Storie in divenire

L’incontro di mercoledì con i ragazzi del Liceo Artistico di Brera è stato  emozionante e coinvolgente. Non ho mai partecipato prima a un incontro simile, con ragazzi così giovani in una scuola, ma devo ammettere che col senno di poi avrei pagato oro per fare un’esperienza del genere nei miei anni di liceo.

La mattinata è partita con l’introduzione dal Prof. Aparo, che ha preparato i ragazzi con una metafora sul percorso di una persona a partire da quando è entrata nel mondo della criminalità – e successivamente nel carcere – e quando invece ne è uscita. Ha paragonato questo percorso a un viaggio di andata verso il pianeta Marte, che rappresenta l’ascesa nel mondo della criminalità e successivamente l’ingresso in carcere, e un viaggio di ritorno sul pianeta Terra, che rappresenta invece il percorso personale di un detenuto per essere pronto alla vita del cittadino fuori dal carcere.

La parte interessante è stata sentire i vissuti dei nostri amici, che hanno raccontato i loro viaggi di andata e di ritorno con un’emozione che ogni volta mi disarma. Quello che è emerso per quanto riguarda il viaggio di andata, di cosa e di chi li ha portati a prendere quella determinata strada, è che purtroppo a volte capita di nascere e crescere in situazioni di violenza, di devianza, di gara al potere e a chi è più forte, di rabbia e di sopravvivenza. Tutto questo ha portato ad abbracciare la dimensione criminale, travolgendo e stravolgendo ragazzini di soli 13, 14 anni che si son ritrovati a doversi conformare a questa vita per sopravvivere, ma anche per trarne vantaggio, perché insomma, agli occhi di questi ragazzini così giovani, inesperti, insicuri, spaventati e deviati, tutto quello che questo tipo di vita promette è decisamente allettante.

Poi ad un certo punto, però, tutto questo finisce: arriva il carcere, l’astronave atterra su Marte e niente è e sarà più come prima. Si entra in un mondo nel quale si fanno i conti con la persona che si è stati fino a quel punto, con ciò che si è commesso e con i mille pensieri che distruggono e che straziano l’anima. In quel momento però una scelta la puoi prendere: rimanere la persona che sei stato fino a quel giorno, rimanere nel buio, rimanere su Marte, oppure far rinascere quel bambino che è rimasto dentro di te, che hai voluto o hai dovuto bloccare lì dentro, rinascere nella luce e prendere quel biglietto di ritorno per la Terra.

Mercoledì, come in realtà tutte le volte che partecipo agli incontri del gruppo, ho visto davanti a me persone con una forza d’animo che mai penso di aver incontrato prima, persone con una conoscenza e coscienza di se stessi che disarma sempre; persone che hanno sofferto tantissimo per aver fatto soffrire, ma che, lavorando giorno dopo giorno per anni, oggi riescono a guardarsi allo specchio e ad essere fieri delle persone che sono oggi, persone che con enorme fatica ma con altrettanta volontà d’animo sono riuscite ad accedere alla vita della legalità, della luce, della bellezza.

L’ultima parte dell’incontro è stata credo la più difficile. Il Prof ha posto una domanda a dir poco complicata: “come racconteresti la tua storia, quello che hai fatto e come sei diventato oggi ai tuoi figli?” E qui ho ceduto.

Ho ceduto davanti a Pino, che per la prima volta ha parlato di tutto questo davanti agli occhi della figlia. Ho ceduto davanti a Roberto, con il racconto di suo nipote. Ho ceduto davanti ad Adriano e Francesca, con la storia di questa nuova meravigliosa famiglia. E ho ceduto davanti alle magiche e strazianti parole di Nuccio, mirabile poeta.

Ho ceduto davanti alla commozione, alle lacrime e all’umanità di queste persone, che come sempre mi lasciano nel cuore una bellezza indescrivibile. Grazie a tutti per quello che ogni giorno mi regalate.

Camilla Bruno

Marte, andata e ritorno

Uomini che si raccontano

Quando senti alla televisione o ti capita di leggere sul giornale che una persona ha ucciso qualcuno come reagisci?”

… “Mi chiedo il perché, provo paura e rabbia” rispondono alcuni studenti.

Inizia così, la nostra mattinata al liceo artistico di Brera.

Quando andiamo nelle scuole l’obiettivo del Gruppo della Trasgressione consiste nel riportare esperienze devianti vissute da persone che oggi si impegnano e sono lì per raccontarle. L’obiettivo è proprio quello di lasciare un segno per contrastare il rischio che i ragazzi ripetano gli stessi errori dei detenuti. Credo proprio che ciò sia arrivato; gli studenti, con gli occhi fissi su chi parlava, lo hanno dimostrato.

… “Ma tu, saresti mai capace di commettere reati e di uccidere? E secondo te come e perché una persona può arrivare a commettere crimini fino al punto di uccidere? Cosa gli scatta nella testa?”

Ho qui citato alcuni quesiti posti nel corso della mattinata. Il primo è stato posto in particolare ai giovani, i quali sostengono che ciò sarebbe possibile nel caso in cui si dovesse crescere in un contesto di degrado, senza una figura genitoriale credibile e rispettabile e, di conseguenza, privi di strumenti per potersi difendere.

Rabbia mischiata a fragilità, dolore, arroganza e voglia di sentirsi potenti.

Il potere affascina, ne ottieni un po’, ne vuoi di più e non ti sazi mai. Un po’ come i tossicodipendenti cercano la dose; in quel momento non ti interessa guardare in faccia nessuno ed è lì che l’arroganza prende il sopravvento. Così lo descrivono i detenuti.

La maggior parte di coloro che si sono raccontati hanno affrontato questa fase di delirio di onnipotenza nell’adolescenza, quando è loro mancata una figura solida, credibile, rispettabile, insomma una guida che li mettesse sulla giusta via, e che non per forza deve essere un genitore.

Il potere ti dà rispetto, quello che magari fino a quel momento non hai mai avuto, e tutto ciò per un adolescente inizia a diventare la sua realtà. Una realtà in cui cominci ad avere un ruolo, ad essere qualcuno, ma che pian piano ti distrugge. Non avere un ruolo nella vita ti disorienta. Ti domandi quale sia il tuo scopo, ma nel frattempo sei privo di difese che ti possano proteggere e sei facilmente manipolabile da coloro che vogliono approfittare di te.

Tu non hai i mezzi per andare contro corrente, e il fatto che qualcuno comincia a darti un posto, a farti sentire importante e bravo nelle cose che fai, per te diventa un obiettivo allettante, seducente: “… amavo il potere più dei soldi. Non pagavo da nessuna parte perché le persone, sapendo quello che facevo, avevano paura di me”.

Alcuni si chiedono se sia effettivamente possibile un viaggio di ritorno da Marte sulla terra, altri ancora sono conviti che ciò non sia possibile menzionando il famoso detto “il lupo perde il pelo, ma non il vizio”. Ad oggi so per certo che ciò è possibile. Bisogna sicuramente affrontare un lungo e faticoso viaggio, ma d’altronde solo con la fatica e l’impegno si ottengono risultati.

Non si nasce delinquenti, lo si diventa, ma come lo si diventa, così si può smettere di esserlo.

Come hai raccontato il motivo per cui sei in carcere ai tuoi figli?”

Dalle risposte piene di dolore dei detenuti ed ex detenuti è stato possibile distinguere due diversi tipi di reazioni, ossia da una parte un figlio che non ha capito gli errori del padre, non ha preso le distanze dai suoi comportamenti e, anzi, ne è orgoglioso, emula il suo comportamento e usa il nome del padre per vantarsi ed essere rispettato nel suo paese; dall’altra parte sono invece emersi degli atteggiamenti di presa di distanza dalle azioni devianti del padre e dal padre stesso.Emerge qui la vera importanza del ruolo di un padre nell’educare il proprio figlio, in quanto è inevitabile che i figli prendano esempio dai genitori.

Dai racconti mi è stato possibile percepire anche quella forza e quell’amore di una donna nell’aspettare il proprio uomo anche se condannato all’ergastolo; la sensibilità e l’intelligenza di una donna nell’andare oltre ciò che il suo uomo era ed amarlo per ciò che è oggi; l’innocenza di un bambino di dodici anni che apprezza suo nonno e riesce a sentire la sua anima pentita; la felicità di un uomo di cinquant’anni che prova ad essere per la prima volta un “padre” e che si sente al sicuro nelle braccia di una bambina di cinque anni…

… ma anche l’anima distrutta di un uomo che oggi non ha più la possibilità di dimostrare al proprio figlio che oggi guarda il mondo con altri occhi.

Ho ucciso il bambino che era in me

Questa frase detta da un detenuto mi ha particolarmente colpito. Ma io credo che il bambino che è in lui non è mai stato ucciso, ma è sempre stato soffocato, privato di parola, così come la sua coscienza, che non veniva ascoltata.

Ad oggi vedo degli uomini che si raccontano, a cui è stata strappata l’infanzia, l’adolescenza, la vita, ma hanno gli stessi occhi dei bambini, il primo giorno di scuola, felici di imparare a leggere e a scrivere, così come loro stanno imparato a vivere.

Grazie dell’immensa opportunità,

Ilaria Pinto

Marte, andata e ritorno

Al liceo artistico di Brera

Incontro studenti e detenuti Liceo Artistico di Brera (Via Camillo Hajech, Milano, MI) di Mercoledì 30.03.2022

Durante l’incontro di Mercoledì 30 Marzo è stato affrontato il delicato tema della prevenzione della devianza giovanile. A tale scopo è stato organizzato un incontro tra detenuti (in gran parte provenienti dal carcere di Opera) e due classi di studenti liceali.

L’incontro è partito con una metafora: il detenuto come un astronauta, per il quale il viaggio verso Marte rappresenta la via della delinquenza, mentre il ritorno sul pianeta Terra la riabilitazione e la reintegrazione all’interno della società civile.

Tra le diverse testimonianze di vita dei detenuti, un elemento è stato più volte identificato come una delle principali cause che portano sulla strada della devianza: il contesto familiare e socioculturale.

Il progetto genitoriale, così come l’ambiente culturale, sono, infatti, fondamentali per lo sviluppo emotivo, sociale e affettivo del giovane e, in presenza di relazioni sociali problematiche e traballanti, aumentano di molto le probabilità di diventare un delinquente.

Tutto ciò porta il giovane ad assumere modelli di riferimento non rispettabili, che, attraverso la seducente promessa di una vita facile (senza necessità di lavorare e faticare), piena di denaro, macchine e altri beni di consumo, lo conducono alla pratica delinquenziale.

Queste esperienze di vita, a loro volta, si riverberano anche nei rapporti tra i detenuti e i loro figli. Questo è sicuramente uno degli aspetti più complessi e pregnanti dell’incontro di mercoledì, poiché il padre, che si trova in carcere, da un lato ha paura che il figlio ripercorra le sue stesse orme (ad esempio spendendo il suo nome per ottenere rispetto e indebiti vantaggi) e dall’altro prova imbarazzo e pudore a raccontare al figlio cosa ha fatto, il perché della sua condanna e il carcere.

Per interrompere questo circolo vizioso e per scongiurare la possibilità che il figlio segua lo stesso percorso del padre-detenuto, è necessario che quest’ultimo si assuma le sue responsabilità e cerchi di dare al figlio ciò che lui, in molti casi, non ha mai avuto: un modello rispettabile.

Durante l’incontro è emersa la riflessione che, per diventare un modello rispettabile, il padre, in primo luogo, deve comprendere cosa ha fatto, poi deve spiegarlo al figlio e, infine, chiedere scusa (del fatto che la sua condotta lo ha portato alla reclusione e quindi all’interruzione del rapporto).

Fra le tante, la testimonianza più struggente è stata quella di Nuccio, che ci ha raccontato dell’improvvisa decisione di sua figlia di interrompere il rapporto con lui, cosa che poi lo ha spinto a diventare un poeta. Questo elemento emerge chiaramente nella lettura della sua splendida poesia intitolata “Perché scrivo poesie” e in particolar modo nelle ultime due terzine: “Perché voglio diventare poeta? Forse perché solo l’animo di un poeta è degno di riconquistare il tuo cuore”.

L’incontro al liceo Brera è stato molto istruttivo anche se si è volto con tempi molto stretti. Spero che quello del prossimo 7 aprile, anche per il tempo più ampio di cui disporremo, possa avere una partecipazione più attiva e corale da parte degli studenti.

Leonardo Esposti

Marte, andata e ritorno

Tra palco e realtà

Ho avuto il piacere di partecipare all’incontro al liceo artistico Brera con il Gruppo della Trasgressione. Inevitabilmente ogni volta sono portata a guardarmi dentro, ma non è facile per me perché mi rendo conto di quanta strada ho ancora da fare per raggiungere quella consapevolezza e presa di coscienza che Adriano e gli altri detenuti ed ex detenuti hanno acquisito.

Nel percorso di andata su Marte per questi uomini è chiaro che, in qualsiasi modo si venga contattati, è importante il ruolo della guida, per noi sbagliata, ma che in quel momento in un ambiente giovanile, adolescenziale fatto di degrado, di abbandono scolastico, di nessuna prospettiva futura, l’offerta da parte della guida di soldi facili, moto, auto e donne, si presenta particolarmente allettante. La strada si spiana e il carattere del singolo prende il sopravvento fino a illuderlo facendolo diventare un leader negativo col suo sentimento di onnipotenza e delirio.

Poi l’atterraggio,  la resa dei conti con la giustizia,  la permanenza in carcere, la presa di coscienza che ciò che si è fatto è stato un errore, un sentimento come il rimorso che inizia a serpeggiare e nessuna via di fuga dalle proprie responsabilità. Quando ad un tratto la speranza si incarna in una nuova guida che propone una via d’uscita da quell’inferno di dolore e sofferenza e porta l’uomo a credere che ci siano alternative di vita migliore, allora si incomincia a prendere coscienza.

Adriano ci crede e questo percorso non facile lo fa suo e la pena diventa un purgatorio di espiazione delle proprie colpe, studia, si prepara fino ad essere pronto ad affrontare gli altri affinando capacità comunicative, diventando di fatto un leader positivo e fa della comunicazione il suo scopo di vita.

Adriano con la sua simpatia napoletana mi ha conquistata e mi ha portata ad ascoltarlo. Abbiamo parlato tanto e le nostre storie si sono incrociate fino a prendere forma in un progetto di famiglia. Così piano piano è arrivato il momento di farlo conoscere ai miei figli che avevo preparato dicendo loro la sua storia di uomo cambiato.

È  stata magica l’empatia che si è creata tra di loro e a chi mi chiede come ho potuto accettare l’idea che un ex assassino possa tenere tra le braccia la mia bambina, giocare e parlare con i miei due grandi, posso dire che probabilmente i miei figli hanno per prima avvertito l’accettazione da parte mia e quindi è venuto naturale anche a loro, ma questo grazie all’ umiltà, alla disponibilità e alla collaborazione di Adriano.

Certamente non è sempre facile, soprattutto per mio figlio grande, nel pieno dell’adolescenza, ma piano piano il progetto di famiglia sta prendendo forma.

Francesca Zani

Perché scrivo poesie          Marte, andata e ritorno

Studiare con i detenuti

Jessica Abbascià

Le interviste del Gruppo della Trasgressione