guardare oltre. Quindi sì, credo che tra depressione e creatività ci sia un nesso.

 

Ottavia: Secondo lei, quando un prodotto creativo è davvero concluso?

Emanuela Pistone: Mai. Per me il prodotto creativo è in continuo movimento; anche un’opera che si fissa nel tempo (come un dipinto o un film) non ha mai una fine.

 

Ottavia: Pensa che la creatività sia un dono naturale, un privilegio di pochi o una competenza accessibile a tutti e che può essere allenata?

Emanuela Pistone: Credo che la creatività sia in parte un dono, una qualità, o meglio una caratteristica di alcune persone. È sicuramente possibile stimolare la creatività, fornendo una serie di strumenti a chi ha bisogno di esprimersi attraverso un linguaggio non verbale, ma io credo che l’arte non si possa imparare: creativi si nasce. Semplicemente qualcuno ha maggiori possibilità di altri di sperimentare la propria creatività.

 

Alice: Pensa che la creatività possa avere una funzione sociale, ad esempio nelle scuole o nelle attività di recupero del condannato?

Emanuela Pistone: Decisamente sì; la creatività è uno strumento trasversale rispetto alla possibilità di ottenere risultati positivi in moltissimi ambiti. L’arte è uno strumento poco definibile, complesso; è un modo a sé che viene percepito in modo diverso da ciascuno di noi. C’è una grande differenza tra chi sceglie di fare della propria creatività il proprio mestiere e chi invece utilizza il processo creativo per riempire o arricchire la propria esperienza di vita, ma tutte le forme d’arte possono avere una funzione sociale.

 

Intervista ed elaborazione di
Ottavia Alliata e Alice Viola

Isola Quassùd     –     Interviste sulla creatività

Punto tutto sul rosso

Punto tutto sul rosso
Adriano Avanzini

Realizzare dei quadri può avere qualcosa in comune con il gioco d’azzardo? Credo molto più di quanto si possa immaginare, almeno per quello che riguarda me. Provo a dirlo così, con una metafora semplice, anche se un po’ banale e inflazionata: nella vita si può scegliere di realizzarsi puntando sull’avere piuttosto che sull’essere; sul nero, piuttosto che sul rosso.

Su quale delle due opzioni, alla luce dell’esperienza vissuta, sia preferibile optare, ancora oggi permangono in me imbarazzanti perplessità. Comunque sia, di fatto, io ho puntato sulla seconda opzione, sulla casella rossa, sull’essere. Mi ero convinto che era così che bisognava fare.

Bene, per farla breve, i miei quadri sono come le fishes che si usano per puntare, e le ho messe lì, tutte, uno sopra l’altro, sulla casella rossa. Poi la pallina ha cominciato a girare e a girare, più volte. Più volte si è fermata, e si è fermata sul nero!

Ho perso? A questa domanda non so rispondere con certezza. Mi viene un pensiero però, ed è questo: vincere e perdere fanno parte di una stessa categoria, della categoria dell’avere; in quella dell’essere mica si vince o si perde come in una partita di calcio o una gara a chi arriva primo.

Forse allora tutte le volte che ho messo le fishes dei miei quadri sulla casella rossa non ho fatto altro che mettere cose, aggiungere tasselli su tasselli, al mio essere, alla mia identità? Che mi sia arricchito così?

Forse allora tutte le volte che ci si mette davanti ad una slot-machine o a qualsiasi altro gioco d’azzardo, si vorrebbe vincere un pezzo di sé, della propria identità? Solo che si punta sulla casella sbagliata, quella nera, quella dell’avere.

Torna all’indice della sezione

 

Il mito di Sisifo a San Donato

Il mito di Sisifo a San Donato milanese
Scuola Santa Maria Ausiliatrice
Via Sergnano, 10

Qualche notizia sul nostro mito di Sisifo

www.mariausiliatrice.it

 

 

Sisifo alla villa di Giove

Marco Ghirlandi

C’è un grande parco sopra la collina. I muri di recinzione intorno sono abbastanza alti, ma non difficili da scavalcare, e c’è un viale alberato lunghissimo che dal cancello sulla strada principale porta alla casa. La villa è grande, bellissima e nel giardino di fronte all’ingresso ci sono fontane dove zampilla acqua giorno e notte. Il proprietario è un boss, anzi il boss dei boss, si chiama GIOVE; con lui vive ADE il fratello, suo braccio destro.

ASOPO è il giardiniere e tutto fare della villa, ha il compito di pulire le fontane e le piscine. Vive in una dependance con EGINA sua figlia che, come molti adolescenti, non sopporta il padre; vorrebbe fosse in un posto d’onore accanto a Giove e non un umile giardiniere. Padre e figlia litigano in continuazione perché lei rientra la notte tardi e fuma troppo.

Dopo un inverno particolarmente arido, l’acqua inizia a scarseggiare e le forniture idriche non ne danno a sufficienza per le fontane.

Giove ordina quindi a Asopo di porvi rimedio; il giardiniere decide di deviare, direttamente nel parco della villa, la conduttura dell’acqua che fornisce il quartiere di Corinto sotto la collina. Lo sfarzo del parco è garantito.

SISIFO è un piccolo boss del quartiere di Corinto, un bulletto spaccone che con il suo atteggiamento spavaldo è riuscito a diventare un riferimento per il quartiere. Tutti si rivolgono a lui per qualsiasi necessità, salvo poi contraccambiare con favori sempre più vincolanti.

La mancanza d’acqua diventa in breve un problema e tutto il quartiere pretende che Sisifo lo risolva. Con la spavalderia che lo contraddistingue Sisifo, che aveva già intuito qualcosa, promette che risolverà il problema, ma quando raggiunge la collina rimane incantato. Non aveva mai visto tanta bellezza. Decide così di tornare più volte alla villa per capire come trarne vantaggio. Trova il modo di scavalcare il muro di recinzione e di introdursi nel parco dove osserva di nascosto le feste attorno alle fontane e a le piscine.

Ora ha capito, è questa la vita che vuole fare e pensa di avere tutte le capacità per primeggiare anche fra i frequentatori della villa. Una sera mentre sta per scavalcare il muro di cinta sente Asopo e Egina che litigano come sempre. Lei esce sbattendo la porta e, mentre lei si accende una sigaretta, un macchinone che sta rientrando frena sul viale. Ne esce Giove che abbraccia Egina e la fa salire in macchina per poi dirigersi verso la villa.

Qualche giorno dopo Sisifo incontra Asopo a Corinto. Camminano sullo stesso marciapiede, Sisifo lo riconosce e provocatoriamente non gli dà il passo. Asopo si crede potente perché lavora da Giove e minaccia Sisifo dicendogli di abbassare la cresta. L’alterco sfocia in una lite; Sisifo rinfaccia ad Asopo lo spreco d’acqua nella villa, lo deride per la sua incapacità di controllare la figlia e poi gli promette di rivelargli dove è la figlia solo se in cambio riporterà l’acqua nel quartiere di Corinto. Non contento della risposta positiva, Sisifo umilia Asopo davanti a tutti i ragazzi del quartiere facendolo inginocchiare.

Quando Asopo chiede di sua figlia a Giove questi si arrabbia tantissimo, chiama suo fratello Ade e gli ordina di mandare Tanatos detto Tano il killer a uccidere Sisifo.

A Tano piace bere, lo tiene nascosto, ma Sisifo l’aveva visto una volta che era entrato nel giardino bere direttamente da un bottiglione e poi nasconderlo.

Quando Tano arriva a casa di Sisifo per ucciderlo questi lo ubriaca. Sentendosi sempre più forte e furbo, Sisifo va nella villa di Giove candidandosi come suo braccio destro e promettendogli di contribuire ad ampliarne il potere.

Giove pensa che Sisifo è troppo stupido per poter diventare un suo luogotenente, ma l’arroganza del giovane gli ricorda la sua gioventù. Decide di non ammazzarlo e di assegnargli, invece, una “missione”, in realtà una specie di vendetta che possa essere per tutti un monito e la dimostrazione di chi detiene il potere.

Lo lusinga dicendogli che potrà diventare il suo autista personale… ma solo dopo che lo avrà fatto per un po’ per tutta la “Famiglia”. Così Sisifo si ritrova a dover scarrozzare su e giù i componenti del clan e i loro parenti. Un eterno andare e venire a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza rendersi conto che, se anche è alla guida della macchina del boss dei boss, lui rimane seduto a prendere ordini, mentre quelli che contano, compresi i bambini, sono seduti dietro a darglieli.

Torna all’indice della sezione