Renato Converso

Renato Converso – Intervista sulla creatività

Renato Converso nasce in Calabria, da una famiglia di umili origini ed è il terzo di undici fratelli. A 17 anni va via di casa e sale su un treno per Milano. Per la prima settimana dopo il suo arrivo nel capoluogo lombardo dorme alla stazione centrale, poi andrà a vivere per qualche tempo in via Padova con alcuni suoi amici calabresi. Nella sua fuga il comico rintraccia l’inizio della sua esperienza creativa che, come lui stesso racconta, è animata dal bisogno vitale di far ridere il suo Io bambino; e così comincia a fare battute durante i suoi primi lavori di lavapiatti nei ristoranti e nei cantieri. L’ilarità che suscita nei colleghi gli procura un’intensa soddisfazione. Intorno ai 30 anni fa un provino presso un locale di Milano in cui sono nati comici italiani importanti e ottiene grande successo. In un secondo momento apre un proprio locale a Porta Genova, La Corte dei Miracoli Cabaret, in cui rimane per 35 anni vedendo crescere il proprio successo. 

 

Elisabetta: che cos’è per te la creatività?

Renato Converso: la creatività è figlia legittima del dolore e della sofferenza. Il genio comico di molti artisti del nostro Paese nasce proprio da una situazione di sofferenza. Pensiamo a Totò, figlio di un nobile che fece l’amore in una notte d’inverno con una donna di umili origini. Venne riconosciuto dal padre quando ormai era già un comico di successo. Questo è un esempio che conferma il concetto detto prima, ovvero che la creatività nasce da un contesto di estrema sofferenza, in questo caso l’iniziale mancato riconoscimento da parte del padre. 

L’obiettivo del comico non è quello di far ridere soltanto il pubblico, aspetto già di per sé molto importante, ma anche quello di far ridere se stesso o meglio, il suo Io bambino, per risarcirlo di tutti gli anni di dolore che ha subito durante la prima infanzia e adolescenza. Ed è quello che è successo nella mia esperienza: la comicità è stata per me una via d’uscita da una situazione drammatica. 

Corri Renà! Corri! Figli di terra rossa

Un altro aspetto importante della creatività è che essa crea la risata, questa antichissima ricetta per il mantenimento della salute, la quale fornisce soddisfazione e allegria. Ogni battuta detta in teatro, su un palco, crea ilarità ed induce il pubblico a vivere uno stato d’animo nuovo. Come affermano alcuni, questo stato d’animo nuovo è effimero e svanisce in un arco temporale breve, ma secondo me l’importante è proprio il fatto che il pubblico, una volta uscito dal teatro, riesca a percepire, anche per poche ore, una sorta di leggerezza positiva.

Ovviamente poi bisogna fare anche una distinzione tra la creatività positiva e quella distruttiva, la quale provoca grande dolore. Pensiamo ad esempio al contesto della guerra in cui, un genio creativo, crea una bomba che, se innescata, è in grado di uccidere centinaia di persone. Questa è la creatività distruttiva. Penso invece che la creatività che caratterizza noi comici sia sempre da considerarsi non nociva, in quanto permette di provare un’emozione positiva, sia al pubblico, sia al comico stesso. 

A prova del fatto che la creatività nasce da un contesto di sofferenza, vorrei riportare un episodio che accadeva spesso durante la mia infanzia. La mia famiglia viveva in condizioni economiche disagiate e, quando a pranzo chiedevo a mia mamma un po’ di formaggio grattugiato da mettere sulla pasta, lei mi costringeva dolcemente a guardarla negli occhi, prendeva un tovagliolo, faceva finta di tirare fuori da esso un po’ di formaggio, lo metteva sul mio piatto e io ridendo dicevo “Va bene così mamma, basta, grazie”. Questo piccolo gesto banale, anche nella sofferenza, faceva ridere me e i miei fratelli. Mia mamma era una persona molto creativa, e fin da piccolo cercavo di scoprire da dove nascesse il suo essere creativa nonostante la sofferenza provata.

 

Gloria: quali sono i principali ingredienti del processo creativo?

Renato Converso: come detto prima, sicuramente l’ingrediente principale è una condizione di sofferenza. Infatti, una persona che non prova dolore nella propria vita ed ottiene tutto ciò che vuole, non ha alcun tipo di interesse e necessità nel creare un qualcosa di nuovo come un prodotto creativo. 

La creatività, oltre ad essere qualcosa che nasce in condizioni dolorose, è anche uno strumento che permette di superare le difficoltà. Per esempio la mia vena creativa si esprime anche nella capacità di suonare cinque strumenti musicali alla volta. Grazie al mio lavoro ho visitato molti stati del mondo e, nei momenti di difficoltà, ho sempre ripensato alla mia infanzia ed adolescenza travagliata ed a questa mia capacità creativa di suonare cinque strumenti alla volta. Questi pensieri mi hanno dato la forza straordinaria per affrontare anche i momenti più complicati.  

 

Elisabetta: cosa avvia, come si sviluppa la tua creatività e in quali condizioni?

Renato Converso: penso che una delle condizioni per lo sviluppo della creatività sia la guida di una persona che ha già conoscenze in campo comico. Io stesso sono stato un mentore per giovani che adesso sono personaggi di successo, come Pucci e Baz, Mister Forest, Max Pisu. Mi sento orgoglioso del fatto che dalla pedana della Corte dei miracoli sono nati artisti come I Fichi d’india, Flavio Oreglio, Marina Massironi e Giacomo Poretti, Nando Timoteo, Max Pieriboni, Scintilla Fubelli, Gianluca Impastato, Carletto Bianchessi e Marco Bazzoni Baz, il mago Elias, Duilio Martina e molti altri ancora. 

Un altro ingrediente che aiuta, che può sembrare banale ma non lo è, sono le uscite e le cene con gli amici comici. Infatti, è nei momenti in cui si parla del più e del meno e degli accadimenti più recenti che nascono le battute. Oppure la mia vena creativa trova espressione anche nei momenti in cui cammino per strada, incontro la gente che mi segue nei miei spettacoli e, per farla ridere, penso a battute nuove legate a ciò che sto vivendo in quel contesto. 

Gloria: che conseguenza ha sulle tue emozioni e sul tuo stato d’animo la produzione creativa?

Renato Converso: durante la produzione creativa avverto sempre tanta tensione perché è un processo che, volente o nolente, mi riconnette sempre con le mie esperienze passate.  Una volta concluso lo spettacolo invece, percepisco una grande soddisfazione per quello che ho creato, seguita da un vuoto fortissimo che però considero positivo perché deriva proprio dalla gratificazione precedente. È questo vuoto che, connesso al ricordo di aver provato una sensazione di piacevole soddisfazione, mi spinge a far ripartire da capo il processo creativo.

 

 


Elisabetta
: che incidenza ha l’atto creativo sulla percezione di te stesso?

Renato Converso: sicuramente vedere un prodotto creativo realizzato e portato a termine solo con le mie conoscenze e la mia forza è estremamente gratificante. Ho sempre scritto i miei testi e dialoghi da solo, come il libro che ho appena pubblicato, e quando la gente mi fa i complimenti e ride alle mie battute è molto gratificante perché mi rendo conto di quello che sono in grado di creare. Inoltre, come ho accennato precedentemente, la creatività mi permette di mettermi in contatto con una parte dolorosa della mia vita e consente, un’elaborazione emotiva del mio passato anche dopo anni. Complessivamente posso dire che, quando creo, provo una sorta di amore verso me stesso. 

 

Gloria: nel rapporto con gli altri il tuo atto creativo che cosa determina?

Renato Converso: è una specie di patologia seria, non posso fare a meno degli altri. Tutti sanno che nella vita non ho saputo fare di meglio che far ridere gli altri, quindi quando dici una cosa seria e drammatica devi inserire sempre un tocco di ilarità. E’ bello sentire l’altro ridere, emozionarsi. Mi dà sollievo e mi fa stare bene il rapporto con gli altri.

Cuore di Pane – Renato Converso

 

Elisabetta: quanto è importante il riconoscimento degli altri per il prodotto creativo?

Renato Converso: è tutto. E’ importantissimo che la gente rida quando si apre il sipario. Gli autori comici hanno sete della risata. Ti senti appagato e soddisfatto. Poi quando finisce la commedia molte persone stanno fuori ad aspettare che tu esca per farti qualche domanda abbracciarti, darti la mano, qualcuno che si è emozionato; è una cosa bellissima.

 

Gloria: chi sono i principali fruitori del tuo prodotto creativo e come ne traggono giovamento?

Renato Converso: nella mia esperienza alla Corte dei Miracoli, capitava venisse gente, coppie che prima dello spettacolo avevano litigato: alla fine mi scrivevano “abbiamo fatto pace grazie a te”. Oppure, faccio un esempio: io feci uno spettacolo al carcere di Opera con il dottor Aparo ed è successo che i detenuti fossero così divertiti e ridevano così tanto insieme agli operatori e ai poliziotti del carcere che si era creata un’unica grande famiglia. Per un momento gli ho fatto scordare che fossero in carcere. Io ero in un lago di sudore, sono sceso in mezzo a loro e molti mi hanno abbracciato anche se ero impresentabile. E’ importante per me quanto per loro, è uno scambio di emozioni alla pari. La creatività nasce dal dolore, ma riesce a far dimenticare la condizione di dolore durante lo spettacolo.


Locandina di Adriano AvanziniIl convegno nel carcere di Opera

 

Elisabetta: Quale immagine ti viene in mente che possa ben rappresentare l’atto creativo?

Renato Converso: qualche scena di Totò, è il mio punto di riferimento artistico. Mi fa ridere e commuovere. Mi ispiro molto, per quello che riguarda la comicità, a Totò.

 

Gloria: credi che esista una relazione tra la depressione e la creatività?

Renato Converso: è una bella domanda che si scontra con la mia quinta elementare che non mi permette di rispondere bene. Io ho avuto un’esperienza di depressione, ma non ha avuto attinenza col mio lavoro. 

 

Elisabetta: quando un prodotto creativo è per te davvero concluso?

Renato Converso: un prodotto creativo è concluso quando hai finito di scriverlo. Poi ti domandi cosa succederà dopo esserti esibito. Le reazioni del pubblico a fine spettacolo, quando poi torno a casa e mi corico sul letto e con gli occhi aperti fisso il soffitto e mi chiedo “è andata bene? è andata come mi aspettavo?”.

 

Gloria: pensi che la creatività possa avere una funzione sociale se sì quale?

Renato Converso: la creatività nel sociale è importantissima. Ho fatto tanti spettacoli per Emergency. Il pubblico fa donazioni agli spettacoli per aiutare. Offrire la comicità per ottenere la solidarietà. 

 

Elisabetta: la creatività è un dono naturale, privilegio di pochi o è una competenza accessibile a tutti che può essere allenata?

Renato Converso: può darsi che sia una cosa che riguarda un po’ tutti. Ma penso che la creatività venga sviluppata solo attraverso il dolore. E’ figlia legittima del dolore, in modo particolare per quanto riguarda i comici.

 

Gloria: la creatività può avere un ruolo utile a scuola e/o nelle attività di recupero del condannato?

Renato Converso: la creatività mi ha salvato la vita, essendo nato in un contesto disagiato. Se non fosse stato per la creatività magari a quest’ora sarei un delinquente.

Intervista ed elaborazione di
Elisabetta Vanzini e Gloria Marchesi

Renato Converso su FacebookInterviste sulla creatività

Stefano Zuffi

Stefano Zuffi – Intervista sulla creatività

Stefano Zuffi è uno storico dell’arte. Egli racconta di aver potuto sviluppare il suo interesse per l’arte grazie a una formazione specifica e ha avuto la fortuna di fare della sua passione la sua professione. In particolare, Stefano si occupa di divulgazione culturale. Gli piace molto coinvolgere altre persone nella sua passione per l’arte e, nello specifico, nell’arte antica. Ha sempre cercato di trasmettere la sua passione tramite diversi sistemi. Principalmente ha scritto libri illustrati riguardanti la storia dell’arte, ma oltre a questo si è occupato nel corso della sua carriera dell’organizzazione di mostre, viaggi culturali, visite guidate, trasmissioni radiofoniche, spinto sempre dal desiderio di raccontare e coinvolgere un vasto pubblico.

Occupandosi di storia dell’arte, Stefano Zuffi è sempre stato coinvolto nella creatività, anche se afferma di non potersi definire una persona molto creativa. Tuttavia, ciò che più gli piace è cercare di raccontare e poter far vivere alle persone le storie dei quadri, degli artisti, delle città, dei monumenti, le storie dei musei e delle situazioni. Egli afferma di sentire molta gratitudine nei confronti della creatività, che è un grande dono che viene trasmesso attraverso le generazioni e i diversi secoli, oltre che attraverso i continenti. Di fatto, la creatività non ha confini. Questo concetto per lui è fondamentale e poterlo trasmettere rappresenta la sua passione.

 

Ottavia: Che cos’è per lei la creatività?

Stefano Zuffi: La creatività è l’essenza dell’essere umano. Io ritengo che la specie umana si sia qualificata e staccata dalle altre specie animali nel momento in cui ha cominciato a produrre delle opere d’arte.

Ma cosa sono le opere d’arte? Sono degli oggetti sostanzialmente inutili, cioè degli oggetti che non hanno una immediata praticità. Non servono per catturare un altro animale, non servono per migliorare concretamente l’esistenza in fondo ad una caverna, non ti rendono più forte del tuo rivale con cui devi contenderti il territorio, non fanno crescere i frutti sugli alberi o l’acqua in un ruscello. Tuttavia, l’arte è qualcosa che ha fatto crescere l’essere umano. L’arte è un’espressione della creatività nel fatto di creare qualche cosa che prima non c’era.


Le grotte di Lascaux

E che cos’è la creatività? La creatività vuol dire creazione, è un atto divino. È Dio che crea il mondo, le stelle, i vegetali, gli animali e poi alla fine di tutto crea anche l’uomo.

Parlare di creatività vuol dire fare qualcosa che prima non c’era, anche se è diverso dall’inventare. Infatti, la parola “invenzione”, dal punto di vista etimologico, significa trovare qualcosa che c’era già: colui che inventa ha l’abilità, l’intelligenza, la fortuna di trovare qualcosa che c’era già prima e metterla in luce. Invece la creatività è qualcosa di molto diverso perché significa aggiungere al mondo una possibilità completamente nuova.

Leonardo da Vinci ha scritto una frase stupenda: “Il pittore è signore e padrone di tutte le cose, perché se vuole le può creare”. Creare significa proprio potersi immaginare tutto ciò che si desidera. Egli, infatti, fa poi una serie di paragoni dicendo che se l’uomo vuole bellezze che lo facciano innamorare, egli è padrone di crearle, se vuole cose veramente buffonesche o risibili, egli è padrone di crearle; se quando fa freddo e vuole immaginare una spiaggia di sabbia dorata e calda la può creare e se, quando fa caldo, vuole una montagna piena di neve la può creare. Questa frase dà proprio l’idea della libertà. La creatività è libertà: libertà di lasciare la propria mente, le proprie mani e andare verso nuove scoperte, verso nuovi orizzonti.


Les demoiselles d’Avignon, Pablo Picasso

Leonardo dopo di tutti questi esempi dice: “alla fine, tutto ciò che c’è nell’universo, nella realtà e nell’immaginazione il pittore ce l’ha prima nella testa e poi nelle mani, e quelle fanno in un istante un’armoniosa bellezza, come fa la natura”. Infatti, tutto quello che di meglio può fare un artista, la natura lo fa spontaneamente.

La creatività per me è proprio questo: fare qualcosa che prima non c’era.

 

Asia: Quali sono i principali ingredienti del processo creativo?

Stefano Zuffi: Prima di tutto un elemento indispensabile è la curiosità, che significa non limitarsi a ciò che è già noto e conosciuto e fermarsi a questo. Se invece, con un po’ di fiducia nelle nostre capacità usciamo da questa comfort zone, ecco che scatta un percorso di attenzione e di ricerca di stimoli. La creatività, infatti, ha bisogno di stimoli: l’intuizione scatta nel momento in cui cominciamo a guardarci intorno e a ricevere degli stimoli.

Anche in questo caso vorrei citare Leonardo. Egli era un grande camminatore, gli piaceva fare delle lunghe passeggiate nella natura, che per lui erano sempre occasioni per ricevere stimoli e spunti. Leonardo racconta di aver fatto una passeggiata d’estate in un bosco che non conosceva, ad un certo punto arriva davanti all’imboccatura di una caverna e si ferma: non sapeva niente di questa grotta, si è piegato in avanti cercando di scorgere il fondo, ma non vedeva niente perché la caverna era molto profonda e scura. Egli narra che subito nacquero in lui due cose: paura e desiderio. Paura per la minacciante e oscura caverna, desiderio di vedere se là dentro ci fosse qualcosa di miracoloso.


La vergine delle rocce, particolare – Leonardo da Vinci

Leonardo ci mette di fronte a questi due sentimenti, che sono proprio quelli tra i quali si crea un corto circuito che porta alla creatività. Il primo sentimento è quello della paura, la paura per l’ignoto, e molte persone si fermano davanti a questa paura. Ma Leonardo dice no perché c’è un altro sentimento, forse ancora più forte, che è il desiderio: il desiderio della conoscenza, la curiosità. Non è detto che vincendo la paura dell’ignoto si scoprirà davvero un tesoro in fondo alla caverna, ma vale la pena di tentare.

La creatività è quella molla che ti spinge a cercare e a metterti alla prova.

 

Ottavia: Che cosa avvia, come si sviluppa la sua creatività e in quali condizioni?

Stefano Zuffi: Da una visione esterna, io svolgo un’attività particolarmente creativa perché lavoro nei musei, organizzo mostre. Si direbbe che io abbia una fortunata occasione di lavorare con la creatività.

Si può dire che la mia creatività è un po’ parassitaria perché mi baso sulla creatività altrui. Io cerco di unire la struttura del mio mestiere con il tentativo di fare sempre qualcosa di nuovo. Tempo fa mi hanno chiesto come facessi a scrivere sempre qualcosa di nuovo visto che ormai ho scritto centinaia di libri. Qui c’è l’aspetto della creatività: nel cercare ogni volta un percorso diverso, un approccio che proponga qualcosa di nuovo e che magari vada a toccare qualcuno che fino a quel momento era stato indifferente.


L’assenzio – Edgar Degas

 

Asia: Che conseguenze ha sulle sue emozioni e il suo stato d’animo la produzione creativa?

Stefano Zuffi: Secondo me è l’opposto: io riesco ad essere creativo se ho delle emozioni. A volte ho delle scosse molto forti, io sento la voce delle opere d’arte, che cercano di raccontarmi la loro storia. Quando avverto questa consonanza ed entro in sintonia con la vita di un’artista, allora a quel punto mi sento autorizzato ad agire con creatività nei suoi confronti per cercare di trasmettere le mie riflessioni anche ad altri.

Il ritorno del figliol prodigo – Rembrandt

 

Ottavia: Come incide l’atto creativo sulla percezione di sé?

Stefano Zuffi: Senza creatività l’uomo non esisterebbe. Sarebbe solamente spinto da bisogni primari, sarebbe ancora più violento e cattivo di quanto già non sia. Per fortuna c’è questa umanità che è la creatività. Se non avessimo avuto la creatività veramente saremmo ancora nelle caverne.

Bisogna però riflettere sul fatto che la creatività non sempre raggiunge buoni risultati: è stato un atto creativo anche la creazione della bomba atomica. Alla fine, bisogna essere molto creativi anche per inventare cose micidiali. Esiste quindi anche una creatività diabolica. Non bisogna idealizzare il termine “creatività”, che non è di per sé un valore positivo. La creatività come tutte le doti può essere incanalata verso scenari diversi. Io per fortuna mi occupo della creatività positiva, dell’arte.


I bari – Caravaggio

 

Asia: Nel rapporto con gli altri cosa determina l’atto creativo?

 Stefano Zuffi: Credo sia un gesto di generosità: se cerco di inventare nuovi argomenti e nuove prospettive, cercando di essere creativo e propositivo uscendo dalla comfort zone, metto a disposizione delle persone con cui interagisco opzioni nuove e inaspettate. È importante essere proattivi e non chiusi e passivi. Il rapporto con gli altri è sempre dialettico e dialogico, devo essere pronto a recepire la creatività altrui, ci dev’essere una reciprocità ma non è sempre facile.

Sisifo – Tiziano

 

Ottavia: Quanto è importante il riconoscimento degli altri per il prodotto creativo?

 Stefano Zuffi: Il riconoscimento degli altri è ciò che distingue una vera opera d’arte da qualcosa che non lo è. Tuttavia, è molto difficile dare una definizione di “opera d’arte”: chi stabilisce se l’oggetto che ho in mano, in questo momento, è un’opera d’arte oppure no? È una semplice matita. Eppure, se questa matita venisse conficcata in questo punto da Cattelan, allora sarebbe un’opera d’arte. È difficile dare una definizione di “opera d’arte”, soprattutto nell’arte contemporanea, che prescinde dalla qualità del manufatto. Il giudizio degli altri è fondamentale. Io penso che i sogni siano molto creativi e capitano a ogni persona. Ma, se un’idea, anche la più brillante, non viene condivisa, allora non ha molto senso; invece, diventa importante quando viene condivisa nella relazione con gli altri perché saranno proprio questi a giudicare se la proposta creativa funziona oppure no.

 

Asia: Chi sono i principali fruitori del prodotto creativo e come ne traggono giovamento?

 Stefano Zuffi: Tutti coloro che non sono indifferenti. La nostra cultura ha privilegiato molto la creatività, basti pensare alla pubblicità. Il creativo è colui che lavora nella pubblicità, cercando di mettere insieme delle dinamiche sociali, creando dei bisogni e riuscendo a sfondare il muro dell’apatia e dell’indifferenza. A questo proposito, penso alla nebbia delle persone indifferenti. È molto importante riuscire a superare il muro dell’indifferenza raggiungendo le persone, anche quelle avvolte nella nebbia.

La chiamata di San Matteo – Caravaggio

Per fare un esempio di creatività, pensiamo ad alcuni calciatori che sono più bravi di altri perché sono creativi, cioè hanno delle intuizioni. Riescono a vedere in una situazione di gioco una possibilità, un’alternativa che gli altri non vedono. La creatività è allora fare qualcosa di inaspettato, non banale, che non era previsto, qualcosa di non ripetitivo e di fuori-campo. Basti pensare a Maradona: nessuno avrebbe mai pensato che con il suo fisico sgraziato potesse essere un’artista impressionante. Una volta, vedendo che il portiere era un po’ lontano dai pali, gli è venuto in mente di tirare da 50 m di distanza un pallone che è finito in rete… quello è stato un momento di creatività.

 

Ottavia: Quale immagine le viene in mente che possa ben rappresentare l’atto creativo?

 Stefano Zuffi: Penso a quando 20 000 anni fa un nostro antenato, con la mano sporca, si è appoggiato su una parete di roccia di una caverna lasciando la sua impronta. Egli ha guardato l’impronta, ha intinto la mano nel fango e l’ha rimessa sulla parete della caverna. Perché l’ha fatto? Era una forma di sortilegio? Di rito propiziatorio? Secondo me questa è stata l’origine dell’atto creativo.

Grotte di Lascaux

 

Asia: Pensa che esista una relazione tra depressione e creatività?

 Stefano Zuffi: Sono sicuro di sì e questo lo dice un grande artista come Albrecht Dürer il quale ha vissuto a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento ed è stato un formidabile creatore di immagini non solo nella pittura ma anche nelle incisioni; ed era certamente una persona depressa. All’epoca non esisteva il termine “depressione” ma si parlava di “melanconia” e lui diceva di soffrirne. È una condizione esistenziale che lo portava a essere solitario, a non cercare i contatti umani chiudendosi in una solitudine pensierosa che aveva conseguenze anche sul piano fisico (raccontava di soffrire di travasi di bile nera). Però diceva che tutto questo soffrire gli era indispensabile perché per cercare di superare il malessere creava e nell’arte concentrava le sue forze. La creatività è stata per lui la cura della depressione.

 

Ottavia: Per lei quando un prodotto creativo è davvero concluso?

 Stefano Zuffi: Mai. Il prodotto creativo, per definizione, è qualcosa che viene messo a disposizione. Se pensiamo a un libro pubblicato o a una canzone, diamo per scontato che il prodotto creativo sia giunto al termine. Ma quando rileggiamo un libro o riascoltiamo una canzone, queste creazioni ci possono riproporre un dialogo creativo. Pensiamo, ad esempio, a un quadro che finisce in soffitta e viene dimenticato o alle centinaia di milioni di libri che sono stati pubblicati e poi sono stati dimenticati: l’atto creativo ha esaurito il suo ciclo vitale. Ma, quando un oggetto, sia esso un quadro, un libro o un brano musicale, vengono riguardati, riletti o riascoltati, il ciclo creativo ricomincia e l’atto creativo riprende. L’atto creativo è in funzione quando intercetta lo sguardo dell’altro.


Amor vincit omnia – Caravaggio

 

Asia: Pensa che la creatività possa avere una funzione sociale? Se sì, quale?

 Stefano Zuffi: Penso che ciò che è brutto e degradato abbia delle conseguenze sociali rilevanti. Noi ci illudiamo di vivere in un Paese meraviglioso in cui siamo circondati dalla bellezza: il mare, le montagne, le opere d’arte, ecc. ma la verità è che più della metà degli italiani vive in posti orribili, anonimi, in quartieri sorti frettolosamente e con materiali inadeguati, con progetti urbanistici gretti e cupi. È indispensabile che questi contesti in cui vivono milioni di persone vengano rivitalizzati dal tocco della creatività e della bellezza. Ad esempio, uno dei miei figli ha dato vita a un’associazione con cui ridipingono la pavimentazione dei playground dei campetti di pallacanestro soprattutto nelle periferie grigie e anonime. Questi campetti sono per i giovani un tocco di colore e allegria, di speranza. Più che dire che la creatività abbia un ruolo sociale, direi che l’assenza di creatività ha delle pesanti conseguenze sociali.


La scuola di Atene – Raffaello

 

Ottavia: La creatività è un dono naturale privilegio di pochi o una competenza accessibile a tutti che può essere allenata?

 Stefano Zuffi: Penso che il talento sia un dono naturale, c’è qualcuno che è più bravo degli altri in determinati campi. Ognuno ha il proprio talento, è più portato per alcune cose piuttosto che per altre, non tutti hanno la stessa dose di talento. Tuttavia, la creatività può essere allenata e fatta crescere; non esistono grandi artisti che siano semplicemente spontanei: anche gli artisti più precoci hanno avuto la pazienza e il metodo di far crescere la loro creatività. Per fare un esempio, Mozart è stato baciato da un talento incredibile, era un bambino che suonava il clavicembalo meglio dei professionisti, aveva un talento naturale spontaneo. Mozart però ha studiato per tutta la vita, prendeva lezioni di contrappunto, studiava a memoria le composizioni altrui, cercava di acquisire nuove informazioni, viaggiava ed era curioso degli sviluppi tecnici degli strumenti musicali del suo tempo.

 

Asia: La creatività può avere un ruolo utile a scuola e/o nelle attività per il recupero dei detenuti?

 Stefano Zuffi: Si, se si riesce a trovare la combinazione tra l’espressione dei propri sentimenti e della propria natura e la cura per la forma con cui vengono espressi determinati concetti. Qualunque cosa esprimiamo attraverso la pittura, la cucina, la musica, ecc., non ci dobbiamo accontentare della semplice spontaneità, come se il medium non fosse importante. Il modo in cui la creatività viene espressa è parte integrante del messaggio che viene proposto. Creatività è anche sapersi rivolgere a qualcuno cercando di far pervenire quello che vogliamo dire nel modo più coinvolgente possibile.


Mangiatori di patate – Vincent Van Gogh

Sarebbe grave porre dei vincoli troppo rigidi alla creatività. Vincent Van Gogh è stato ricoverato in un sanatorio per disturbi mentali da cui non poteva uscire ma ha avuto la fortuna di trovare un bravo medico che si è reso conto che per lui la vera cura fosse legata alla possibilità di esprimere la propria arte. Per questo il medico gli ha messo a disposizione degli strumenti per poter dipingere. Van Gogh, però, era chiuso entro quattro mura: non sapeva proprio che cosa dipingere. Chiese allora di poter uscire accompagnato a vedere la natura per trovare degli stimoli. Alla fine, si sa che Van Gogh è morto suicida, ma l’aver potuto dare sfogo alla sua creatività, in quel determinato periodo della sua vita, è stato indispensabile.

Intervista ed elaborazione di
Asia Olivo e Ottavia Alliata

Interviste sulla creativitàCaravaggio e la Chiamata
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