Corona virus in carcere e fuori

In relazione al Corona Virus e alle conseguenze che comporterebbe la sua diffusione all’interno delle carceri, si sta tentando con diversi provvedimenti di ridurre la presenza di detenuti all’interno degli istituti penitenziari. Chiedo pertanto soprattutto a chi è stato o è ancora detenuto (ma la domanda vale anche per gli altri componenti del Gruppo della Trasgressione e per chi avesse piacere di offrire un proprio contributo dall’esterno) di segnalare cosa a vostro avviso sarà importante per le persone che potranno uscire o sono già uscite dal carcere con i provvedimenti che vengono presi in questo periodo.

Angelo Aparo


Io sono uscito il 18 marzo, lasciando una situazione veramente pesante all’interno del carcere, ma i miei compagni, e soprattutto quelli del gruppo, con la consapevolezza acquisita negli anni, sono riusciti a dialogare con la direzione, cercando di trovare soluzioni con senso di responsabilità per la criticità del momento. Ora sono fuori ma penso sempre alla situazione all’interno, e grazie al percorso fatto in questi anni sto affrontando questa situazione in modo sereno, consapevole di tutta la sofferenza vissuta dalla collettività.

Marcello Portaro


Essendo stato in carcere fino a due anni fa, so bene quanto l’attesa di riconquistare la libertà sia la priorità assoluta di qualsiasi detenuto. Paradossalmente, in questo momento drammatico che ci vede sotto la minaccia del subdolo virus, i detenuti o parte di essi hanno la possibilità di recuperare la… libertà. Certamente ogni uomo provvisto di un minimo di dignità, avrebbe sperato di riacquistarla in altro modo, ma il dramma di molti diventa un occasione per pochi. Forse sarebbe il caso di ringraziare il fato, il destino, Dio o chi si vuole e ricambiare questo inaspettato, ahimè, beneficio.

Insomma c’è un modo per ricambiare la società e chi la rappresenta unitamente alla dimostrazione di meritarsi questa liberazione, e consiste nel chiedere anzi PRETENDERE di poter da subito rendersi disponibile presso le istituzioni come la Protezione Civile, i Comuni etc., per dimostrare che nell’anima dei giusti e di chi si ritiene di “cambiato” nulla accade a caso e che stavolta chi ha molto sofferto come i detenuti, saprà aiutare i cittadini come meglio potrà. Questo non sarà un piacere, ma un dovere.

Maurizio Piseddu


Personalmente ritengo sia importante, innanzitutto, di prendere consapevolezza diretta del momento storico che stiamo attraversando. Sento esprimere questo mio pensiero a chi verrà messo in condizioni di libertà, perché dentro le mura la percezione delle cose è molto distante dalla realtà sociale. Direi quindi di affidarsi ad amici e parenti e prendere atto della realtà con impegno e responsabilità.

Aggiungo, per chi si sente di contribuire alla rinascita, di rispettare le regole vigenti e per intima convinzione e perché l’irresponsabilità porta conseguenze negative sa tutta la comunità.

In sostanza, si esce da una sorta d’autismo confezionato dalla detenzione e si viene immersi in una situazione di disagio collettivo dove tutti, ma proprio tutti, dobbiamo dare prova di unità sociale, culturale e umana.

Per il resto, ogni testa fa un tribunale della propria coscienza. Ma sono contento che tanti avranno l’occasione per dimostrare a se stessi e alla comunità le abilità acquisite.

Roberto Cannavò


Tengo a precisare che fino a un mese fa ero detenuto nel carcere di Opera nel reparto “Semiliberi”. A causa dell’emergenza sanitaria, Don Antonio Loi, ex cappellano del carcere di Opera, mi ospita in casa sua.

Fin da subito ho avvertito un forte senso di responsabilità e di preoccupazione. Non nascondo che ho avuto momenti di paura, quella paura costruttiva che mi ha permesso, e mi permette, di essere riflessivo ed equilibrato nel prendere decisioni per me e per il bene comune.

La situazione dentro non è facile, anzi è molto critica. Molte volte la mente del detenuto è chiusa in un labirinto (egoismo) e questo non gli permette di capire che molte volte le cose vengono fatte per proteggere lui stesso e il bene della collettività.

Detto questo, cosa dire ai miei compagni detenuti? Da circa un mese sto vivendo una situazione inaspettata.

Per esempio, quando vado all’ortomercato, dove acquisto la frutta e la verdura per i nostri clienti, oltre ad indossare ogni tipo di protezione, sto anche molto attento a come mi muovo. Questa cosa mi porta anche un po’ di angoscia, visto che oltre ad avere la responsabilità verso me stesso, ce l’ho anche verso Don Antonio (il quale mi ospita in casa propria) e verso la collettività.

Sicuramente, a differenza di chi metterà fuori il piede per la prima volta, sono stato avvantaggiato nel mio essere semi-libero. Questo mi ha aiutato molto e mi sono trovato da subito responsabile nell’emergenza attuale. Ma nessuno può estraniarsi dalle proprie responsabilità, anzi, per ognuno di noi sarà l’occasione per mostrare la propria lealtà e vicinanza a tutte le persone che ci accolgono e che per noi si sono prese grandi responsabilità: la Magistratura di Sorveglianza, le direzioni delle carceri e i tanti volontari del terzo settore.

A noi spetta di restituire con la stessa grandezza cioè utilizzando, nel mio caso, il gruppo della trasgressione, per aiutare chi ne ha bisogno. Mi riferisco a tutte quelle persone anziane che non possono uscire di casa. Ma anche a tutte quelle persone che per ovvi motivi sono chiusi in casa. Portando loro, con l’ausilio della protezione civile, le nostre esperienze oltre che i beni di prima necessità.

Adriano Sannino

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