E’ ben strano tutto questo, Karamazov

«E’ ben strano tutto questo, Karamazov: tanto dolore, e poi ad un tratto saltano fuori con codeste frittelle! »

F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, epilogo 

 

18.4.1964/24.6.1987/5.4.1990: in ricordo di Marcella Di Levrano e di tutte le altre vittime della criminalità organizzata

 “Oggi ha guardato sotto la sua camicia
e c’era una ferita nella carne, così profonda e larga.
Dalla ferita un fiore splendido cresceva
da qualche posto in profondità.
Si voltò a fronteggiare sua madre
per mostrarle la ferita

che nel petto gli bruciava come un marchio a fuoco.
Ma la spada che lo aveva squarciato
stava nelle mani di sua madre.

 […] Anche se la spada era la sua difesa
era la ferita stessa che gli avrebbe dato forza.
La forza di riplasmarsi nel momento della sua ora più buia.
«La ferita ti darà coraggio e dolore» gli disse
«Quel tipo di dolore che non puoi nascondere»

E dalla ferita un fiore splendido cresceva
da qualche posto in profondità.

Ogni giorno un altro miracolo
Solo la morte ci terrà separati
Nel sacrificare una vita per la tua
Sarei il sangue del cuore di Lazzaro”

Sting, The Lazarus heart

I Conflitti della famiglia Karamazov

Pietre vive [on the good foot]

Goodfoot picks you up out of a mess
Relieves the pressure in your chest
A new sensation that you will feel
And you can’t believe it’s real

La buona strada ti tira fuori da un pasticcio
Allevia la pressione nel tuo petto
Una sensazione nuova che proverai
E non puoi crederci: è reale!

[Goodfoot, The Analogues]

Tenerife, 23 febbraio 2017

Quando ripenso alla storia del mio incontro con Marisa Fiorani mi ritornano sempre in mente tre cerchi di sedie, uno per ogni tappa di un cammino faticoso per lei quanto utile per me e per chi, insieme a me, ha avuto la fortuna di condividerlo. Cerchi in un certo senso concentrici, anche se ancorati a tre luoghi e a tre date diverse.

[continua qui: pietre vive]

Incontri con i familiari delle vittime della criminalità

A Marcella

Milano, 21 marzo 2020

 

Perdonaci, Marcella.

Hai dovuto aspettare 29 lunghissimi anni perché, in un atto a firma di un rappresentante dello Stato italiano, potessimo leggere queste parole: «si può affermare con certezza, sia per quanto dichiarato da numerosi collaboratori di giustizia, sia per quanto emerso nel corso dei due maxiprocessi leccesi, come la causa della morte di Marcella DI LEVRANO sia da individuarsi senza ombra di dubbio nella collaborazione da lei prestata sin dal lontano 1987 con la Squadra Mobile della Questura di Lecce. Va detto, per inciso, che tale collaborazione appare oggi ancor più meritoria per essere stata totalmente disinteressata nonchè per essere avvenuta in un periodo nel quale nessun beneficio era previsto o anche lontanamente ipotizzabile».

Perdona, Marcella, quelli che ancora oggi dubitano di te e della tua storia: apertamente o nascondendo il tutto nel profondo del loro miope animo in cerca d’autore.

Forse arriverà presto il momento nel quale non dovranno più risuonare, a tua difesa, le parole che scrivevi nei tuoi diari prontamente recuperati e gelosamente custoditi in tutti questi anni da amorevoli mani.
Perché nella richiesta di archiviazione della Procura Distrettuale Antimafia di Lecce, che ha interessato anche Eugenio Carbone (riconosciuto quale materiale esecutore della tua tragica morte nel bosco dei Lucci tra Brindisi e Mesagne, ed ucciso a sua volta nel 2000), si legge anche questo: «che poi Marcella DI LEVRANO fosse “contigua” agli ambienti criminali mafiosi, lungi dallo sminuire il valore della sua collaborazione, rende ancora più encomiabile, anche a distanza di tanti anni, la decisione di allontanarsene rompendola logica di omertà e di intimidazione che li caratterizzava».

Aiutami, Marcella.

Vorrei anche io sognarti, come una sera ci ha raccontato la tua dolce mamma, e al risveglio sussurrare ai miei bimbi che quel fiore è davvero magico: capace di fare in modo che persone apparentemente lontane possano davvero avere un luogo dove potersi incontrare, ogni volta che ne sentono il bisogno.