Un reparto d’atmosfera

In un reparto che nasce per i giovani carcerati, ritengo siano almeno due gli elementi che non possono mancare per una giusta partenza: un’atmosfera di libertà e di responsabilità, come dovrebbe essere fuori, nella società dei “normali”, se le cose andassero per il verso giusto.

La libertà dev’essere nell’aria, si deve respirare a cominciare dall’inizio: la libertà di aderire all’ingresso nel reparto. Nel reparto ci entra chi vuole e deve sapere che molte saranno le attività proposte e quelle richiedibili ma che tutte dovranno convergere verso un obiettivo imprescindibile: la costruzione della responsabilità.

Dopo la scelta iniziale, la libertà dovrà manifestarsi nella possibilità di interazione con gli interni ma anche con gli esterni. Interazioni con coetanei ed educatori, con esperti e insegnanti, con psicologi e volontari, interazioni che presuppongano ascolto e collaborazione, impegno individuale e coinvolgimento di gruppo, formulazione di obiettivi in cui riconoscersi e per cui lavorare e  valutazioni del percorso condivise.

Un lavoro immane ma anche entusiasmante! Il confronto deve essere continuo e, per essere stimolante, dovrà basarsi su attività varie: letture da comprendere, interpretare e su cui dibattere; composizioni personali spontanee o guidate; visione di filmati e osservazioni di immagini; ascolto di musiche, messa in scena di canovacci proposti o frutto delle varie discussioni o rielaborazione personale….

Chi sarà a fare le scelte e a guidarle? Un educatore? Uno psicologo? Un carcerato? Un triumvirato? Questa domanda e le risposte che le si daranno sono importanti quanto il punto di partenza.

Due, secondo me i pre-requisiti perché il progetto abbia le gambe: il desiderio di partecipare e la capacità di ascoltare sé e gli altri, da parte di tutti i soggetti coinvolti.

Sicuramente ci sarà molto da discutere e da lavorare per individuare obiettivi di breve, medio e lungo termine. Per poterlo fare bisogna sapere quali soggetti esterni e con quali competenze parteciperanno ai lavori, quali i tempi e le disponibilità delle istituzioni, quali le aspettative.

Un punto di partenza ma anche una stella polare per orientarsi nel percorso potrebbe essere l’affermazione del dottor Aparo che “si suicida chi non ha obiettivi credibili e porta dentro un rancore profondo”, giusto per non dimenticare che il percorso non potrà essere solo culturale ma anche psico-pedagogico.

Reparto LA CHIAMATA

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