A proposito di conflitti

Penso che il conflitto appartenga alla natura dell’uomo. È inevitabile, ma non necessariamente foriero di tragedia.

Ogni uomo è un individuo e come tale non può non avere dentro di sé una forte spinta all’individualismo. Ma ogni uomo ha anche un profondo bisogno di stare con i suoi simili, perché l’uomo è un animale sociale.

Questa premessa giustifica la presenza del conflitto che però può essere affrontato e risolto o, almeno, depotenziato. Il conflitto diviene pericoloso, credo, solo se, esistendo allo stato latente e dunque inconscio, viene ignorato e represso.

Il romanzo è intriso di conflitti, alcuni espressi altri repressi. Di alcuni, i protagonisti non hanno consapevolezza, di altri non intendono parlare e ancor meno desiderano affrontarli. La carica di tensione che ne deriva aumenta così fino a scoppiare, generando dolore e morte.

Sono in conflitto Fedor e la prima moglie Adelaida. Litigano, spesso venendo alle mani, finché Adelaida se ne va, lasciando un Fedor apparentemente felice della sua libertà riconquistata e del patrimonio della moglie ormai suo. Ma se è così felice della sua rinnovata possibilità di gozzoviglia, perché quando rintraccia la moglie a Pietroburgo decide di andare a cercarla e non perfeziona tale decisione solo perché Adelaida muore? E perché alla notizia della morte di lei piange tutte le sue lacrime? Quale conflitto ha luogo nel suo animo di cui probabilmente non è consapevole?

Fedor e Mitia sono in conflitto. Straordinariamente simili nel gusto di eccedere, soprattutto nei piaceri carnali, caratterizzati da un vitalismo incontenibile, sono come le due facce della stessa medaglia: il lato buono Mitia, il lato abbietto Fedor. Ma nessuno dei due nasconde il conflitto. Mitia si scontra apertamente col padre, arrivando a mettergli le mani addosso.

Fedor e Ivan sono in conflitto. A Fedor Ivan non piace, sembra non considerarlo. Quando Alesa sta male, e il malessere è straordinariamente simile a quelli provati dalla madre, Fedor esprime preoccupazione per lui ma neanche considera Ivan, che infatti gli fa notare che la madre di cui Fedor parla è anche la sua. Ivan soffre per la mancata attenzione del padre e dunque si estranea progressivamente dalla famiglia, parla pochissimo, si rifugia nel pensiero scientifico e filosofico ed esprime il suo disagio scrivendo. E con la scrittura disarma le aporie etiche e metafisiche che lo tormentano. Purtroppo non si rende conto che esprimendo le sue teorie disarma il proprio rancore ma arma quello di Smerdjakov.

Fedor e Alesa sono in conflitto. Alesa è un concentrato di buone attitudini. Ha tutta l’impetuosità dei Karamazov ma nella sua forma positiva. Sa mostrare nei confronti degli altri, nessuno escluso, un’accoglienza sincera che lo rende potente e ascoltato. Fedor non comprende la scelta di vita di Alesa ma forse neanche Alesa la comprende del tutto. Però tale scelta è per lui salvifica perché, non ricevendo dal padre l’affetto che gli spetta, sublima il suo bisogno rivolgendosi a Dio, come a un padre surrettizio, grazie alla mediazione dello starec Zosima.

Fedor e Smerdjakov sono in conflitto. Ma S. è in conflitto anche con Dimitri e con Ivan e con Alesa, è in conflitto col mondo. Nutre una ribellione profonda contro l’ingiustizia che contraddistingue la sua esistenza. Debole in quanto sofferente di mal caduco, discriminato in quanto illegittimo, disprezzato perché figlio di una prostituta, ignorato e non amato dal padre e dai fratellastri che non lo considerano, non lo notano, non lo conoscono, lo ritengono insignificante, non gli riconoscono intelligenza o capacità di sorta, cova un rancore sordo e non lo esprime mai, lo nasconde. Annidato nella casa di Fedor come un parassita ascolta tutti, impara i loro gusti e le loro abitudini, si nutre di loro, li conosce come forse neanche loro si conoscono, li controlla. Ed elabora un piano diabolico.

Tra i Karamazov il conflitto è di casa, ma sono di casa anche attitudini e caratteristiche comuni.

  • Una grandiosa, insopprimibile brama di vivere accomuna i fratelli.

Ivan: “La vita si fa desiderare e io vivo, foss’anche a dispetto della logica… le vischiose gemmette primaverili, l’azzurro del cielo, ecco quel che amo io!…..è coll’intimo dell’essere, è colle viscere che si ama.”

Alesa: “Senza dubbio, amo la vita anteriormente a ogni logica e di necessità anteriormente a ogni logica, giacché solo a questo patto potrò afferrarne il senso”

Mitia: “La vita, la vita piena c’è anche sotto terra. Non puoi sapere quanto io adesso voglia vivere, quanta sete di esistere e di sentire si sia radicata in me”

La ribellione di Smerdjakov contro l’ingiustizia delle sue condizioni di vita è anch’essa frutto della brama di vivere pienamente, di godere delle opportunità che una vita libera e felice può offrire. Attendendo l’esito del piano ordito, impara i vocaboli francesi per cominciare bene la sua esperienza cosmopolita.

  • I dubbi a proposito dell’immortalità e dell’esistenza di Dio accomunano Ivan e Mitia.

Ivan: “Amare la vita più che il senso di essa?”

Mitia: “Forse è appunto per la presenza di idee sconosciute dentro di me che mi ubriacavo, mi azzuffavo e andavo in collera. Mi azzuffavo per domarle, per placarle, reprimerle dentro di me…Ivan è una sfinge, e tace, tace sempre. Invece, a me, il pensiero di Dio mi tormenta. Non fa che tormentarmi.”

  • La ricerca dell’amore, del piacere carnale o comunque una riflessione sui modi in cui è possibile

procurarselo accomuna tutti i membri della famiglia Karamazov.

Fedor: “In qualsiasi donna si può trovare, porco diavolo, molto, moltissimo d’interessante, come non si può trovare in nessun’altra: soltanto bisogna saperlo trovare, ecco dove sta il busillis! Si tratta di talento!”

Alesa dichiara di essere sulla scala della lussuria come i fratelli, precisa solo di esserne al primo gradino. Arrossisce quando il padre invita i figli ad andare ad assistere alle bastonature delle ragazze. Quando legge la lettera che Lise gli ha scritto ride e si addormenta beato.

Mitia: A Mokroe, quando Grusenka gli parla e lo considera e lo invita ad offrire da bere, Mitia si trasforma, muta lineamenti e l’espressione, prima solenne e tragica, diviene fanciullesca, gioiosa e lui si fa “riconoscente come un cagnolino colto in fallo e riammesso alle carezze”.

Ivan: “Katerina io vengo ad esser punito cento volte più gravemente di voi per il fatto stesso che non vi vedrò mai più” dice a Katerina comunicandole che sarebbe partito per Mosca per sempre e questo riguarda il suo essere innamorato. Poi c’è tutta la riflessione sull’infelicità dei bambini in cui si delinea, in maniera insistita, una lussuria malata, che parla di orgasmo ottenuto con la violenza sadica.

  • Il sentirsi in credito verso la vita e in particolare verso il padre accomuna i fratelli Karamazov.

Tutti ritengono di non aver ricevuto dal padre quell’affetto e quelle attenzioni che si suppone debbano essere elargite dal padre in una famiglia. Cresciuti lontano da casa, educati e mantenuti grazie all’interessamento e alla generosità di persone che si sono prese cura di loro ma che non potevano avere ai loro occhi il ruolo che compete a una famiglia, sono arrabbiati e determinati ad esigere ciò che ritengono spetti loro, ognuno a suo modo e ad ogni costo.

Paradossalmente il solo Smerdjakov è nato e cresciuto in casa Karamazov, ma non certo nel modo e con il riconoscimento che gli sarebbero spettati.

Inoltre tutti sono cresciuti senza madre e in qualche modo il loro ritorno a casa è espressione di un desiderio di famiglia. Non ci sono figure di madri positive nei Karamazov. Questo e il modo in cui sono tratteggiate le figure femminili nel romanzo è un aspetto che andrebbe approfondito.

I Conflitti della famiglia Karamazov

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