Nella tana della notte

Era una sera di maggio 2016, era da poco passata la mezzanotte, stavo rientrando a casa dopo una serata divertente passata a casa di un’amica che abita non lontano da me. Faceva caldo ed era piacevole fare una passeggiata fino a casa con il buio e la tranquillità delle strade che a Milano durante il giorno sono sempre trafficate e rumorose. La città era silenziosa e mi rilassava passeggiare ascoltando il silenzio della notte e lasciandomi trasportare dai miei pensieri. Di giorno non mi concedo mai un momento di pace, la vita di Milano è frenetica e non si riesce mai a fermarsi e donarsi del tempo per divagare nei propri pensieri. La notte invece è un momento magico in cui tutto si ferma e ci si permette di ascoltarsi davvero.

Arrivai al portone del mio palazzo, non trovavo le chiavi, cercai meglio nella borsa e dopo averle trovate aprii ed entrai nell’atrio. Salii le scale e arrivai all’ascensore. Nell’attesa, mi venne spontaneo guardare verso il portone poiché essendo a vetri si riesce a vedere fuori. Vidi la testa di un uomo che mi stava osservando e che appena capí di essere stato notato si ritrasse. Quello che provai in quel momento fu paura paralizzante. Era arrivato l’ascensore nel frattempo ma non so perché aspettai qualche secondo prima di entrare e salire, ero come paralizzata. Poi fu come se il mio spirito di sopravvivenza mi chiamasse, cosi mi ripresi e scappai in ascensore premendo insistentemente il tasto del mio piano, come nella speranza di velocizzare la chiusura delle porte e l’arrivo nella mia abitazione. Mi precipitai in casa e corsi subito da mia madre che stava già dormendo in camera sua per raccontarle che c’era un uomo fuori dal nostro palazzo. Ora ero al sicuro, ero a casa, la porta era chiusa a chiave ed ero con mia madre. Quella notte dormii nel letto matrimoniale con lei.

Ad oggi non so se quell’uomo sia rimasto li sotto casa mia nascosto come un predatore ancora per molto o se se ne sia andato subito dopo. Non so cosa sarebbe successo se io ci avessi impiegato due secondi in più a trovare le chiavi di casa. Posso, per fortuna, solo immaginarlo, e per meccanismo di difesa ho rimosso il suo volto. Ricordo solo la scena globale, ma ne ho rimosso i particolari.

Purtroppo non per tutte le donne finisce cosi una vicenda del genere e si ritrovano nel giro di due secondi dall’essere felici e spensierate in una calda serata primaverile al diventare prede di un uomo acquattato nella tana della notte in attesa di calpestare e traumatizzare un’esistenza.

Vorrei che ogni essere umano potesse sentirsi sicuro di tornare a casa ad ogni ora del giorno e della notte, senza la paura di predatori in cerca di prede. Vorrei che ai predatori venisse insegnato che il mondo non è una caccia, non è fatto di predatori e prede ma di Esseri Umani che in quanto tali devono essere Riconosciuti e Rispettati.

Arianna Picco

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Precarietà

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
Giuseppe Ungaretti

La Violenza mi rimanda al senso di Precarietà personale provato ogni giorno dalla vittima di abuso.

Paura costante di essere picchiata, umiliata e abusata. Una donna vittima dell’ira feroce del suo compagno vive continuamente in uno stato di angoscia e d’incertezza, viene annullata dalle parole e dai gesti aggressivi di chi dice di amarla, ma che fa crescere in lei insicurezza e timore di dire o fare qualunque cosa, paura di ribellarsi, di chiedere aiuto a qualcuno, paura di difendersi da chi dovrebbe proteggerla, causando un suo progressivo isolamento dal mondo intero, fagocitata dal buco nero della Violenza.

Insicurezza è ciò che sente una ragazza che torna a casa da sola alla sera tardi con il buio e le strade deserte, percorrendo gli ultimi metri che la dividono dal suo portone di Casa, sperando che quei secondi passino in fretta e di potersi rifugiarsi al più presto tra le mura della sua abitazione.

Timore è ciò che prova una donna che troppe volte si sente fare “complimenti” squallidi da un branco di uomini che bevono la loro birra fuori da un bar e che rinforzano l’un l’altro i loro comportamenti dominanti.

Inquietudine è ciò che prova una ragazzina appena raggiunta la pubertà che si ritrova a doversi difendere da sola da uomini che come stormi di avvoltoi si fiondano sulle sue foto sui social network con commenti di cattivo gusto.

Terrore è ciò che sente una donna seguita fin sotto casa da un uomo predatore che le causa un trauma tale da rovinarle l’esistenza, perché nulla per lei sarà più come prima.

E violenza che provoca un ulteriore trauma è la furia dei commenti a posteriori sul web carichi di rabbia e odio, oppure di indifferenza, nei quali persone esterne alla vicenda trovano delle giustificazioni all’accaduto: “poteva prendere un taxi anziché tornare a casa a piedi”, “non doveva andare in giro cosi “scosciata””, “non doveva tornare a casa a quell’ora”, rendendosi cosi complici dell’abusante e alimentando un pensiero distorto secondo cui possano essere lecite delle giustificazioni alla violenza.

Angoscia è ciò che prova una donna vittima di stalking, costretta a cambiare indirizzo e numero di telefono perché il suo ex le ha reso la vita un Inferno con pedinamenti, appostamenti e minacce  dopo che lei ha trovato la Forza di lasciarlo.

Perdita dell’esercizio del diritto all’autodeterminazione e del senso di autoefficacia personale è ciò che prova una moglie il cui marito non le permette di lavorare per esercitare un controllo ossessivo su di lei e, “generosamente”, provvede ad ogni spesa economica.

La violenza è tutto questo e non solo, essa è radicata nei gesti quotidiani di sopraffazione e negli stereotipi di genere ancora presenti in un mondo che si considera tanto moderno per certi versi ma che è ancora tanto retrogrado per altri aspetti e che produce una progressiva assuefazione alla discriminazione e all’abuso, facendo apparire come normali frasi o atteggiamenti di prevaricazione nei confronti della donna perché vissuti ormai come quotidiani e quindi banalizzati, rinforzati dalla pubblicità, dai programmi televisivi e da alcuni politici.

Il principio per il quale alcuni atteggiamenti e comportamenti verso il genere femminile risultano leciti e giustificabili è sbagliato alla base! Non sta a noi donne dover dimostrare il contrario, ma è l’intera società a dover insegnare l’amore ed il rispetto verso qualunque essere umano in quanto tale.

Che si tratti di violenza psicologica, fisica, sessuale o economica, è comunque  Violenza quella per cui si smette di riconoscere l’Altro come una Persona e lo si calpesta per saziare i propri bisogni personali in maniera egoistica e arrogante, riducendolo a mero Oggetto.

Arianna Picco

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