Una bussola nuova in famiglia

Il rancore è quel sentimento che ci logora e ci mangia dentro, è il fuoco che brucia l’anima per qualcosa che abbiamo subito, può essere un torto, una mancanza, un abbandono volontario o involontario da parte di una persona che per noi può essere cara.

Il rancore in me si è acceso quando ero ancora  piccolo e avevo capito che mio padre mi aveva abbandonato e mia madre non mi dava né una carezza né un abbraccio.

L’unica persona che, con tutto il bene che mi voleva, dandomi valori, principi, da mangiare e tutto ciò che mi serviva per crescere, venne arrestato ed io ho provato l’abbandono più grande.

Quella persona è mio fratello, che oltre ad essere mio fratello è stato anche il padre che non ho avuto, dandomi amore e  protezione. Quando venne arrestato, dentro di me ho provato rabbia e rancore fortissimi verso le istituzioni: colui che davvero mi voleva bene mi era stato tolto.

Crescendo, ogni giorno che passava, davo da mangiare e facevo ingrassare quel rancore e, quasi senza rendermene conto, ho iniziato a percorrere la strada che mi ha portato a commettere reati e, allo stesso tempo, a sentirmi orgoglioso di emulare quel fratello che sulla stessa strada si era fatto un nome.

Il tempo passa, cresco e con me cresce anche la portata dei reati, arrivando così ai primi fermi di polizia. Il rancore è sempre li, fermo come una fiamma accesa di una candela che brucia ma non si spegne e con la quale più e più volte mi sono scottato.

Sono sicuro che anche altri come me hanno dovuto mediare con i conflitti che abbiamo dentro di noi, per evitare di trasformare il rancore in voglia di  vendetta. Non è un compito facile, fa male perché dentro di te senti che vorresti esplodere, spaccare tutto, ma è l’unico modo per poter andare avanti.

Oggi ho 35 anni, sono padre di un ragazzo di 14 e su quel rancore sto lavorando, cercando di vedere tutto da prospettive diverse. Oggi cerco di rompere gli schemi e la corazza che mi ero creato per non mostrare le mie debolezze, di accettare giudizi e critiche, di far tesoro dei consigli, aprendomi e tirando fuori ciò che ho dentro senza vergogna, cosa che mi è sempre stata difficile. Ora so che la vergogna è la vita che facevo prima e non quella che ho deciso di intraprendere oggi.

Lavorare su me stesso è l’unica speranza che ho per spegnere la rabbia e il rancore che ho dentro e non c’è, secondo me, cura migliore se non quella di buttare fuori tutto per ricominciare da zero. Voglio che mio figlio sia orgoglioso del padre sano e pulito che sono oggi e non di quel padre che ha passato anni in galera, senza stargli vicino.

Non posso e non voglio più essere io il Sisifo che spinge il macigno pesante per tutta la vita, vivendo in un mondo duro, fatto di falsità, sofferenza e menefreghismo. Voglio essere un vero uomo, sincero, prima di tutto con me stesso, poi con gli altri. So benissimo che non si può cancellare il passato di una persona, ma penso che con buona volontà, costanza e con l’aiuto di persone sane, vere, che credono nel riscatto, la scalata verso la rinascita può essere molto meno faticosa.

Mirko Manna

Percorsi della devianza
Il diritto al rancore e il paradosso della mente ubriaca

Simboli per il dramma di Corinto

Le immagini, ottenute con l’aiuto dell’AI, sono elaborazioni dei simboli ideati dagli studenti del Pesenti di Bergamo per rappresentare il conflitto tra gli dei dell’olimpo e i cittadini di Corinto, i potenziali sviluppi e, non da ultimo, alcune delle possibili soluzioni ideali per superare il conflitto tra insegnanti e studenti, tra autorità e cittadini e, più in generale, tra adolescenti e adulti.

La siccità che ha messo a dura prova tutta la città ha anche indotto Sisifo, re di Corinto, a sviluppare verso il dio dell’acqua Asopo, verso Giove, capo tra tutte le divinità dell’Olimpo e, in generale, verso tutte le “divinità/autorità dell’Olimpo”, un rancore che ne ha condizionato fortemente le scelte e che lo ha portato a sviluppare l’arroganza cui Giove risponderà con la famosa punizione/vendetta del masso.

 


Bergamo: Giornata conclusiva dell’iniziativa su “Approcci utili per i conflitti tra insegnanti e studenti“. Sul palco la preside dell’istituto, prof.ssa Veronica Migani, Angelo Aparo, Matteo Manna del Gruppo Trsg, e gli studenti del Pesenti Kushal Bagha, Gabriel Billeci e Adam Haqhaqi.

«Ragazzi, dopo il risultato ottenuto con la vostra rappresentazione del mito di Sisifo nel carcere di Opera, oggi vi propongo una cosa non facile. Cioè interrogarci su cosa può vivere un adolescente che non si sente aiutato o sostenuto nella sua crescita e nella ricerca del proprio futuro. È una sfida impegnativa. La mia proposta è quella di ideare un simbolo che rappresenti ciò di cui voi sentite di aver bisogno, quello che vi sembra necessario avere dal mondo degli adulti per fare la vostra strada.

Vorrei anche riuscire a concepire un simbolo che rappresenti l’idea di una comunità eterogenea, composta da persone provenienti da diverse parti del mondo (come siete già voi stessi), ma unite da un obiettivo comune: costruire il mondo di domani, cioè il mondo in cui vivrete da adulti. Come l’acqua che mancava a Corinto, questo simbolo deve indicare una risorsa essenziale, vitale. Abbiamo l’esigenza di costruire un mondo capace di tener conto della diversità e di un simbolo che rappresenti questo obiettivo. Vi invito a realizzarlo senza risparmiare mezzi, mettendo in campo tutta la vostra creatività e passione. Questo simbolo potrà diventare il segno distintivo della vostra scuola e una testimonianza concreta di ciò che siete in grado di fare»

Angelo Aparo

Mohamed Ounnas e Angelo Aparo lottano per avere il poco che resta dell’acqua a Corinto.

 

Adam Haqhaqi: Immagino un Giove sconfitto, che tenta invano di stringere tra le mani una bilancia simbolo del suo potere. Attorno a lui, un gruppo di adolescenti, provenienti da ogni angolo del mondo, unisce le forze per sfidare e abbattere un’autorità ormai priva di credibilità.

 

Marwan Toukami: Immagino una marionetta, strettamente controllata dall’autorità e dal potere, che si dimena con tutte le sue forze per spezzare i fili e liberarsi dal giogo del controllo.

 

Ranbir Singh: Vedo degli adolescenti, provenienti da culture e origini diverse, lavorano insieme per ridurre il peso del masso. Rappresentano il potere della diversità, dell’inclusione e della collaborazione. Simboleggiano l’importanza della comunità e del supporto reciproco. La loro unione dimostra che, affrontando le difficoltà insieme, il peso del masso diventa più gestibile.

 

Carlo Caroli: Immagino una bandiera italiana, simbolo di accoglienza e unità, su cui sono cucite le bandiere dei paesi d’origine degli adolescenti che studiano nella nostra scuola. Un mosaico di colori e identità che racconta storie di integrazione, diversità e speranza.

 

Massimo Rinaldi: Vedo una bilancia sollevata da molte mani, simbolo di unione e forza collettiva. Su uno dei piatti c’è il masso di Sisifo che, mano a mano, diventa leggero come iuna piuma, perché la coscienza condivisa e la forza del gruppo ne riduce il peso.

 

Omar Fouah: Un’aquila maestosa si lancia in picchiata dalla montagna, incarnando potenza e determinazione, mentre un masso, simbolo di oppressione e peso interiore, si trasforma lentamente in una piuma. È la rappresentazione di una coscienza che si alleggerisce, liberandosi dal fardello.

 

Mouhamed Khouma Seydina: Vedo molti studenti di diverse etnie unire le loro forze per spingere insieme un masso verso la cima della montagna. Ogni spinta rappresenta la condivisione della fatica e del sacrificio, uniti dalla determinazione di raggiungere l’obiettivo comune: trasformare quel masso in coscienza, un simbolo di crescita, consapevolezza e collaborazione.

 

Gabriel Billeci: Giovani adolescenti, provenienti da paesi e culture diverse, sostengono insieme un mondo. Sopra di esso si trova un anziano, simbolo di un’autorità credibile, con orecchie enormi, a rappresentare la sua capacità e competenza nell’ascoltare i giovani.

 

Massimo Zanchin, componente del gruppo del carcere di Opera: la moneta di Corinto è la sintesi di due dei tanti possibili percorsi ed esiti del rapporto tra adolescente e adulto, studente e insegnante, cittadino e autorità pubbliche, detenuto e figure istituzionali.

Il mito di Sisifo

La moneta di Corinto

Realizzata da Massimo Zanchin,
la moneta di Corinto è la sintesi di due dei tanti possibili percorsi ed esiti del rapporto tra adolescente e adulto, studente e insegnante, cittadino e autorità pubbliche, detenuto e figure istituzionali.

Il mito di Sisifo

 

 

 

Sisifo al Pesenti di Bergamo

  • Sisifo ascolta i contadini che si lamentanao della siccità. In questo caso, il re di Corinto, assistito da due dei suoi gendarmi, è costretto a respingere gli assalti del contadino Luca, che pretende l'acqua nello stile di un tossicodipendente che non sente ragioni e non riesce a procrastinare.

Le foto, di Lara Giovanelli, riprendono alcune fasi della costruzionne del Mito di Sisifo al Cesare Pesenti di Bergamo. Obiettivo dell’iniziativa era riflettere  con gli studenti e i docenti sui conflitti tra allievi e insegnanti e, più in generale, tra adolescenti e adulti. Le foto finali sono dell’ultima giornata con docenti e studenti.

Il Mito di Sisifo

Il Gruppo Trsg e il Mito di Sisifo

Il Gruppo della Trasgressione del Dott. Angelo Aparo, è un gruppo formato da detenuti e persone volontarie esterne. Un gruppo unito, compatto, fatto di belle persone con mentalità e punti di vista differenti. C’è chi si scopre scrittore, poeta, attore, cantante, opinionista e qualche volta anche tuttologo. C’è chi allarga le proprie vedute e chi prova a modificarsi perché crede al cambiamento. Insomma, un gruppo magico.

Il gruppo ricerca gli aspetti che possono portare le persone a intraprendere la strada dell’illegalità, riflettendo sulle scelte e sugli elementi che fanno parte dell’uomo e della sua vita. Sostanzialmente, il gruppo porta a ragionare e dà un aiuto nel recupero. Lo strumento principale è il dialogo, ma non solo. Infatti, il Gruppo della Trasgressione, oltre ad andare nelle scuole a mettersi in discussione e fare eventi presso teatri, ha una cooperativa che opera nel settore commerciale con la finalità di dare lavoro ai detenuti.

Nel corso di questi incontri, mi sono chiesto: “perché parlare di alcuni argomenti come L’infinito di Giacomo Leopardi o il dipinto di Caravaggio La chiamata di San Matteo?”.

I temi principali che trattiamo sono le regole, la trasgressione e le scelte di vita che molte volte ci portano a sbagliare e a ritrovarci in un posto come questo. È anche vero che chi non sbaglia non può imparare.

Sono più che convinto che la fonte di coscienza è fonte di sapienza. Tutto questo per me è consapevolezza di essere capace di avere un pensiero libero, perché attraverso la riflessione possiamo ragionare sugli errori commessi in passato. Per tutto questo, grazie a tutta l’equipe che giorno dopo giorno ci dà l’opportunità di cambiamento e di crescita.

Nel corso del nostro ultimo incontro, viene portato in discussione un argomento: il mito di Sisifo. Dentro di me un vuoto…in silenzio mi chiedo: “MA CU’ È STU SISIFO…?”.

L’unica cosa che credo di aver capito è che era un mitico re dell’antica Grecia. La curiosità e la possibilità che venga chiesto il mio parere nei prossimi incontri, mi porta a leggere la storia; spero di aver capito il significato di questo argomento.

La storia racconta che Sisifo, re dell’antica Grecia, figlio di Eolo, re dei venti, fu punito da Zeus per la sua arroganza. Sisifo infatti, aveva sorpreso Zeus in un comportamento illecito: stava rapendo una fanciulla di nome Egina (figlia di Asopo, dio fluviale) per abusare di lei, ma invece di tacere lo denunciò. Asopo donò in cambio la sorgente di Pirene alla città di Sisifo (Corinto) che stava vivendo il problema della siccità. Per questo comportamento Zeus, lo fece perseguitare dalla personificazione della morte, in greco “Thanatos”, morte che Sisifo riuscì ad evitare varie volte. Quando infine morì, fu condannato a spingere con gran fatica una grande pietra in salita su di un monte, ma appena raggiunta la vetta, la pietra rotolava giù e tutto ricominciava, senza avere mai una fine.

La mia riflessione è che dopo esserci confrontati, in una parvenza di discussione, per tutto il Gruppo della Trasgressione le vicende di Sisifo sono diventate un racconto per guardarsi dentro e per comunicare con la società.

Lo scopo del mito di Sisifo è di far capire come l’arroganza è un sistema per rovinare l’esistenza gli uni degli altri.

L’intento del gruppo è far ricredere le persone sugli sbagli fatti, cercare di farli cambiare, dando un giusto senso alla loro vita e aiutare persone in bilico, perché spesso chi è vittima diventa un carnefice.

Sul mito di Sisifo, alcuni di noi del Gruppo della Trasgressione, si caleranno nelle vesti dei personaggi di questa storia, facendo uno spettacolo teatrale. L’obiettivo è quello di fare arrivare al pubblico il messaggio di presa di coscienza e di consapevolezza, imparando a cercare dentro sé stessi il perché delle scelte che ci hanno portato a fare reati.

L’arroganza, l’abuso, o meglio ancora la sete di potere porta ad un bivio. La prima via è quella di accettare delle regole che servono per migliorare; la seconda è quella negativa, cioè quella di volere sempre più successo, lusso e potere, trasgredendo il limite e le regole.

Per poter migliorare, bisogna riconoscere i propri errori e rimettersi in gioco intraprendendo un percorso di cambiamento.

Concludo con un mio pensiero: consiglio di non crearsi “MITI”, perché inseguire un mito sbagliato o in maniera sbagliata, porta a perdere la reale strada da seguire e a fare scelte sbagliate che, alla fine dei conti, hanno tragici effetti su noi stessi, sulla nostra famiglia, su quella delle vittime e sulla società.

Il Gruppo della Trasgressione o lo ami o lo odi. Una cosa è sicura, lascia un marchio indelebile dentro di te.

Grazie a tutti i miei compagni, ma soprattutto, grazie a tutto l’equipe del gruppo, coadiuvato da un guerriero senza tempo, il nostro prof. Angelo Aparo.

Michelangelo Maurizio Lesto

Il Mito di SisifoChi siamo

Relazione finale di tirocinio

Leonardo Esposti, matricola 953451
Tirocinio curricolare presso l’associazione: “Trasgressione.net
Corso di Laurea: Scienze dei Servizi Giuridici
Periodo : 08.03.2022 – 13.06.2022

Caratteristiche generali del tirocinio: l’istituzione, l’organizzazione o l’unità operativa in cui si è svolta l’attività, l’ambito operativo, l’approccio teorico e pratico di riferimento
Trasgressione.net è un’associazione ONLUS costituita da detenuti ed ex-detenuti, familiari di vittime, studenti, professionisti e liberi cittadini, il cui obiettivo è contribuire a un percorso di maturazione, riabilitazione e responsabilizzazione personale del detenuto, finalizzato al suo reintegro nella società civile.

Tale associazione si occupa delle iniziative culturali e sociali del Gruppo della Trasgressione che opera a diretto contatto con i detenuti, sia all’interno delle tre carceri milanesi per adulti, sia esternamente nella sede di Via Sant’Abbondio 53A, sempre a Milano.

Il Gruppo, oltre che dell’associazione, si avvale anche del sostegno di una Cooperativa Sociale il cui obiettivo è quello di coltivare e rafforzare il rapporto di progettualità tra i detenuti, gli altri componenti del gruppo e, più in generale, il mondo esterno.

Descrizione dettagliata del ruolo e delle mansioni svolte:
Durante il periodo di tirocinio ho partecipato regolarmente agli incontri del Gruppo esterno, a quelli all’interno delle carceri di Opera, San Vittore e Bollate, nonché ai numerosi eventi organizzati dall’associazione.

Gli incontri esterni, con cadenza settimanale, mi hanno consentito di approfondire numerosi temi quali:

  • Il reato e l’abuso;
  • Alcune diverse letture del concetto di libertà;
  • La banalità del male e la mediocrità dell’uomo;
  • L’arroganza del deviante;
  • La responsabilità del detenuto e delle istituzioni;
  • Il significato della punizione, la riabilitazione e il reinserimento del detenuto nella società civile;
  • Il rapporto tra genitori-detenuti e figli;
  • La prevenzione della devianza giovanile;
  • Le micro-scelte quotidiane che portano alla devianza e alla macro-scelta dell’attuazione di un reato;

Nel corso degli incontri all’interno delle carceri ho avuto una collaborazione diretta con i detenuti. Con essi ho instaurato un dialogo utile alla comprensione di storie di vita difficili e di percorsi di devianza dolorosi.

Durante tali incontri è stato molto importante il ruolo del coordinatore del gruppo che coinvolgeva tutti noi tirocinanti a partecipare attivamente al dialogo con i detenuti e a collaborare in attività concrete.

Attività concrete, metodi e strumenti adottati:
Il Gruppo della Trasgressione, estroso e poliedrico, ha organizzato numerose attività culturali a cui ho avuto l’occasione di partecipare.

Il 9 Marzo 2022 nel carcere di Opera, in collaborazione con il gruppo ForMattArt, è stata organizzata una mostra-incontro con gli studenti di una Scuola secondaria di Milano che hanno interagito con alcuni detenuti dei reparti di media e alta sicurezza. Nella prima parte dell’incontro sono stati visionati e discussi molti lavori artistici audiovisivi di diversa natura (immagini astratte, foto, dipinti, video, tracce audio) che rimandavano all’idea di sofferenza, ai sogni dei detenuti, all’idea di giustizia e al valore dell’articolo 27 della Costituzione. Si è trattato di un percorso guidato che invitava alla visione di quadri raffiguranti immagini di sbarre, visi di persone o persone rannicchiate, il tutto accompagnato da un sottofondo audio che proponeva domande come: “Ti senti responsabile per quello che hai fatto?” “Infrangi spesso le regole?” “Segui i principi della tua morale oppure quelli del Diritto Costituzionale?”. Continuando il percorso, si arrivava a un tavolo dove potevamo sfogliare gli scritti di bambini su quadernini che riportavano i loro sogni, le loro speranze, i loro sentimenti, le loro preoccupazioni. Infine, su una costruzione di legno a forma di sfera si poteva leggere l’incisione dell’articolo 27 della Costituzione: “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Nella seconda parte dell’incontro è stato organizzato un laboratorio didattico in cui gruppi misti di studenti, detenuti e tirocinanti come me, hanno composto delle frasi di senso compiuto estrapolando parole da vari ritagli di giornale. Le frasi riflettevano, per esempio, il sentimento del detenuto tradito dall’ambiente di provenienza, dai suoi amici, dai modelli di riferimento; la sua tristezza, il dispiacere e il rimorso per quello che ha fatto; la speranza nelle prospettive future di riabilitazione e di crescita personale. Questo incontro, avvenuto il giorno del mio primo ingresso nel carcere di Opera, è stato particolarmente emozionante e mi ha fatto comprendere il modus operandi del Gruppo nella pratica reale.

Nei successivi incontri, sempre nel carcere di Opera, ho assistito alla rappresentazione teatrale del mito di Sisifo. Una rappresentazione rivisitata, frutto dell’ingegno del coordinatore del gruppo della Trasgressione il dottor Angelo Aparo. Il mito di Sisifo in questa versione è stato scelto e sfruttato per trattare diverse tematiche quali: il rapporto tra il detenuto e l’autorità, l’arroganza del detenuto e il rapporto tra detenuto e figlio.

Sisifo è il re di Corinto, città che attraversa un periodo di gravissima siccità. Gli abitanti pregano gli dei e, in particolare, fanno sacrifici in favore di Giove e di Asopo, dio delle acque, affinché questi concedano a Corinto una sorgente per coltivare i campi. Ma gli dei si dedicano ai loro festini mentre il popolo di Corinto muore di sete. Sisifo, senza andare troppo per il sottile, riesce a procurare l’acqua al suo popolo, ma incorre nelle ire del re dell’Olimpo, che si vendicherà con la famosa pena del masso”.

Nella simbologia teatrale, Sisifo, che vive in un mondo in cui la violenza è alimentata e innaffiata continuamente, rappresenta l’arroganza dello stile deviante, che si manifesta con un costante disdegno verso le regole e un’irritante altezzosità verso il prossimo.

Asopo, il dio dell’acqua, dileggiato da sua figlia a causa delle compagnie poco raccomandabili che egli frequenta e per la totale assenza di credibilità come genitore, rappresenta un’autorità che conosce la violenza come unico mezzo per farsi rispettare.

Il 30 Marzo e il 7 Aprile sono stati organizzati due incontri al Liceo Artistico di Brera (con sede in Via Camillo Hajech) in cui detenuti e studenti hanno potuto riflettere sulle ragioni della devianza. Durante questi incontri ci si è interrogati sulle variabili che incidono sulla tipo di risposta che viene data alla frustrazione. Tra i vari interventi dei detenuti sono emersi i numerosi fattori scatenanti la devianza, tra cui l’ambiente sociale e il contesto in cui ognuno di noi nasce, cresce e vive; la sensazione di impotenza e le fragilità interne che conducono sovente anche all’uso e all’abuso di sostanze stupefacenti; il desiderio di accumulare denaro e beni voluttuari e infine la seduzione che la vita da criminale e i soggetti di riferimento esercitano sul futuro deviante.

Tra le varie iniziative proposte dal Gruppo, la più importante è sicuramente il convegno tenutosi il 30 Maggio 2022 al Senato di Roma nella Sala Zuccari del Palazzo Giustiniani, che ha visto la partecipazione di importanti cariche istituzionali come il Ministro della Giustizia Marta Cartabia, il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Carlo Renoldi e i due Senatori della Repubblica Franco Mirabelli e Monica Cirinnà, nonché di alcuni ex-detenuti e detenuti in permesso speciale. Il convegno è stato un’importante occasione per presentare alle cariche istituzionali la filosofia del Gruppo e il suo modo di operare, allo scopo di stringere una proficua collaborazione con le istituzioni stesse.

Presenza di un coordinatore o di un supervisore e modalità di verifica e di valutazione delle attività svolte:
Il Gruppo della Trasgressione è coordinato dal Professor Aparo, terapeuta ed ex-Docente universitario, il quale propone, ad ogni incontro, nuovi temi e spunti di riflessione da cui nascono ricche discussioni e occasioni di confronto. Il prof. Aparo ha prestato particolare attenzione al percorso di maturazione personale di noi tirocinanti, coinvolgendoci sempre nelle attività proposte e invitandoci a redigerne costantemente relazioni e verbali.

Conoscenze e abilità acquisite:
L’esperienza con il Gruppo della Trasgressione, attraverso un approccio pratico e moderno, mi ha permesso di approfondire la conoscenza del mondo carcerario e della giustizia penale, soggetti da me analizzati parzialmente e solo da un punto di vista teorico durante il percorso di studi. In particolare ho imparato a instaurare un dialogo autentico con l’autore del reato e ad avere una maggiore comprensione delle motivazioni, dei sentimenti e delle fragilità che sono alla base della devianza.

Il contatto diretto con i detenuti e il mondo carcerario in generale mi hanno fatto capire che per riabilitare e riforgiare un uomo in detenzione l’istituzione dovrebbe assegnargli una funzione e responsabilizzarlo nei confronti della cittadinanza libera. Da studioso del Diritto, questa visione aperta del Gruppo mi pare rappresenti un punto di partenza per rivoluzionare la ratio classica della pena da scontare.

Caratteristiche personali sviluppate:
Far parte del Gruppo della Trasgressione ha migliorato le mie capacità interpersonali e relazionali attraverso l’ascolto delle esperienze dei detenuti, e mi ha aiutato a espormi in prima persona e a mettere a nudo con me stesso, prima che con gli altri, alcune fragilità e insicurezze.

Il Gruppo, inoltre, è stato fondamentale per spingermi a mettere in discussione certi stereotipi e pregiudizi sul mondo carcerario e per apprezzare il valore della cooperazione tra membri che desiderano farsi promotori di un cambiamento nell’istituzione.

Altre eventuali considerazioni personali:
In Italia, ogni giorno, più di cinquantacinquemila persone vivono una costante situazione di crudeltà e sofferenza psico-fisica, completamente inconciliabile e contrastante con la nostra Costituzione e con i Trattati Internazionali che la Repubblica si è impegnata a osservare.

Il primo passo per riabilitare il detenuto è quello di riconoscerne la dignità in qualità di essere umano, malgrado l’efferatezza del crimine da lui commesso. Privare un detenuto dei diritti fondamentali, infliggendogli una pena inutilmente dolorosa, significa negargli ab origine la sua dignità. Ritengo infatti che una logica punitiva squisitamente retributiva, secondo cui il dolore sarebbe l’unica moneta con cui il detenuto ripaga il danno che ha causato alla società, porti alla patologia del sistema e ad un alto tasso di recidiva.

Concludendo, a mio avviso, il detenuto dovrebbe essere messo nelle condizioni di esercitare delle funzioni di responsabilità, attraverso l’assegnazione di un lavoro e l’approfondimento della propria cultura. Questa seconda visione meglio si concilierebbe con i valori enucleati in larga parte nei Principi Fondamentali della Carta Costituzionale, ma non solo: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale […]. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine […] sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. E ancora: La responsabilità penale è personale. […] (art. 3 Cost.). Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (art. 27 Cost.). Il “recupero sociale del condannato” è “fine ultimo e risolutivo della pena”, da attuare attraverso un vero e proprio riconoscimento di un “diritto all’educazione” (Sent. Corte Cost. n. 204/1974).

La rieducazione del condannato passa attraverso una serie di strumenti che lo Stato e i liberi cittadini decidono di mettere a disposizione. E in tal senso si innesta l’operato del Gruppo della Trasgressione.

Indice dei Tirocini

Interrogarsi sulla trasgressione

Anita Saccani, Matricola: 792514
Tirocinio professionalizzante – Albo A, Area Sociale
Tipo di attività: Stage esterno
Periodo: 15 Aprile 2021 – 14 Ottobre 2021
Titolo: Interrogarsi sulla trasgressione

Caratteristiche generali dell’attività svolta
Ho svolto il secondo semestre del mio tirocinio professionalizzante presso il Gruppo della Trasgressione, una realtà composta da studenti, detenuti e liberi cittadini, fondata e coordinata dal Professor Angelo Aparo, psicologo e psicoterapeuta. L’associazione opera nelle case di reclusione di San Vittore, Bollate e Opera, e nel territorio milanese, con l’obiettivo di favorire la collaborazione e il dialogo tra detenuti e cittadini.

Il Gruppo della Trasgressione utilizza la devianza, in tutte le sue forme e sfaccettature, come punto di partenza per generare riflessioni sull’essere umano e sulla società in generale. Lo scambio reciproco di pensieri e idee favorisce la costruzione di un rapporto sincero tra i membri del gruppo, vengono abolite le etichette, non ci sono più detenuti, studenti, ex-detenuti o parenti di vittime, ma ci sono cittadini che insieme lavorano per costruire una società in continua evoluzione e miglioramento. È fondamentale ricordare che la trasgressione è una componente presente nell’animo umano e non basta “rinchiuderla” in una cella e dimenticarsi della sua esistenza per far sì che cessi di esistere, al contrario è necessario interrogarsi su di essa, formulare domande sulle sue origini e i suoi sviluppi e, in seguito, proporre risposte che possano aiutare a comprenderla e, nel possibile, a contrastarla.

Il particolare tipo di approccio del Professor Aparo consente ai membri del gruppo di interrogarsi su loro stessi, sulle proprie fragilità e certezze, sulle esperienze di vita e sui valori in cui ognuno crede, consentendo così un percorso di crescita e di conoscenza del sé atto a comprendere e riconoscere le responsabilità che ogni persona possiede nei confronti della società, sia come individui che come collettività. Le iniziative del Gruppo della Trasgressione mirano quindi a costruire relazioni e dinamiche di gruppo che consentano a un detenuto, o ex-detenuto, di sentirsi parte integrante della società e, di conseguenza, di sentirsi responsabile di essa.

 

Descrizione dettagliata del tipo di ruolo e mansioni svolte
Nel Gruppo del Trasgressione il tirocinante è prima di tutto un membro del gruppo
; quindi, è richiesta la sua partecipazione attiva a tutte le attività e iniziative del gruppo. A livello pratico, inizialmente ci si occupa della stesura dei verbali degli incontri; in seguito, man mano che si prende confidenza e conoscenza della filosofia del gruppo, si partecipa ai vari progetti in corso. Nel mio caso ho partecipato alle Interviste sulla Creatività e alla costruzione di progetti di prevenzione della devianza da attuare nelle scuole di Rozzano. Inoltre, lo studente è invitato a contribuire alle riflessioni trattate dal gruppo producendo degli scritti argomentati e coerenti, che verranno in seguito pubblicati sul sito.

Personalmente, ho avuto anche la possibilità di partecipare agli ultimi mesi di vita della Bancarella di Frutta & Cultura che si teneva il sabato mattina al mercato di Viale Papiniano, dove studenti e detenuti lavoravano insieme per promuovere le attività e ampliare le reti di conoscenze del gruppo, oltre che per vendere la frutta.

Infine, ho partecipato ai vari eventi organizzati dal gruppo durante il periodo del mio tirocinio, quali:

  • Il Concerto della Trsg-Band a Parabiago (24 Giugno)
  • L’evento di Pulizia del Parco delle Memorie Industriali di Milano e la messa in scena dello spettacolo “Il mito di Sisifo” (17 e 18 Luglio)
  • L’incontro tra Scout e detenuti nella casa di reclusione di Opera (18 Settembre)

 

Attività concrete/metodi/strumenti adottati
Gli incontri tradizionali del Gruppo della Trasgressione si tengono il Lunedì e il Martedì (14-17). Durante gli incontri vengono trattati diversi temi e ognuno può contribuire alla discussione, arricchendola con le proprie riflessioni. Quando ho iniziato il tirocinio, l’incontro del Lunedì verteva sulla “Banalità del Male”: ogni settimana si sceglieva un film da vedere e durante l’incontro si sviluppavano riflessioni intorno al film scelto. È stato molto arricchente, soprattutto perché sono state analizzate varie strade che portano al “male”: dall’abuso di sostanze stupefacenti alla carenza di affetto da parte dei famigliari, dalla nascita in contesti socioculturali sbagliati alle micro-scelte che portano sulla via della perdizione. Gli incontri del Martedì invece erano focalizzati sul rapporto “Genitori e Figli”: venivano quindi discusse le dinamiche famigliari che portano alla costruzione di rapporti difficili tra genitori e figli, soprattutto quando il genitore è un detenuto e, di conseguenza, è impossibilitato ad esercitare il proprio ruolo di genitore.

Successivamente, con l’attenuarsi della situazione pandemica, mi è stato possibile frequentare anche gli incontri interni alla casa di Reclusione di Opera, sia con i detenuti in alta sicurezza che con i detenuti comuni. Gli incontri interni sono molto simili come “modus operandi” agli incontri esterni: detenuti e tirocinanti si confrontano sui vari temi che tratta il Gruppo della Trasgressione e in questo modo contribuiscono alla crescita reciproca. Il detenuto, che spesso ha il doppio dell’età del tirocinante, condivide pezzi della sua vita ed elabora riflessioni sulle possibili origini della propria devianza e in che modo il percorso fatto all’interno del carcere lo abbia aiutato a prendere coscienza di sé stesso e delle proprie azioni; il tirocinante, d’altra parte, offre un punto di vista giovane, sincero e da esterno ai fatti, cercando di silenziare i pregiudizi e di mettersi in gioco attivamente.

Inoltre, ho partecipato anche al progetto delle “Interviste sulla Creatività”: sono state progettate interviste da rivolgere ad artisti, figure istituzionali e giornalisti, utilizzando la creatività come tema centrale. Lo scopo di questo progetto è duplice: da una parte, si vogliono evidenziare le funzioni che la creatività può avere nella prevenzione della devianza e nelle attività di recupero di un detenuto, dall’altra si cerca di suscitare un maggiore interesse da parte del “pubblico” verso il mondo della devianza anche per fare prevenzione e per poter divulgare ed ampliare le relazioni sociali del gruppo.

Infine, ho avuto la possibilità di partecipare alla stesura di un progetto di prevenzione della devianza nel comune di Rozzano. I membri del gruppo, insieme ad altre associazioni e a figure istituzionali, hanno progettato attività utili a informare i cittadini sulle varie forme di devianza e a comprendere come prevenirla, con particolare riguardo ai più giovani. A questo proposito, è stato organizzato un ciclo di incontri con due scuole superiori che partirà a Novembre e vedrà collaborare studenti, detenuti ed ex-detenuti nel cercare di comprendere le varie definizioni di devianza e, soprattutto, come contrastarle.

Presenza di un coordinatore/supervisore e modalità di verifica/valutazione delle attività svolte
Il professor Angelo Aparo è il fulcro del Gruppo della Trasgressione. È presente ad ogni incontro e sprona continuamente gli studenti tirocinanti a togliersi di dosso fin da subito la definizione di “tirocinanti” e ad essere membri attivi del gruppo, invitandoli a contribuire con riflessioni e scritti personali. Si mette personalmente in contatto con i tirocinanti e chiede aggiornamenti continui sulle attività svolte e sull’andamento dei progetti.

Conoscenze acquisite (generali, professionali, di processo, organizzative)
Trovo estremamente difficile definire e catalogare tutte le conoscenze che ho acquisito durante questo tirocinio. In linea generale, ho compreso l’importanza e le funzionalità di un lavoro di gruppo: le relazioni tra i membri devono essere incentrate sul rispetto, sull’ascolto reciproco e sulla presenza costante, in questo modo si crea un clima positivo e stimolante.

Inoltre, ho compreso come sia necessario utilizzare le proprie energie mentali per costruire, analizzare ed elaborare una linea di pensiero che sia coerente con la persona che si crede di essere. Ho passato molte ore a rielaborare le varie discussioni avvenute durante gli incontri, cercando di analizzarle attraverso diversi punti di vista per arrivare a formulare un mio pensiero personale. Il Gruppo mi ha insegnato che ad analizzare le situazioni mettendosi nei panni dell’altro: questo permette di non cadere nell’errore di cercare verità assolute e consente di elaborare al meglio ogni aspetto di una determinata situazione.

Infine, mi sono avvicinata al mondo carcerario e ho avuto la possibilità di conoscere meglio sia le nozioni prettamente tecniche, sia i percorsi educativi che sono presenti all’interno. Credo che la cosa più significativa che ho imparato sia l’importanza di non parlare del carcere durante gli incontri con i detenuti: in questo modo, loro possono sentirsi liberi anche dentro il carcere; parlare troppo delle ingiustizie subite all’interno, come sostiene il dott. Aparo, rende i detenuti più rabbiosi verso le istituzioni e, spesso, dispensa dall’impegno su riflessioni e strategie volte al miglioramento del sé.

Abilita acquisite (tecniche, operative, trasversali)
In primo luogo, l’esperienza al Gruppo mi ha permesso di sviluppare un ascolto empatico e “puro” dell’altro. La condivisione di storie di vita così diverse dalla mia mi ha aiutato ad abbattere i pregiudizi e a cercare di sviluppare relazioni fondate sul rispetto reciproco. In secondo luogo, partecipare alla stesura dei verbali e alla trascrizione di interviste e testi di detenuti, mi ha consentito di migliorare la mia capacità di scrittura, aiutandomi nella rielaborazione dei contenuti. Infine, mi sono anche avvicinata al mondo organizzativo, imparando come si costruiscono progetti di prevenzione e di miglioramento del benessere.

Caratteristiche personali sviluppate
Questo tirocinio mi ha permesso di crescere professionalmente mostrandomi la psicologa che vorrei diventare, ma soprattutto mi ha aiutato nella crescita personale. Ho imparato che ci vuole del tempo per conoscere le diverse realtà e che non sempre la prima impressione è quella giusta.

Il Gruppo mi ha spinto a prendere conoscenza di me stessa, spronandomi ad uscire dal mio guscio e ad affrontare le mie fragilità senza vergognarmi di essa. Trovo enormemente soddisfacente l’essere riuscita a combattere la mia ritrosia a parlare in pubblico ed essere riuscita ad intervenire senza il bisogno di stimoli esterni.

Il lavoro prodotto dal Gruppo della Trasgressione dimostra come ognuno di noi può e deve avere un ruolo nella società e, di conseguenza, come siamo tutti responsabili nella costruzione di un percorso volto al miglioramento. La società ha il dovere di stimolare chiunque a sentirsi parte di essa, partendo da chi è sul gradino più basso e coinvolgendolo attivamente nello sviluppo di una responsabilità collettiva: solo così saremo in grado di costruire un futuro migliore, per tutti.

Caro Aparo

Caro Aparo,
è successo un fatto raro:
ne ha fatta una grossa da spaccare le ossa,
ma così grossa che ne vale più di mille
e che solo a raccontarla fa scintille,
abbiam saputo che tutti noi ha battuto.

Si sta chiedendo “ma cosa avran saputo?”
Le dico solo che se ‘sta storia è vera
È finita la sua rispettabilità e la sua carriera.
Chi ce la racconta è una gran donna,
un’istituzione che guarda più in alto che dai tetti,
glielo dico, è la Samantha Cristoforetti,
questa è un’altra storia
che nulla a che fare con la sua missione sulla luna,
dove le cascaron le palle e toccaron terra prima di una piuma.

Quella storia ce la raccontò Parmisano,
che si è trovato, suo malgrado, con le palle in mano;
ma questa è una storia assai più grave,
che nulla ha di soave.

La Cristoforetti ci ha raccontato che
un giorno mentre era a scrutar la terra,
l’ha vista in bicicletta, tra le vie di Milano sfrecciare,
senza rispettare le corsie per potere sorpassare.

Ma questo è niente rispetto a ciò che ha riferito,
è inutile che fa quella faccia perché non abbiam finito:
Lei ad una persona ha fatto amputare un dito,
è inutile che fa l’indifferente,
perché lei sa che è vero e chi l’ha detto non è una deficiente,
e che lei è un delinquente.

Ci ha raccontato che non solo della strada è un pirata,
ma con la sua bicicletta ha investito una vecchietta,
soccorso non ha prestato, subito è scappato
ma sappia che ancora oggi è ricercato.

Ora possiamo fare un patto altrimenti ce la cantiamo,
siamo tutti pronti a denunciare, ma potremmo pur dimenticare
a patto che anche lei incominci a sudare, incominci anche lei a camminare
e quel masso far rotolare,
perché la sua coscienza per niente è pulita
dopo la storia che c’è stata riferita.

Ora decida lei cosa fare, lo spavento glielo abbiamo dato
ma solo a guardarla è già tutto sudato,
perché la Samantha altro ci ha raccontato e questo è un fatto assodato,
oltre ad essere un pirata e investitore, è anche uno scippatore:
sempre in bicicletta, oltre che investire la vecchietta,
un avvocato lei ha scippato
che la pistola fuori ha tirato e ha sparato
ma non so come il colpo lei ha schivato,
ed è anche fortunato, il botto non l’ha neanche sentito
perché tutti sappiamo che è duro d’udito.

Ma non si vergogna?
A noi ci fa la fogna, invece proprio lei è una carogna!

Ora una cosa la deve fare:
appena ci sarà l’occasione, quel masso lo deve far rotolare
così con la sua coscienza ci potrà parlare,
con tutti si potrà riappacificare
e noi potremo pure dimenticare!

Amato Giuseppe e Samantha Cristoforetti

 

Sotto il carro ponte

Il corridoio divenne lunghissimo, quel minuto durò un’ora.
Finalmente al bivio, “Posso, non posso”; “Voglio, non voglio”. L’aria è libera sul mio volto paonazzo. Mi incammino verso la meta, assaporo la semplicità, sono un uomo che ama vivere e finalmente l’ho capito…

Sono immerso nel verde, alzo gli occhi al cielo e i pappagalli colorano per incanto la mia fantasia. Respiro a pieni polmoni, riesco a socializzare con me stesso, non sono più solo! Siamo una grande famiglia: l’albero, la fontana, il tram, il pullman, la panchina, il fiumiciattolo, i palazzi, il cielo, le zanzare… ah sì, le zanzare… purtroppo anche loro sono parte della grande famiglia… assieme a noi…

Che bello camminare sotto il sole lavorando su me stesso, “assopito dai pensieri”. Due giorni, due interi giorni: che meraviglia nutrirmi degli sguardi di chi non conosce il passato… Sono stato zio, fratello, figlio, amico, e sono stato Giove: ho diviso la mia persona, cercando di non far mancare la mia attenzione all’affetto e allo scopo…

Ad un certo punto volevo tapparmi le orecchie, chiudere gli occhi e risvegliarmi nel letto di ferro, ma quando avevo questo desiderio puntualmente un viso appariva davanti ai miei occhi, spronandomi… come se lui riuscisse a capire quando il frastuono arrivava nella mia testa…

Ho cercato di tenere ben presente lo scopo, il bivio “posso, non posso”, “voglio, non voglio”. Avrei potuto dire “non posso farlo, mai riuscirò a far capire dei concetti”, potevo dire “non voglio farlo” … Invece, io volevo a tutti i costi immergermi nell’impegno e sentivo di potere raggiungere il nostro scopo, il mio scopo…

Il masso è stato spinto sempre più avanti e adesso non torna più giù, ma quanta fatica… zanzare, sole e caldo, ma la voglia di superarci ci ha permesso di vincere.

Lo dimostra il fatto che ho rapinato un vecchio al Parco delle Memorie Industriali, ho cercato di ucciderlo ma il vecchio mi ha spaccato la faccia. E nonostante la faccia mi facesse veramente male, ho terminato lo spettacolo…

Ho visto ciò che il mio cuore voleva vedere: ho visto Simone lavorare con noi come se il gruppo fosse già dentro di lui. Sono rimasto stupefatto, è vero che io ho gridato, come è vero che anche Simone ha gridato tutto il tempo e a me le sue urla mi sfondavano la testa, infastidendomi. Solo uno ha raccolto le nostre grida e io ne sono fiero, grazie Prof. …

Poi, per incanto tutto tace. il cielo diventa nero, la notte cala su questa grande famiglia. Ritorno alla realtà, il corridoio è diventato piccolissimo e in un attimo sono alla cella n°5 e ripercorro questi due incantevoli giorni…

Marcello Cicconi

Al Parco delle Memorie IndustrialiFoto della giornata

Il masso di Sisifo

A volte mi viene chiesto come funziona il gruppo della trasgressione, cosa faccio, quale metodo uso per coordinarlo. Non ho ancora scritto il libro sul gruppo e non è detto che riesca a farlo; al momento ho solo il titolo: Il corriere dei panni sporchi. Ogni tanto, però, mi sembra di riuscire a individuare qualche aspetto del metodo… uno di questi è che a volte, quasi senza rendermene conto, tratto le persone (e tra queste detenuti che sono in carcere per avere spacciato, ucciso, fatto parte di organizzazioni criminali come Mafia, Ndrangheta e Camorra) come fossero bambini che possono divertirsi andando alla scoperta del mondo e che possono giocare a mettere le mani sul mondo senza toccare pistole, soldi e senza ubriacarsi di potere e di eccitazioni a basso prezzo.

Fra le tante piccole cose, una di questi ultimi giorni riguarda la necessità di costruire il masso di Sisifo, visto che fra meno di due settimane detenuti e comuni cittadini si troveranno a spingere il masso di Sisifo alla fine di due giornate al parco delle memorie industriali.

Per rendere il masso visibile e autorevole, mi sono convinto che debba avere circa un metro e mezzo di diametro. Qualcuno, fra studenti e detenuti, ha suggerito che un volume così grande potrebbe essere riempito con bottiglie d’acqua minerale, piene d’aria e ben chiuse, e dunque con lo stesso volume che le bottiglie hanno da piene. Qualcuno, un Achille pie’ veloce decisamente fuori allenamento, ha suggerito che ne sarebbero occorse un centinaio. A questo punto ho chiesto al tavolo del gruppo quante bottiglie d’acqua da un litro e mezzo sarebbero state necessarie. E da qui il gioco.

L’aritmetica sembra a molti una disciplina che non c’entra nulla con gli obiettivi del gruppo della trasgressione, ma a me diverte stimolare le persone a ingegnarsi per arrivare alla soluzione (se non altro, quando la soluzione riesco a vederla) e così, al tavolo del gruppo del carcere di Opera, con carta e penna, detenuti e laureati in psicologia (per quel che riguarda l’aritmetica, te li raccomando!) tutti a chiedersi (i maschi, ognuno cercando di arrivare prima; le ragazze, aiutandosi l’una con l’altra) quante bottiglie sarebbero state necessarie per riempire una sfera di un metro e mezzo di diametro.

Al gruppo mi servo anche di queste piccole cose per stuzzicare le persone a svegliarsi dal torpore e per stimolare l’affezione al ragionamento, pur se l’obiettivo principale è il ragionamento sulla relazione e, soprattutto, la coltivazione della relazione con l’altro.

Ma anche la matematica è un gioco di relazioni. Inoltre, dopo avere speso tempo per capire quante bottiglie occorrono per riempire il masso di Sisifo, viene più voglia a detenuti, studenti, ma forse anche a comuni cittadini che possono giocare con noi, di raccogliere le bottiglie necessarie a riempire il masso (vanno bene anche da mezzo litro), di provare a dare voce domenica sera a qualcuno dei personaggi del nostro Mito di Sisifo e, infine, di spingere il masso… fino alla montagna dalla quale il masso non torna più giù, cioè “La palestra della creatività”.

Certo, il masso sarà pesante, ma domenica 18 luglio saremo in tanti a spingerlo. A proposito, se fosse pieno d’acqua e avesse effettivamente il diametro di un metro e mezzo, chissà quanto sarebbe pesante…

Dedicato a Gloria Marchesi

Perché il mito di Sisifo? – Angelo Aparo