Le parole sono pietre o fiori

Al Gruppo della Trasgressione ognuno può parlare. Le parole a volte sono pietre, altre fiori, comunque producono un effetto e bisogna tenerne conto. A volte vengono dette parole emblematiche, vengono pronunciati interventi paradigmatici, vengono proposte testimonianze di un’interiorità che si svela e che non vuole essere profanata.

Chi riceve una fragilità di solito la protegge. Proteggere dà una bella sensazione, dà forza, gratifica. Ogni volta che questo accade si crea un legame fra chi rivela se stesso e chi ascolta. Ma tutto ciò non mette al riparo da possibili fraintendimenti; non è detto che tale legame non venga vissuto come un giogo e non è detto che in tutti sia presente la capacità e la voglia di comprendere e accudire ciò che gli altri dicono.

Le parole non hanno sempre la stessa valenza per chi ascolta, molto dipende da chi le pronuncia e dal ruolo che ha. Un insegnante, per esempio, non si può permettere leggerezze; ciò che dice sedimenta nelle coscienze degli allievi e diviene potenzialmente lievito. E’ così anche nel rapporto fra genitori e figli.

Di certo una guida quando parla deve scegliere con cura le parole perché le parole di una guida hanno un peso diverso; in generale le parole hanno un peso maggiore quando chi ascolta è in una condizione di bisogno. Alle volte ci si sente incompresi, poco accuditi, traditi. La condizione di bisogno rende vulnerabili.

Per la guida, quando parla e quando ascolta, l’onestà è necessaria. La guida può sbagliare ma non può essere in malafede, deve essere sincera, pur se non sempre è in grado di trovare risposte alle domande. E comunque ci sono domande che forse sono destinate a rimanere senza risposta.

Un commento su “Le parole sono pietre o fiori”

  1. “..le parole hanno un peso maggiore quando chi ascolta è in una condizione di bisogno. Alle volte ci si sente incompresi, poco accuditi, traditi. La condizione di bisogno rende vulnerabili…
    E comunque ci sono domande che forse sono destinate a rimanere senza risposta.”

    Sono un’insegnante. Mio malgrado so di essere una guida per i miei studenti (pochi ‘studenti’,.. alcuni solo ragazzi) ma faccio esperienza costante di impotenza… sento bisogni, urgenze a cui non so e NON POSSO DARE RISPOSTE..
    Lo scrivevo già qualche anno fa: non basta un intervento, non serve un momento ‘forte di esperienza positiva’… i ragazzi hanno bisogno di essere accompagnati… costantemente.
    Lavorare insieme, costruire .. godere dei propri successi.. pare sia impossibile nella scuola attuale.
    Impossibile fare da soli… e la scuola non è un gruppo, non è una comunità non è un luogo di vita, ma misero spazio di transito… una corsia di marcia in cui sono sempre più numerosi quelli che accelerano, sbandano e finiscono fuori strada… con lo sguardo indifferente di chi continua il proprio viaggio…

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