Picchì scrivu puisii?
Fossi picchì no nti sappi
teneri nde razza?
O fossi,
picchì no gnucai
mai cu tia?
O picchì
no ndi sappi rari
u megghiu ri mia?
Macari ka c’era,
Era iù ka no vireva.
Passai troppu anni o scuru,
Era accussì scuru
ka no mireva
Mangu chiddi chiù vicinu.
Picchì vogghiu
addivindari pueta?
Fossi picchì sulu l’animu
di mpueta è degnu
di riqunguistari
u to cori.
Perché scrivo poesie?
forse perché non ti ho saputo
tenere in braccio
O forse
perché non ho giocato
mai con te
O perché
non ti ho saputo dare
il meglio di me
Anche se c’era,
ero io che non ti vedevo
ho passato troppi anni al buio
Era così buio
che non vedevo
neanche quelli più vicini
Perché voglio
diventare poeta?
forse perché solo l’animo
di un poeta è degno
di riconquistare
il tuo cuore
Nuccio Di Mauro
La poesia di Nuccio e la mattina di toccante intensità nelle mie classi del Liceo artistico di Brera durante l’incontro tra i detenuti e gli studenti lasceranno traccia in loro, hanno un posto nel mio cuore. Un viaggio di andata e ritorno quello dei carcerati: marziani che ritornano sul paese terra in forma di umani dopo avere bevuto alla fonte di una dolorosa consapevolezza. Il male lascia tracce e scava conseguenze immedicabili, eppure esiste una strada che riporta al centro: “se c’è una strada dentro il cuore degli altri prima o poi si traccerà”. Si riapre il ponte di comunicazione con la vostra rivista: i ragazzi manderanno i loro pensieri. Per quanto mi riguarda, mi do un tempo per scrivere una riflessione, che non può essere superficiale; a caldo posso dire che la commozione era palpabile, densa: è avvenuto oggi, in una mattina di leggera pioggia e di accesa emozione. La tenera immagine riportata nella fotografia di Adriano con la bambina descrive un frammento del lavoro fatto sulla relazione tra genitori e figli.