Noi, la sorte e la scelta

Credo non ci sia nulla di più lontano della criminalità dal mio mondo, dal mio vissuto e dalla mia infanzia.

Eppure, forse, proprio perché è un mondo così lontano e sconosciuto (ignoto), ho sempre voluto conoscere i meccanismi e il perché di certe scelte di vita.

Ascoltando i detenuti e gli interventi dei compagni, ho potuto riflettere sul fatto che forse la mia sia stata solo fortuna, che quella criminalità per molti è stata la quotidianità, la ‘normalità.’

Allora mi sono domandata se davvero fosse solo fortuna, se chissà chi, un Dio per chi crede, avesse dunque deciso già dalla nascita cosa ci spettasse, in quale ambiente nascere e che da li’ non ci si potesse scostare più di tanto, che i ‘pidocchi’ sarebbero dovuti rimanere tali e la brava gente anche (una sorta di criminalità da generazioni).

Io però non voglio credere che una persona non sia fautrice del proprio destino, voglio pensare che tutti possano scegliere cosa e chi diventare, indipendentemente dal passato e dal vissuto.

Noi siamo le nostre esperienze e soprattutto i nostri traumi, ma questi non possono determinare le nostre sorti. Possiamo sempre scegliere da che parte stare, pur avendo avuto e ricevuto una certa educazione.

Alice Garovo

Delitto e Castigo

Polisemia

Un dipinto per molte interpretazioni

Ognuno di noi osserva e coglie della realtà aspetti differenti. Anche nell’arte un’unica opera riesce a trasmettere emozioni diverse, in quanto viene letta da ognuno secondo le proprie lenti di interpretazione.

Così è accaduto al Gruppo per la Vocazione di San Matteo di Caravaggio. In questo quadro molto realistico l’autore ci regala una scena incredibilmente nitida: partendo da destra, Gesù, seminascosto da San Pietro, indica San Matteo al tavolo; quest’ultimo è accerchiato da altri personaggi: due sulla sinistra, intenti a contare dei soldi, e due a destra, che sembrano osservare interdetti l’arrivo di Gesù e del Santo.

Secondo un’altra interpretazione del quadro, San Matteo potrebbe essere la figura a capotavola intenta a contare i soldi, se così fosse l’uomo con la barba lo starebbe indicando come per chiedere conferma che si tratti di lui.

Nel caso in cui il Santo fosse quel personaggio, Matteo non si sarebbe reso conto dell’entrata di Gesù e di San Pietro. in questo caso sarebbe interessante chiedersi come la scena potrebbe proseguire. Io immagino Matteo che, assorto nei suoi pensieri, magari anche grazie al mormorio dei presenti, si sbalordisce di essere illuminato da una calda luce e, alzando lo sguardo, si trova davanti a delle figure senza tempo che lo indicano. Ecco, mi sembra quasi di percepire lo stupore e la meraviglia nello sguardo di Matteo.

Osservando, invece, la scena nella sua lettura comune, ovvero quella in cui San Matteo è rappresentato dall’uomo seduto al tavolo con la barba lunga, personalmente vedo Matteo stupito riguardo alla visione dei due personaggi, ma non rispetto al fatto che sia lui ad essere chiamato.

Mi appare, infatti, un Matteo sereno, come se stesse aspettando quella Chiamata, come se vedere Gesù e San Pietro che lo indicano fosse già una conferma di questa vocazione, tanto che il dito che lui punta verso sé stesso potrebbe essere visto come un gesto eseguito per riflesso come a dire “sì, sono io colui che stai chiamando.”

Elisa Parravicini

Caravaggio in città