È un lunedì freddo e lento come tanti altri lunedì d’inverno, con l’unica differenza che è da tre giorni che piove incessantemente. Mi incammino verso l’ufficio dove faccio ripetizioni e da lontano vedo già i bimbi che mi stanno aspettando con la schiena curva a causa della cartella troppo pesante. O forse a causa delle due ore di ripetizioni noiose che li aspettano.
I miei pensieri vengono interrotti da uno più urgente: devo attraversare la strada per allontanarmi dal negozio di quel signore pelato, quello che mi fa sempre commenti molto poco carini e mi fischia alle spalle come se fossi un cane. Come ogni lunedì a quest’ora è affacciato alla porta, intento a fumarsi la sua schifosa sigaretta, e come ogni volta, sembra aspettare proprio il mio arrivo, per penetrarmi da parte a parte con quello sguardo che sa di frustrazione e impotenza mascherate da arroganza.
Dicevo, mi allontano e vado sul marciapiede al lato opposto della strada affrettando il passo. Ma oggi, questa cavolo di pioggia ha creato una pozza enorme e non mi resta che passarci in mezzo inzuppandomi gli stivali. Ma manca poco, sono quasi arrivata alla fine della via e da lì tornerò indietro per entrare in ufficio.
E poi improvvisamente mi scatta qualcosa nel cervello: sono stufa di fare questo teatrino ogni settimana, sono stufa di iniziare il mio lavoro quasi con le lacrime agli occhi perché mi sento impotente e nauseata, sono stufa di non poter reagire, per paura che il mezzo uomo non si fermi soltanto alle parole ma passi agli atti. E allora decido di attraversare la strada proprio davanti a lui e lo guardo dritto negli occhi, mentre sta già ridendo con quel suo ghigno, tipico di chi pensa di avere tutto a sua disposizione e si prepara a dire le sue solite frasi piene di veleno.
Con passo deciso gli vado incontro ed è a questo punto che vedo, per la prima volta, l’incertezza nei suoi occhi e, quasi come se il mio metro e cinquanta di statura potesse incutergli paura, comincia ad indietreggiare e si fa piccolo piccolo di fronte a me. Mi guarda con aria perplessa mentre gli urlo in faccia tutto il mio dolore e gli dico che non sarebbe rispettoso fischiare nemmeno ad un animale.
Subito dopo me ne vado trionfante, consapevole che in realtà non ho compiuto chissà quale impresa. Ora tutti i lunedì Sergio, il mezzo uomo redento, mi aspetta sulla soglia del negozio per salutarmi in tono educato e chiedermi com’è andata la settimana.
Elisabetta Vanzini