Giovanna Di Rosa

Giovanna Di Rosa – Intervista sulla creatività

Giovanna Di Rosa è magistrato e Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano.  Come affermato da lei stessa, il suo incarico le piace molto perché nell’esercizio del suo ruolo ha la possibilità di esprimere la sua creatività, nonostante si tratti di un lavoro di grande responsabilità e accompagnato dal rischio di poter prendere decisioni sbagliate o di non riuscire a intercettare un particolare importante per una migliore visuale della situazione in esame.

Essendo questo un lavoro sull’uomo, la dott.ssa Di Rosa ritrova la creatività in tutti i compiti che è chiamata a svolgere. Ogni giorno si trova nella posizione di dover prendere delle decisioni che incideranno drasticamente sulla vita delle persone coinvolte e adempie al suo compito nella speranza di fornire la risposta più adatta ad ogni singola domanda. Ella ritrova la creatività proprio all’interno di questo tentativo di fornire una decisione che sia ritagliata e cucita nel migliore dei modi per la singola storia in esame, che oltretutto non è mai uguale rispetto ad un’altra storia anche in presenza di condizioni oggettive molto simili.

Secondo l’opinione dell’intervistata, in tutto il mondo della giustizia, anche se può suonare strano, deve essere costantemente applicata la creatività. Basti pensare all’indicazione secondo cui si deve cercare di adattare la norma al caso singolo, che altro non è che un’attività di interpretazione delle leggi. È un compito molto difficile che spesso espone alle critiche dei cittadini, i quali si chiedono come sia possibile che a due imputati che hanno commesso lo stesso identico reato vengano comminate due condanne differenti. Ciò è possibile in quanto ognuno ha la propria storia soggettiva alle spalle, le condizioni che lo hanno portato a delinquere sono differenti rispetto a quelle di qualsiasi altra persona e lo sono anche le modalità con cui il reato è stato commesso, il valore dell’oggetto che è stato utilizzato e una condizione diversa in cui si trova la vittima. Nel campo della giustizia, pensare in maniera creativa significa essere capaci di adattare il ragionamento scientifico e razionale del Diritto alla situazione specifica, in modo tale da far applicare, all’interno di un ventaglio di pene, quella più consona. È grazie a questo principio di azione che viene garantito il sistema della giustizia, in quanto si fa in modo che ad ogni colpevole venga data la punizione che si merita.

Il lavoro svolto dalla dott.ssa Di Rosa risulta essere un’attività interpretativa molto ricca in quanto le parole riportate all’interno delle leggi sono perentorie e pongono dei limiti, quasi come se fossero delle equazioni matematiche. Tuttavia, tra le stesse parole e la realtà concreta in cui dovrebbero essere applicate le leggi, l’immaginazione e la creatività trovano ampi spazi e permettono di applicare delle variazioni, le quali ovviamente devono essere ragionate e motivate.

Il compito del magistrato è quello di fare giustizia applicando la legge, rimanendo all’interno dei canoni prestabiliti ma cercando di modularli, arrivando così certe volte a soluzioni completamente opposte, all’interno di casi apparentemente identici, ma diversi sotto mille sfaccettature.

Tutto questo è il frutto di un’operazione creativa.

 

Elisabetta: Cos’è per lei la creatività?

Giovanna Di Rosa: Io penso che la creatività sia una capacità produttiva della ragione e della fantasia. Penso che la creatività sia un modo di guardare il mondo superando ciò che si vede e cercando di dare risposte diverse da quelle che sono immediatamente percepibili. La creatività è una forma di consapevolezza anche propria perché si dà nuova forma a quello che si vede e quindi ci si appropria di ciò che si vede o si pensa e lo si rende valore interiore. In conclusione, credo sia un modo di esprimere la propria libertà interiore.

 

Anita: Cosa fa scattare, come si sviluppa la creatività e in quali condizioni?

Giovanna Di Rosa: La forma tradizionale in cui si sviluppa la creatività è la forma artistica, ma in generale io credo che la creatività sia un modo di orientarsi della mente che genera idee per trovare soluzioni alternative. Credo quindi che si sviluppi in tutti gli ambiti e che non sia solo legata alla forma espressiva, si può anche tradurre in comportamenti tangibili. Per quanto riguarda le condizioni in cui si sviluppa credo che sia particolarmente importante un ambiente stimolante. Ci sono sicuramente persone che sono più propense, per propria natura, a mettersi in discussione e, facendo ciò, riescono a valutare le cose e a pensare in modo più ricco, originale e creativo rispetto a alla prima risposta. Ma credo che la stimolazione esterna possa aumentare le capacità creative anche di persone meno talentuose o con altro tipo di talenti.

 

Elisabetta: Quali immagini possono ben rappresentare l’atto creativo?

Giovanna Di Rosa: In prima battuta, direi un cervello che lavora. Ma andando oltre, penso al mare. Il mare a prima vista può sembrare sempre uguale ma in realtà è in costante movimento e si può presentare in forme diverse. Ciascuno di noi può vedere il mare in questo movimento continuo e lo può personalizzare a seconda di come lo vuole fare proprio.

 

Anita: Che conseguenze può avere l’atto creativo nel rapporto con sé stessi e con gli altri?

Giovanna Di Rosa: Parto dall’arte perché è la risposta più immediata che mi viene, ma la traspongo anche nel mondo quotidiano, in quello che stiamo facendo adesso. Secondo me, è un orientamento della mente che genera idee per trovare soluzioni e risposte alternative, anche utilizzando la fantasia.

 

Elisabetta: Quanto è importante il riconoscimento degli altri per chi realizza un lavoro creativo?

Giovanna Di Rosa: Io penso che il riconoscimento altrui sia molto importante anche se credo che per alcune strutture di personalità, come per esempio le più chiuse o le più autonome, può essere meno significativo. Personalmente, credo che ottenere il riconoscimento degli altri significa percepire che gli altri hanno compreso quello che si voleva dire e quindi che c’è stato uno scambio. Il riconoscimento spesso è associato al gradimento ma io non credo sia solo questo, piuttosto implica la capacità di comprendere i messaggi mandati dall’artista e la possibilità di avere uno scambio con gli altri. Quindi fa parte della relazione sociale che è alla base di quello che fa qualunque artista.

 

Anita: Esiste un modo ideale di fruire del prodotto creativo e chi sono i suoi principali destinatari?

Giovanna Di Rosa: Io non credo che la fruizione del prodotto creativo sia destinata solo agli altri, ma ritengo che sia destinata anche a sé stessi, poiché è un bisogno interiore di manifestarsi. Il modo ideale di fruirne credo sia quello di comprenderla a fondo, quindi di mettersi a disposizione con la volontà di ascoltare e di farsi trascinare da quello che è stato il prodotto creativo. Io credo che il principale destinatario sia colui che l’ha prodotto, il resto è l’insieme delle relazioni sociali a cui si vuole offrire questo prodotto. Di norma ritengo che il prodotto creativo sia rivolto a tutti e che non sia differenziato in base a singole categorie. Forse gli artisti che operano settorialmente si orientano verso i settori ai quali sono destinate le loro opere, per esempio immagino che la creatività per bambini sia difficilmente comprensibile dagli adulti, tuttavia anche in questo caso si possono trovare dei messaggi e dei contenuti che possono essere compresi da tutti.

 

Elisabetta: La creatività ha o può avere una funzione sociale e, se sì, quale?

Giovanna di Rosa: Assolutamente sì. Nella mia esperienza professionale ho visto che ci sono state molte iniziative e molti laboratori con questa funzione sociale all’interno delle carceri e sono stati costruiti progetti di vera e propria inclusione sociale. La creatività è una forma per conoscere sé stessi, esprimendosi tramite una tela o un foglio di carta.  La destinazione di questi laboratori creativi è stata quella dell’inclusione sociale ma anche dell’acquisizione delle competenze. La funzione sociale è anche realizzata, secondo me, dal contatto con la materia viva che aiuta ad organizzare la conoscenza e la coscienza propria perché ci metti qualcosa di tuo in ogni prodotto che realizzi. La funzione sociale si esplicita quindi nel far transitare all’esterno queste produzioni proprie, facendo così comprendere che si è tutti esseri umani. Infine, questi laboratori permettono anche di acquisire competenze che possono essere utilizzate per avere una seconda possibilità una volta concluso il periodo di reclusione, soprattutto quelli che hanno utilità più pratiche.

 

Anita: parliamo dell’atto creativo nelle diverse età. Cos’è per il bambino, per l’adolescente e per la persona adulta?

Giovanna Di Rosa: finora abbiamo parlato di quella forma di creatività che è maggiormente legata alla consapevolezza del sé. Tuttavia, è necessario prendere in considerazione anche la creatività meno legata alla consapevolezza e, di conseguenza, maggiormente influenzata dall’emotività.  Quest’ultima è più sviluppata nel bambino ed è maggiormente istintiva, meno influenzata dalle sovrastrutture mentali, dalle abitudini e dalle esperienze pregresse. Progressivamente, con l’avanzare dell’età, l’atto creativo diventa sempre meno istintivo e libero e viene sottoposto alle esperienze di vita passate. Più l’individuo cresce, diventa adolescente e poi adulto, più viene addestrato a pensare e razionalizzare ciò che fa e meno riesce ad agire in maniera istintiva e creativa.

 

Elisabetta: in che modo la creatività può incidere nelle relazioni sociali del soggetto?

Giovanna Di Rosa: partiamo dal presupposto che realizzare prodotti creativi significa dare vita ai propri pensieri ed esternarli. Offrire agli altri le creazioni personali, frutto del proprio mondo interiore, rende l’autore disponibile alla relazione con l’altro. Quindi credo che la creatività favorisca una migliore comprensione di se stessi e aiuti ad  aprirsi verso gli altri, a stabilire relazioni migliori, più prolifiche, più sincere e più genuine.

 

Anita: la creatività è un dono naturale privilegio di pochi o si tratta di una competenza accessibile a tutti e che può essere allenata?

Giovanna Di Rosa: anche rispetto a questa domanda ho parzialmente risposto prima. Abbiamo detto che la creatività è una qualità e un atteggiamento mentale che alcune persone possiedono sotto forma di dono naturale. Quest’ultime sono individui più estrosi, versatili e predisposti a manifestare se stessi attraverso la creatività.

Detto questo, credo che sia possibile stimolare alla creatività anche le persone meno propense ad essa. La creatività è una potenzialità di qualsiasi cervello umano e, se si spinge un individuo alla riflessione e alla messa in discussione dei suoi limiti, allora chiunque può essere portato alla manifestazione di questa potente qualità umana.

Inoltre la creatività, essendo uno strumento per lo sviluppo della personalità, è strettamente legata alla storia individuale di ciascun individuo. Certamente, chi è vissuto in condizioni di deprivazione affettiva, non credo abbia avuto la possibilità di sviluppare questo talento. Magari egli ha un mondo interiore ricchissimo ma, avendo avuto dei modelli di vita improntati solamente su rapporti autoritari non credibili e avendo avuto da sempre l’esempio di valori che vanno contro il rispetto delle regole, non può che avere una percezione alterata di cosa possa voler dire esprimere se stessi in maniera creativa.

Sono convinta che l’essere umano sia fondamentalmente buono. Non credo che esista il male predeterminato e penso che l’uomo sia buono per natura. È compito delle istituzioni cercare di risvegliare l’umanità di chi ha sbagliato attraverso la creatività.

 

Elisabetta: a scuola che ruolo e quali effetti potrebbero avere delle ore dedicate alla creatività?

Giovanna Di Rosa: la scuola è sicuramente il primo ambito all’interno del quale prende avvio l’esercizio alla creatività.

La scuola insegna che ci sono due tipi di approccio alla realtà. Il primo è quello matematico e razionale, secondo cui ci può essere un solo risultato corretto alle operazioni matematiche. Allo stesso tempo però, gli insegnanti abituano gli allievi ad essere mentalmente flessibili, spiegando loro che esiste un altro tipo di approccio. Questo viene presentato come maggiormente legato all’emotività, permette di cambiare prospettiva e potenzia l’intelligenza dei ragazzi, in quanto permette di avere numerosi angoli di prospettiva rispetto alla medesima questione.

 

Anita: pensa che la creatività possa avere un ruolo utile nelle attività di recupero del condannato?

Giovanna Di Rosa: certamente sì. Non solo perché favorisce l’interrogarsi su se stessi, sulla propria storia, su chi si è nel presente e sul proprio progetto di vita, ma anche perché, la modalità di espiazione della pena del condannato deve essere utile, altrimenti è solo una quantità di tempo fine a se stessa che non porta a nessun giovamento.

Gli anni di pena in carcere dovrebbero rappresentare un tempo contenitore della devianza, il quale offre reali possibilità di cambiamento e rieducazione. In caso contrario, il tempo della reclusione non porta a nessun giovamento anzi, favorisce un cambiamento in peggio, caratterizzato da rancore e frustrazione.

Per evitare il rischio di una pena inutile e senza contenimento della devianza, è necessario ricondurre il soggetto al suo progetto di vita.

Poco fa ho utilizzato l’immagine del mare per descrivere la creatività e questo perché immagino l’essere umano come immerso in un continuo flusso in divenire, all’interno del quale nessuno rimane sempre uguale e immobile.

Un’altra qualità dell’essere umano in cui credo fermamente è che l’uomo è capace di cambiare ed evolversi. Io non sono uguale alla persona che ero ieri. Le sollecitazioni di qualsiasi giornata, anche la più banale, portano indubbiamente alla riflessione e aumentano il nostro bagaglio di esperienze. Ciò fa sì che in ogni persona ci sia qualche cambiamento, positivo o negativo, rispetto alla giornata precedente.

Non avrebbe senso far trascorrere ai detenuti interi anni di reclusione senza impegnare positivamente il loro tempo. E allora cosa potrebbe essere utile per il condannato? Lo studio e la formazione, realizzate attraverso la creatività, costituiscono una forma di riparazione, la quale può aiutare a reinventare azioni utili per se stessi e di conseguenza per la collettività.

Intervista ed elaborazione di
Anita Saccani ed Elisabetta Vanzini

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