Il dolce e l’amaro

IL GRUPPO DELLA TRASGRESSIONE 8 MARZO 2021
Cineforum su ‘’Il dolce e l’amaro’’ (Andrea Porporati, 2007)

LA TRAMA
Saro Scordia è il figlio di Vito Scordia, mafioso siciliano morto in carcere durante alcune rivolte. Dopo la morte del padre, Saro viene introdotto gradualmente nella vita mafiosa tramite un amico di famiglia, Don Gaetano, il quale gli assegna diversi “lavori” da portare a termine. Saro diviene presto “uomo d’onore”, giurando fedeltà a Cosa Nostra e assicurandosi così il “rispetto” di tutto il paese. Arriva a compiere anche degli omicidi su commissione. Inoltre, per obbedire alle indicazioni di don Gaetano, si sposa con una donna che non ama e mette su famiglia. La sua vita da deviante lo porta ad allontanarsi dal suo unico amore, Ada, la quale si rifiuta di sposarlo per la vita che conduce. Più avanti Saro inizia a guardare con una certa perplessità le dinamiche all’interno della mafia e decide di fuggire in una città del Nord Italia per rifarsi una vita sotto protezione; qui si ricongiunge con Ada, dalla quale nasce una figlia. Si rende così conto della bellezza delle cose semplici come tornare a casa dalla propria famiglia, cucinare per sua figlia e per sua moglie, lontano dalla sua vecchia vita nella mafia. 

 

L’INGRESSO
Il protagonista descrive l’ingresso nella mafia come l’ingresso nella famiglia perfetta, dove “tutto viene fatto alla luce del sole e ci si dice sempre la verità”,  principi che contrastano molto con ciò che nei fatti è la mafia. Nella prima parte del film viene ben descritto come chi entra a far parte di queste associazioni mafiose viva in una realtà parallela dove tutto viene distorto e si pensa che il rispetto e l’invidia altrui siano quello che più conta nella vita. E così, passo dopo passo, si giunge a fare giuramento a un’associazione che si vede come perfetta. 

 

LA SEDUZIONE DEL MALE
In certi ambienti e in certi contesti sociali è facile essere sedotti dal male e dalla criminalità in giovane età; è una seduzione che avviene in maniera così rapida che il soggetto quasi non se ne accorge. Il male, in questi tipi di realtà, ha un potere seduttivo molto forte. Questo film rimanda a quello che al gruppo della trasgressione viene definito ‘’il virus delle gioie corte’’: è più facile godere di qualcosa la cui fruizione è immediata piuttosto che di quello che deve essere costruito con un impegno costante. Questo vale anche per la costruzione di affetti e di relazioni durature. 

 

LE MANCANZE DI SARO
Quello che manca a Saro nella sua vita è la libertà; Saro non è libero di scegliere, deve semplicemente eseguire degli ordini, deve “riconoscere la Luna al posto del Sole” e annullare la sua individualità e i suoi affetti. Ada gli dice in maniera chiara che non può condividere la vita con un soggetto che ha uno stile di vita criminale. Saro in questi incontri con Ada esprime tutta la sua violenza, dentro di lui c’è solo l’idea di afferrare quel che considera una sua proprietà privata. Saro sposa Antonia, la prima moglie, perché il padrino ha pensato fosse il momento per lui di mettere su famiglia; la sua vita è scandita minuto per minuto dalla volontà e dalle aspettative di qualcuno che lo domina, che è estraneo ai suoi sentimenti, ma al quale ha deciso di consegnare la sua libertà. Questo film rende bene l’idea delle associazioni criminali in cui si è inglobati senza fermarsi mai a pensare, in cui viene anestetizzato tutto, dove c’è solo azione e non riflessione. 

 

CRIMINALITÀ E GIUSTIZIA
Durante il nostro incontro ci siamo soffermati sull’idea che “il delinquente pratica una sua giustizia”: egli viene da una storia che lo ha abituato a percepire solo cose appariscenti e poi a procedere in conseguenza ai suoi abbagli. Egli capisce bene che quando sequestra qualcuno o uccide non sta praticando la giustizia, ma ritiene, con il conforto dei suoi complici, che quella è la cosa da fare; tutte le sollecitazioni interne che suggeriscono altro vengono messe a tacere e, in conseguenza di ciò, egli commette abusi e azioni criminali che nel suo delirio hanno lo scopo di ristabilire un equilibrio violato. Il  “cavaliere della giustizia”, motivato a “mettere le cose a posto”  vive in un suo mondo fatto di poche cose importanti. Dal suo punto di vista,  all’interno del mondo che considera significativo si deve procedere con giustizia; ad esempio, nel film, i ragazzini accusati di aver derubato la madre di Sciacca dovevano essere puniti e non uccisi; ma dopo aver legiferato insieme, il sig. Sciacca decide che occorre procedere secondo una giustizia più appropriata e, se gli altri non capiscono, pazienza. Il mafioso, insomma, pratica la giustizia nell’Hic Et Nunc,  senza troppo preoccuparsi delle regole fissate da lui stesso o dal suo clan il giorno prima. Il suo senso della giustizia è quello del miope che inquadra ciò che conta solo all’interno perimetro che la sua miopia gli permette di raggiungere. Ciò che succede al di là non lo riguarda. Mosso dalle frustrazioni, dalla rabbia e dai modelli con cui è cresciuto, trova nel clan l’ambiente per diventare forte e ristabilire la giustizia nel mondo (nel suo cortile), senza accorgersi o senza dare rilievo al fatto che tante volte i suoi figli giocano con i bambini del cortile accanto.

 

LA LEGGE MORALE
Bisogna esplorare il percorso che porta l’adolescente a operare le sue prime scelte.  Quello che sentiamo non è solo il risultato di ciò che noi scegliamo, ma anche dello spazio che ci viene presentato dalle figure significative che ci aiutano a crescere. Saro si comporterà da burattino nelle mani del padrino Butera fin quando non capirà  di aver perso il controllo sulla sua stessa vita. A questa nuova visione delle cose contribuisce Ada, che, nonostante il contesto siciliano, rifiuta lo stile di vita di Saro; non è un rifiuto all’amore, ma della scelta di vita sbagliata fatta da Saro. 

 

AMORE E DELINQUENZA
Prendiamo ora in considerazione il rapporto con Ada, la donna di cui Saro si mostra innamorato e che continua a ricercare nel corso del film per convincerla ad avere una relazione con lui. Il forte sentimento di Saro è ricambiato, ma Ada gli dice con fermezza di non poter condividere i suoi abusi e il suo stile di vita.

Durante la discussione del film ci si è chiesti se il sentimento che Saro prova nei confronti di Ada si possa chiamare davvero “amore”, un amore assoggettato al potere e ad abusi continui. Saro non è in grado di far coesistere i suoi reali interessi: da un lato fare strada nella mafia, dall’altro l’amore per Ada.

E Ada come può  amare un violento, un assassino? Ma forse Ada riesce a vedere la violenza nei suoi confronti come una debolezza dell’uomo e questo le permette di non rifiutarlo in modo definitivo. Il sentimento della donna va oltre il delinquente, vede lontano e vede anche per Saro: alla fine l’uomo va dove la donna indica. Forse ci va perché a lui conviene, o forse perché a loro due conviene.

È bene sottolineare comunque che non tutti sono in grado di andare dove gli altri indicano: Saro invece ci è riuscito e dalla scelta di Saro di inseguire Ada nasce una famiglia.

 

L’ASSOCIAZIONE MAFIOSA: UNA FAMIGLIA CON GERARCHIE E REGOLE
Quando un giovane entra in un’organizzazione criminale qualcuno gli dice che deve vedere “la Luna in cielo e non il Sole”, per fargli capire chi decide l’ordine del mondo. 

Nel momento in cui a Saro viene chiesto di uccidere il giudice, egli vive un turbamento, che vorrebbe condividere con l’amico, con il quale però non riesce a confidarsi. A questo punto inizia a toccare la solitudine. Il delinquente e il mafioso a poco a poco si ritrovano soli. Di fatto, il padre aveva avvertito Saro che, entrando a far parte di quella realtà, non ci sarebbe stato solo il dolce che stava assaporando, ma anche l’amaro.

Ci sono persone che sono arrivate a uccidere le proprie sorelle, il padre, le proprie figlie perché non rispettavano le regole della loro vera famiglia, Cosa Nostra. Infatti, ai componenti dell’associazione mafiosa viene imposto il disconoscimento della propria famiglia d’origine perché la prima vera famiglia deve essere la mafia.

All’interno della “famiglia” si deve fare strada perché chi rimane indietro muore. Tuttavia, si deve accrescere il proprio potere cercando di non superare mai chi è più potente,  altrimenti si muore. 

Una regola di Cosa Nostra è quella di saper fare il padre e il marito e infatti anche Saro viene spinto a sposarsi e formare una famiglia. Tuttavia, il mafioso pensa di rispettare la moglie e i figli, ma non è capace né di essere un marito né di essere un padre. 

Nel momento in cui si entra a far parte di Cosa Nostra e si fa un giuramento, si diventa un uomo d’onore. Un “uomo d’onore” non può mai mentire ad un altro “uomo d’onore”. Per questo motivo agli occhi di Saro quel mondo appare come perfetto, come una bella famiglia di cui fidarsi.

 

IL CAMBIAMENTO
È difficile accettare l’idea che persone che hanno fatto parte di associazioni mafiose possano cambiare. Nel corso della discussione ci si chiede se Saro sia riuscito a fare un serio percorso di autocritica. Guardando il film si ha la sensazione che l’evoluzione di Saro non sia sorretta da una reale presa di coscienza del male che ha fatto. Non c’è stata una rielaborazione effettiva del suo passato e del suo vissuto emotivo. È un po’ come se si fosse trovato con le spalle al muro e si fosse rifugiato in Ada, scappando dal suo passato.

 

LA FIGURA DI ADA
Ada è una donna con una capacità straordinaria di leggere la realtà e saper guardare oltre. All’inizio dei film vediamo Ada e Saro passare insieme una giornata ed emerge chiaramente tra loro un trionfo di affettività, desiderio e amore. Lei ha affrontato molte difficoltà e fatto una scelta complessa composta da molteplici passaggi, che permetteranno a Saro di costruire un nuovo futuro, diventando una persona diversa. Non è chiaro nel film se Saro sia stato capace di aggiornare la sua visione della donna e del loro rapporto. Si intuisce però che la coppia che si è formata vive nell’universo morale della donna. Ada non scende a compromessi con Saro, lascia la Sicilia e si trasferisce in un paese del Nord Italia, paese dove Saro cercherà di aprirsi a una nuova vita,  allontanandosi dall’ambiente mafioso e consegnando ad Ada le proprie fragilità.

 

LA COLLABORAZIONE CON GLI ORGANI DI GIUSTIZIA
La collaborazione con la giustizia di Saro ha chiaramente dei connotati di interesse personale e privato e gli serve per salvarsi la vita, per portare avanti il rapporto con Ada che è stata la sua “molla”, essendo l’elemento che l’ha salvato e pungolato fino al momento della scelta di collaborare.

Al gruppo ci si chiede quale evoluzione abbia avuto la coscienza di Saro quando decide di raggiungere Ada. Prima di questa scelta, Saro si dimostra perplesso rispetto all’ordine di uccidere il giudice di cui è amico, ma non dimostra un rifiuto dei principi della mafia.

Il pentito non passa attraverso un processo di ricostruzione della coscienza, dell’identità, di un “percorso di cittadinanza”. Questo espone la categoria dei pentiti a quanto viene presentato nel film: recidive, commistione, ambiguità, ritrattazione e ricatti. Diverso è il discorso su persone che, attraverso un percorso personale di molti anni, tornano ad essere cittadini. Esistono inoltre anche i cosiddetti “dissociati”, ovvero coloro che non hanno più nulla da raccontare o comunicare, ma solo brandelli di verità da vendere per motivi differenti, che si dissociano dall’ambiente criminale per avere dei ritorni in termini di benefici modesti. Il pentito, il dissociato e il trasgressore sono tre figure che hanno caratteristiche, percorsi e lavori individuali profondamente diversi. 

 

LA PERPLESSITÀ DI SARO
In diversi momenti del film, Saro consegna allo spettatore la sua perplessità e il suo turbamento nonostante continui a procedere per la sua strada. Saro non è il fanatico che crede a quel che viene dichiarato col giuramento mafioso. I passaggi in virtù dei quali diventa progressivamente uomo d’onore non sono accompagnati da un’intensificazione del suo delirio. Potrebbe essere interessante allora chiedersi come si sente e cosa vive una persona durante il giuramento come uomo d’onore.

 

TESTIMONIANZA DI EX-DETENUTO
“Nel momento in cui si entra in Cosa Nostra non viene estromessa la famiglia che uno si è creato, ma necessariamente viene messa in secondo piano, perché la prima famiglia è Cosa Nostra. Ci sono persone di Cosa Nostra che hanno ucciso alcuni familiari in quanto non rientravano nei canoni prestabiliti. Spesso all’interno di Cosa Nostra la donna subisce, oppure capita che per poter sposare una donna sia necessario ucciderne il padre (in quanto carabiniere ad esempio), senza che questa sia a conoscenza di chi abbia commissionato la morte del padre. Quando una persona diventa parte di un’organizzazione criminale, si è già avvicinato a quella famiglia, commettendo alcuni reati. Un tempo mi sentivo grande, oggi mi chiedo perché ho fatto tutto questo” 

 

RICOSTRUIRE LA CONSAPEVOLEZZA DEL PROPRIO SÉ
Il recupero delle persone non è cosa facile. Il regista propone la collaborazione con la giustizia come alternativa per far giungere Saro alla presa di coscienza della parte amara della vita, innescando una crescita, un percorso di purificazione, redenzione e consapevolezza del proprio sé. 

Diversamente dai detenuti del Gruppo della Trasgressione, che rivendicano il valore di un percorso fatto a proprie spese, a Saro viene proposto di ricostruirsi una vita e gli viene offerto un lavoro in edicola, veicolando l’idea che egli sia diventato in grado di sudarsi la vita, accettando l’amarezza e il rischio che vivono tutti i cittadini.

 

TESTIMONIANZA DI UN EX-DETENUTO
“Noi che veniamo da tantissimi anni di carcere, non siamo collaboratori di giustizia, ma collaboriamo con le autorità e in questo caso specifico attraverso il Gruppo della Trasgressione. Non arretriamo nelle nostre responsabilità. Se una persona entra in carcere e collabora fin da subito, in questo modo non si evolve. Penso che il lavoro fatto in dieci anni con il Gruppo della Trasgressione sia una vera collaborazione: bisogna impegnarsi e mettere al proprio interno semi che possano germogliare. 

Alcuni, avendo collaborato, non hanno mai fatto un giorno di carcere. Io invece penso che sia necessario sudarsi le cose, facendosi aiutare da altre persone capaci di fornirti gli strumenti per far nascere dentro di te qualcosa, per vedere cosa c’è in questa parte di mondo che tu da solo non sei capace di vedere. Se non si trovano persone che ti portano a vedere l’altra parte del mondo, questo in carcere non succederà mai, perché prevalgono gli interessi del capo branco e non il desiderio di aiutare l’altro”.

 

Alessia, Asia, Federica e Arianna

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