Schiettezza e ambiguità

Alla richiesta di parlare di Smerdjakov subito mi si affaccia alla mente un paragone con Alesa: emblema della schiettezza l’uno, emblema dell’ambiguità l’altro.

Se cerco di spiegare l’ambiguità di S. devo chiamare in causa Ivan. E’ nella relazione con Ivan che l’ambiguità di S. si dipana in tutta la sua potenza nefasta. I tre colloqui con Ivan ne danno conto e ne forniscono la chiave interpretativa. Nel loro primo colloquio, si annida l’incipit della tragedia. E’ un colloquio all’insegna del non detto, dell’allusione a “una complicità convenuta e segreta”, implicita e dunque foriera di implicazioni ingovernabili, non chiara, mai espressa compiutamente.

Ma come ci si arriva?

Ivan sta male. Un’inquietudine sottile lo pervade, un’irrequietezza senza ragione, che gradualmente si trasforma in angoscia e poi in nausea. Improvvisamente Ivan è in grado di collegare tale nausea a “un elemento casuale, esterno”: Smerdjakov e la repulsione che prova nei suoi confronti. Non era così all’inizio. All’inizio lo aveva trovato originale, intelligente, curioso. Poi man mano aveva visto crescere in lui “un amor proprio senza limiti e permaloso”. Poi di fronte ai contrasti domestici gli era stato impossibile capire che cosa S. pensasse davvero sulle questioni. Poi il suo modo di parlare e di condurre la conversazione: domande tortuose che improvvisamente cessavano, silenzi improvvisi, subitanei cambi di argomento. Poi quella “speciale e irritante familiarità” con cui S. gli si rivolgeva che non presupponeva mancanza di cortesia o di rispetto ma che alludeva a una forma di “complicità convenuta e segreta”. Complicità implicita, come ben si capirà nell’ultimo colloquio, subito prima che S. si impicchi, e foriera di tragedia perché il non detto, basato sul presupposto che i pensieri e i sentimenti fossero chiari anche se non verbalizzati, porterà alla sciagura.

S. è un maestro della comunicazione ambigua. Con ciò che dice o non dice o dice allusivamente tesse una ragnatela mortale. Nel secondo colloquio e poi in quello finale riesce a controllare tutto ciò che dice. Nel rispondere a un Ivan, che in qualche modo intuisce la sua trappola, passa dall’adulazione (“per l’amicizia che ho verso di voi e per la sincera devozione…”), alla ribellione (“come potevo parlare più chiaro? Vi sareste arrabbiato”) all’allusione (“potevate indovinarlo”) (“potevate intuirlo”). Ma è soprattutto nella ripresa della frase pronunciata nel primo colloquio e che così tanto aveva dato da pensare a Ivan (con un uomo intelligente è sempre interessante parlare) che comprendiamo la potenza della ragnatela tessuta da S., di cui lui stesso finisce vittima, perché lui stesso non aveva compreso che Ivan ignorava l’effettivo andamento dei fatti.

Sicuramente S. è il figlio che vanta il credito maggiore dal padre: illegittimo, non riconosciuto, epilettico, mantenuto ma non amato, costretto nella posizione di servo, di sottomesso. Intelligente, usa la cultura e gli argomenti di Ivan per volgerli ai suoi scopi poco onorevoli. Se non si fosse incontrato con lui forse non sarebbe riuscito a dispiegare tutta la sua potenza distruttrice. Presuntuoso e ribelle “Ben altro che questo avrei potuto far io, sapere io”. Suona la chitarra e canta. Disprezza la madre, i russi, l’esercito. Avrebbe voluto che Napoleone riuscisse a conquistare la Russia, così questa si sarebbe potuta incamminare sulla strada del progresso.

Tornando al paragone con Alesa credo sarebbe interessante (anche se magari non è la sede adatta) approfondire la questione dell’indole, dei comportamenti innati. La schiettezza di Alesa è innata. E’ una schiettezza discreta, ma se sollecitata, non esita a esprimersi in modo chiaro fino alla crudezza. Ma la schiettezza di per sé non è un disvalore, anzi è spesso una virtù.  Il caso di S. è più complicato. L’ambiguità può essere innata? Nel caso di S. io direi che è stata anche coltivata con sapienza. Come muoversi nei confronti di pulsioni, emozioni, sentimenti, comportamenti che appartengono a una certa indole?

Trovo anche interessante che per avvicinarmi alla comprensione di S. io sia passata attraverso altri due personaggi.

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