La gestazione reciproca

Faccio parte del Gruppo da circa un anno e mezzo, all’inizio come tirocinante e ora come componente. Ieri, di fronte ad alcuni detenuti che venivano per la prima volta al gruppo, il Professore Aparo ha chiesto agli studenti presenti: “Ma chi te lo fa fare?”. Ecco la mia risposta!

All’inizio ho deciso di svolgere il mio tirocinio con il Gruppo della Trasgressione perché ero tremendamente curiosa di vedere con i miei occhi cosa si nascondeva all’interno delle mura di un carcere. Incontro dopo incontro, poi, mi sono resa conto che non ho trovato nulla di quello che mi ero immaginata: ho trovato delle persone. Persone che alla fine non erano così diverse da me, da noi. Ho trovato vissuti e anime che chiedevano aiuto e altre che invece hanno aiutato me, in un modo o nell’altro.

Poi il tirocinio è finito, ma nel frattempo la magia del Gruppo mi aveva completamente stregata: è diventata una droga, qualcosa di irrinunciabile, qualcosa di vitale, e il Professore Aparo è diventato per me una guida.

Uno dei concetti che spesso emerge nei discorsi che facciamo è quello della gestazione reciproca, ovvero un processo di crescita, formazione e maturazione al quale tutti partecipano per crescere insieme agli altri: tu fai crescere me ed io faccio crescere te, e così cresciamo insieme. È un concetto che mi piace molto, l’idea che persone sconosciute possano pian piano diventare nostre alleate semplicemente tirando fuori le proprie fragilità l’una con l’altra. Questo accade perché probabilmente si crea un luogo sicuro, all’interno del quale le persone iniziano a fidarsi e iniziano a sentirsi libere di potersi raccontare con trasparenza, emozionandosi, piangendo e anche arrabbiandosi. E in questo luogo sicuro io mi ci trovo benissimo, perché ogni persona qui viene vista e viene riconosciuta, viene presa per mano e accompagnata a conoscersi e a capire chi si vuole essere.

Faccio fatica a rendermi conto del percorso che ho fatto io nel gruppo da quando ne faccio parte, ma vedo con chiarezza il percorso che, invece, hanno fatto e continuano a fare le altre persone. Trovo che sia meraviglioso vedere giorno per giorno i progressi che una persona fa durante il proprio percorso di crescita, mi fa emozionare, mi fa venire voglia di farne parte e mi fa percepire la vita. Mi fa sentire viva.

Ecco, probabilmente è questo il motivo che mi fa dire che ne vale la pena: voglio crescere, voglio sentirmi utile, voglio sentirmi riconosciuta e imparare a riconoscere anche l’altro, voglio essere vista, voglio sentirmi viva, voglio vivere. E io all’interno del Gruppo mi sento proprio così, perché per vivere è necessario farlo insieme alle altre persone, progettare con loro, crescendo insieme e raggiungendo insieme obiettivi comuni. Ed è quello che vorrei poter fare per tutta la vita.

Camilla Bruno

Note sul metodo