Il colloquio con i figli

Il colloquio con i figli
Paolo De Luca

Penso di essere stato un bravo papà, ma allo stesso tempo penso proprio di no. Preso dai miei deliri, ho perso di vista i veri bisogni dei miei figli. Avrei voluto essere un esempio per loro, ma mi viene difficile raccontare il mio passato, fatto di arroganza, prepotenza e incoscienza.

Ho quattro figli di età diversa. Quello di 14 anni, avendo capito che sono in galera, una volta mi chiese con molta delicatezza quanto tempo devo stare chiuso qua. Io cercai con la stessa delicatezza di tranquillizzarlo, di fargli capire che tra qualche anno, se tutto andrà bene, avrò la possibilità di uscire e, parlando senza entrare nei particolari perché mi vergognavo di quello che avevo fatto, gli ho detto che papà aveva sbagliato e che era giusto pagare il debito con la giustizia.

Lui, che prima mi rimproverava dicendomi che gli manco, adesso mi ha detto che quando uscirò dovrò fare il bravo e dovrò andare a lavorare. Tutto questo mi ha confermato che quando uscirò dovrò essere un uomo migliore. Oggi trasmetto questo ai miei figli perché devono capire che il dispiacere che hanno per la mia assenza è dovuta agli errori che ho fatto io e questo per evitare che abbiano rabbia e rancore con le istituzioni.

Fino a qualche settimana fa, invece, avevo raccontato che papà lavorava. Avevo paura che dicendo la verità avrei potuto danneggiarli. Poi, parlando al gruppo della trasgressione, ho capito che mentire ai figli è sbagliato perché loro prima o poi scoprono la verità e allora penseranno che il papà è un bugiardo che non merita fiducia.

Penso che i bambini siano delle spugne viventi; loro assorbono tutto quello che dici e fai, anche se menti. Adesso ho cominciato a dire che papà è in carcere, anche se mia moglie non era molto d’accordo. Ma poi le ho spiegato quello di cui abbiamo parlato al gruppo e allora non ha più fatto obiezioni. Dalla reazione di mio figlio ho comunque capito che lui, in fondo, sapeva già come stanno le cose. Nelle prossime settimane cercherò di parlarne anche col più piccolo, così da avere un rapporto chiaro anche con lui.

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