Il mio clown

Mi sono sempre sentita inadeguata. Mi sono  resa conto di non sapermi orientare attraverso la moltitudine di stimoli che mi raggiungono.

È così da sempre, fin da bambina, quando gli insegnanti mi elogiavano per i miei successi, ma poi a casa il tritacarne faceva di quel benessere nato da una folgorante autostima, una poltiglia.

È così da sempre, fin da bambina, e poi oltre… anche quando ci credevo… anche quando credevo che le energie che riponevo in ciò in cui credevo avrebbero dato frutti. Ma poi mi stancavo. Mi stancavo di dovermi ricredere. Perché venivo corretta. Non incoraggiata, corretta. Non educata, corretta. Non capita, corretta.

Ecco allora un’idea: travestirsi da clown. Perché si sa che i clown possono permettersi di essere ciò che non sono. Senza giudizio. Senza essere soggetti a critiche. Si disegnano una lacrima sul viso e continuano a far ridere.

…perché si sa che la lacrima dei clown è disegnata, è finta, basta una sciacquata e va via. Il paradosso del pianto di colui che fa ridere! I clown possono permettersi di cadere… e quando lo fanno gli altri ridono. I clown possono permettersi di dare sberle… e quando lo fanno gli altri ridono. I clown possono permettersi di sbagliare… e quando lo fanno gli altri ridono… altroché se ridono, a crepapelle.

Ma è per quello che i clown esistono, per essere sbagliati, inadeguati, maldestri. I clown non vengono giudicati per questo, perché è questo il loro essere. Perché si sa che ai clown è concesso tutto ed anche di più. I clown se li correggi, li snaturi.

Che comodità! Che leggerezza! Tutto è meno pesante, più semplice. Scorre via apparentemente liscio… arrivando addirittura a chiedermi se non fosse Ludovica la maschera sopra il clown. Che confusione!

Ma chi se ne importa! Nessuno si aspetta nulla da te. Nessuno pretende sforzi o traguardi raggiunti. Nessuno si aspetta poesie, ma scherzi, battute. E non fa nulla se dici la verità, non si offende nessuno, perché è questo che tutti vogliono e si aspettano dal clown. E sono andata avanti. Grazie al mio clown!

Poi incontro il Gruppo della Trasgressione. Da grande. Adulta. Formata (“formosa”…suggerisce il mio clown!). E tutto sembra iniziare a cambiare.

DEVO provare a gettare la maschera da clown, o almeno provarci, per far parte del gruppo. Perché voglio fortemente dare il mio contributo al progetto del gruppo, che ho sposato e che mi appassiona e voglio farlo, per una volta, senza essere corretta, perché qui, al gruppo, è VIETATO correggere!

Mi metto in gioco! Ma per farlo devo grattare via quella lacrima disegnata, ormai diventata tutt’uno con la mia pelle. E allora sorprendo me stessa a grattare, grattare, grattare. Ma è difficile! Cacchio… se è difficile!

Nel gruppo ci sono persone “avanti”, molto più avanti di me nella consapevolezza del proprio clown. Molti, ma soprattutto i “peggiori”, sono riusciti a grattare via quella lacrima disegnata e a continuare il cammino prendendo possesso della loro nuova identità: consapevole, empatica, viva!

Io ci sto lavorando, mi sono procurata dei guanti di crine e dei nuovi abiti. Aspetto che il cerone scompaia, a furia di grattare, per cambiare finalmente abito. Perché i piedoni enormi da clown mi hanno sempre fatto inciampare…per far ridere!

Ma è difficile! Cacchio… se è difficile!

Ludovica Pizzetti

      03-Fontana-Tango

Fontana Tango, di Paolo Donati e Trsg.band

Suona la Trsg.band

  • Alessandro Radici, Chitarra
  • Paolo Donati, Percussioni
  • Ippolito Donati, Chitarra
  • Michele Montanaro, Basso
  • Juri Aparo, Voce

2 pensieri riguardo “Il mio clown”

  1. “Gratta, gratta, gratta e scava in fondo al cuore” è proprio ciò che ti vedo fare, cara Ludo. Nella mia testa sei stata da subito un uragano di energia, altro che clown.
    Un lavoro di “gratta, gratta ” che tra l’altro svolgono molti di noi, quasi nessuno ne è escluso, anzi, direi proprio nessuno.
    Grazie e auguro buon lavoro a Te e anche a tutti noi!
    Un abbraccio,
    Ale

  2. Oggi alla riunione ho detto che ho paura della mia rabbia, ma la mia paura non credo sia dovuta all’insicurezza o al timore di perdere il controllo. Sotto questo aspetto mi sento ogni giorno più forte, perché oggi la mia identità è vera, non sono più prigioniero, non ho più bisogno della rabbia per stare in piedi. Ora so di essere Antonio e mi sento contento di esserlo. La paura riguarda il fatto che la rabbia ostacola la gioia di sentirmi vivo, di essere finalmente Antonio. Si è vero. È maledettamente difficile e doloroso grattare tutto quello spessore, ma il sentirsi finalmente vivi è bello.

    Lo scoprirai molto presto. Sei grande Ludovica.

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