Verbale da Bollate, 01/12/2016
Il mondo di Sisifo, Vittoria Canova
La giornata di giovedì è iniziata con l’incontro del Gruppo della Trasgressione al reparto femminile. Il professor Aparo ha spiegato a studenti e detenute che si cercherà di aggiornare lo spettacolo teatrale del Sisifo, prendendo ispirazione da un testo prodotto da un detenuto.
Francesco Leotta, poco dopo aver saputo di avere ottenuto l’affidamento sociale, ha scritto un dialogo tra Sisifo e il masso introducendo nuovi concetti. Da questi si è pensato di dipingere Giove in parte come un personaggio reale e in parte come una proiezione di Sisifo. Questo perché si vuole rendere l’idea che ciascuno di noi cerca all’esterno persone con le quali rivivere esperienze del proprio passato e relazioni rispondono ai modelli più o meno problematici che si hanno dentro.
In questo dialogo si fornisce una visione del personaggio di Giove che recupera una delle idee iniziali del lavoro su Sisifo. Il capo dell’Olimpo viene delineato come una sorta di capo mafioso. Inoltre, si allude a una vecchia alleanza tra Sisifo e Giove… quando Sisifo era una pedina dei giochi di Giove che cercava di salire nella gerarchia del potere. Giove seduce Sisifo con la promessa del potere ottenendo in cambio dei servizi, ma quando non ha più bisogno di lui se ne libera attraverso la famosa condanna del masso (analogia con le organizzazioni criminali).
Emerge sempre in modo più chiaro che il vero peccato di Sisifo è l’arroganza, la smania di salire al vertice del potere. La condanna (in realtà la vendetta) di Giove, pertanto, diventa l’esito che Sisifo cerca già di suo come risposta alle sue fantasie di onnipotenza.
A questo punto Ilaria interviene chiedendo cosa succederebbe se Sisifo decidesse di non spingere il masso. Ne nasce un dibattito, Ilaria e Angela, un’altra detenuta, sostengono che loro non avrebbero spinto il masso.
Il prof. Aparo interviene dicendo che la pena del masso va considerata come la parte finale del dipanamento di una matassa che, anche prima di essere svolta, contiene al suo interno, come per un genoma non ancora attualizzato, l’intero percorso di quello che per i Greci è la übris, cioè la sfida alla divinità e il fallimento del tentativo di cambiare il proprio status di essere mortale.
Ci fu ‘na vota u suvranu ri Corintu,
ca nunn’avia acqua pa so’ ggenti
appi a pinzata ‘i futtilla a nu diu
l’acqua a ttruvau ma iddu si piddiu
Gli interventi successivi si sono sviluppati in risposta a una domanda di Ilaria sul confine fra “Libertà e Schiavitù”. Ilaria chiedeva se fosse possibile fare qualcosa prima con un senso di costrizione e poi per libera scelta. Ilaria, per spiegarsi in modo più efficace, propone un esempio: lei si sente quasi costretta a lavarsi e pettinarsi i capelli prima di partecipare al gruppo. Ma è possibile prepararsi con la stessa cura, per libera scelta?
Ognuno dei presenti è intervenuto cercando una risposta. Ad esempio una detenuta, Natalie, ha raccontato che lavarsi i capelli, pettinarli e truccarsi sono gesti che lei fa per se stessa e per stare bene in mezzo ad altre persone; in precedenza tendeva a trascurarsi, ora questi gesti la fanno sentire bene.
Nel pomeriggio è seguito l’incontro del gruppo maschile. Nuovamente il prof. Aparo ha esposto l’ipotesi di modificare alcuni dialoghi di Sisifo e di introdurre una scena con un antefatto per descrivere la vecchia alleanza tra Sisifo e Giove.
In seguito un detenuto ha preso parola, ha raccontato brevemente la sua storia e ha ringraziato il dott. Aparo sostenendo di sentirsi più consapevole di se stesso e più sereno. Inoltre ha raccontato due sogni molto lunghi e ricchi di immagini, personaggi e scenari.
Un’immagine significativa è quella in cui egli dialoga con bambino prevedendone il futuro. Un tentativo di tornare in un momento precedente al trauma (in questo caso la separazione dei genitori) e di incontrare nuovamente il bambino che era pieno di potenzialità, che però lui ha ignorato. In questo senso il sogno si collega anche alla storia di Sisifo e Giove, ognuno di noi nella propria vita tende conflittualmente ad ascoltare e a zittire le proprie istanze di libertà e di crescita e, tante volte, a tornare al tempo in cui le proprie spinte vitali e i propri conflitti sono stati accantonati.