Figli dello stesso seme

Siamo figli dello stesso seme!

Lo si dice ovunque e forse ne siamo consapevoli un po’ tutti; ma, evidentemente, ciò non basta per individuare facilmente la direzione in cui procedere. Forse la  provenienza comune non è così riconoscibile, forse non è per tutti così significativa o forse occorre del lavoro per rendersene conto… e se, strada facendo, questo lavoro diventa un gioco, tanto meglio! Il nostro gioco si chiama:

Ti racconto la sua storia
dal rifiuto del mostro all’interesse per il vicino

Descrizione del gioco e istruzioni
Due persone si intervistano a vicenda per 10/15 minuti ed esplorano l’una la vita dell’altra per individuarne vicende, momenti significativi, relazioni, paure, conflitti, aspirazioni, emozioni che serviranno poi a raccontare la storia della persona intervistata.

In occasione del workshop del 13 aprile 2017 nel carcere di Opera, una mezza dozzina di detenuti del Gruppo della Trasgressione intervista altrettanti scout, che a loro volta intervistano i detenuti.

Pochi minuti per elaborare una storia, che viene raccontata subito dopo a tutti i presenti in presenza del protagonista intervistato poco prima.  Il racconto viene poi commentato da 3/4 persone del pubblico e dallo stesso protagonista, che comunicherà cosa ne ha ricavato.

Infine, il racconto viene giudicato e classificato sulla base della sua bellezza complessiva e di alcuni parametri specifici. Nel nostro gioco, è importante che in ogni storia siano riconoscibili:

  • il divenire della persona e dei suoi orizzonti, con i momenti e le fasi di evoluzione e/o di involuzione;
  • i momenti di massima distanza e di massima vicinanza emotiva fra il protagonista e il narratore;
  • uno sviluppo dinamico per cui colui che in una fase della storia sembra alieno e irriducibilmente distante, possa essere riconosciuto in un altro momento come nostro prossimo e parte significativa della nostra stessa natura.


Crediamo inoltre che per raccontare una bella storia sia utile:

  • tenere a mente e prendersi cura di dettagli ed episodi dell’altro ai quali spesso non si dedica attenzione;
  • individuare nella storia del protagonista conflitti fra spinte regressive ed emancipative. Nella vita di ciascuno di noi, in fondo, convivono da un lato dolori e dispiaceri che tengono ancorati al passato, dall’altro speranze e desideri di evoluzione che proiettano verso il futuro;
  • imparare a far sì che la persona di cui si racconta non si senta un insieme di avvenimenti ma un soggetto in divenire;
  • imparare a coinvolgere le persone che ascoltano.

Homo sum, humani nihil a me alienum puto
Tutto ciò che proviene dall’uomo mi riguarda
(Terenzio, 
Heautontimorumenos)

Alcune storie

Un commento su “Figli dello stesso seme”

  1. ZIO PRETE
    Un ragazzetto cresciuto con la presenza quotidiana del prete, zio del padre, dal quale ricevette il dono della fede, fermo nei valori cristiani, non avrebbe mai osato commettere un qualsiasi peccato, men che meno reato.
    Eppure un giorno ebbe fame, così il giorno dopo e l’altro ancora; l’esigenza fisiologica raggiunse un livello di sofferenza insopportabile e decise di sfamarsi rubando del cibo.
    Trovò piuttosto semplice rubare del cibo e poi ne portò via una quantità maggiore per dividerlo con i suoi fratelli.
    In seguito provò ad appropriarsi di qualcosa che mai avrebbe potuto comprare…un paio di occhiali, delle belle camicie, poi biciclette, moto…
    Un giorno uno dei suoi amici più fidati lo invitò a fare il salto di “qualità” : l’amico diceva : “E’ inutile continuare a rubare tutti i giorni per poco; facciamolo una volta e bene, così potremo evitare il rischio giornaliero”.
    Accade che tutto andò come progettato e, per la prima volta, entrambi si trovarono con un sacco di soldi in tasca.
    Successivamente il ragazzetto, cresciuto con lo zio prete, fu arrestato per reati molto gravi e di stampo mafioso.
    Trascorsero cinque anni prima che venisse riconosciuta la sua estraneità ai fatti contestati; innocenza che fu sempre gridata, dal ragazzo, fin dalle prime ore del suo arresto.
    Cinque anni di prigione con la pressante e sconcertante possibilità di essere condannato ad anni e anni di carcere…
    Una volta scarcerato, dopo il riconoscimento della sua innocenza, decise di recuperare il tempo perduto.
    Ricominciò a commettere reati per procurarsi il danaro che serviva alla famiglia; il fratello maggiore era detenuto, altri due fratelli persi nella droga, il più piccolo frequentava la scuola elementare, la mamma faceva fatica a pagare il fitto della casa popolare e le bollette delle utenze, il papà era andato via di casa ormai da anni; ed era trascorso molto tempo dalla morte dello zio prete.
    Dopo qualche anno, senza essere riuscito a risolvere nemmeno uno dei problemi familiari, il giovane trentottenne venne arrestato per aver commesso alcune rapine in banca; questa volta però i reati contestati erano stati commessi.
    Affrontò la carcerazione non con la rabbia e il disconoscimento, ma iniziò a porsi delle domande su se stesso e sulle scelte di vita compiute.

    Ritornò a casa, dopo otto anni di reclusione e si impegnò subito nel lavoro, si sposò, nacque un bambino; contestualmente a questi avvenimenti qualcuno dei vecchi amici si avvicinò proponendo “facili” guadagni…Il protagonista resistette e rifiutò l’offerta; inviti, però, che non mancarono di suscitare strani pensieri e tentazioni che continuavano a tormentarlo, specie nei momenti di gravi difficoltà economiche.

    L’istigazione al male cresceva, ma lui continuò a resistere e resistere ancora.
    Dopo dieci anni dal fine pena è un uomo che oggi ha 55 anni e racconta che la sua devianza è nata a causa della fragilità della sua fede o meglio delle motivazioni per cui non doveva e non poteva cedere alle tentazioni; racconta anche che le sue scelte furono scelte vulnerabili. Iinfatti fu sufficiente confrontarsi con qualcuno fuori dal proprio contesto (gruppo trasgressione), qualcuno capace di aiutarlo ad analizzare la propria condotta di vita, di farlo riflettere sui risultati fin lì ottenuti, qualcuno, come canta Marco Mengoni, che spieghi ” l’essere umano deve avere coraggio, il coraggio di essere umano”.
    Avvolto in una nuova coscienza non fu difficile, per il pronipote dell0 zio prete, infrangere l’assurda “ideologia” criminale.

    E’ luogo comune dire: E’ facile entrare nel mondo della mala, ma è difficile uscirne!
    Credo che chiunque delinqua abbia fragili motivazioni per le quali non dovrebbe compiere determinate azioni.
    La scelta a delinquere è sempre vulnerabile.
    Penso che le motivazioni, anche se fragili, per le quali dovremmo frenarci, sono più forti della debolezza della scelta vulnerabile.
    Salvatore M.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *