L’atmosfera è cupa

L’atmosfera è cupa, come divisa dalla luce che entra dalla finestra. I personaggi non si vedono molto perché rimangono in ombra ad eccezione di qualche viso illuminato dallo spiraglio di luce.

Gesù indica S. Matteo e l’uomo girato di spalle davanti a Gesù è S. Pietro. Gli altri apostoli non sembrano interessati alla scena e tengono chino il capo. San Matteo, sentendosi chiamato, indica se stesso e dimostra sorpresa ma allo stesso tempo titubanza. Il gesto di Gesù è molto diretto ed evidente, accentuato dal fascio di luce nella direzione in cui indica.

Subito il dipinto mi ha fatto pensare ad una scena dell’Inquisizione, colui che ha subito un ipotetico torto ovvero Gesù, indica il colpevole mentre tutti gli altri non si curano della scena, come non fosse un problema loro, mostrando omertà e lavandosene le mani, sollevati di non essere i prescelti.

Questa visione è scaturita dalle espressioni dei volti dei presenti che sembrano tese, corrucciate, stupite.

Noemi Varoli

Gli Scout AGESCI su “LA CHIAMATA”

La potenza della chiamata divina

La vocazione di Matteo mi suscita molti pensieri ed emozioni. Innanzitutto, ammiro la maestria artistica di Caravaggio nel rappresentare la scena con tanta intensità e realismo. La luce divina che avvolge Gesù e il contrasto tra l’ombra e la luce sul volto di Matteo mi trasmettono una sensazione di meraviglia e mistero. Mi fa riflettere sulla potenza della chiamata divina e sulla possibilità di redenzione per ogni persona, indipendentemente dal proprio passato.

Mi fa anche pensare al coraggio di Matteo (prima esattore delle tasse) nel rispondere a questa chiamata e nel lasciare tutto per seguire Gesù. Mi emoziona pensare alla trasformazione interiore che avviene quando si accoglie la chiamata di Dio (i volti della scena ne sono la dimostrazione) e si decide di percorrere un cammino di fede.

In sintesi, La vocazione di Matteo mi ispira a riflettere sulla spiritualità, sulla possibilità di cambiamento e sulla forza della fede.

Gabriele Maggioni

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Un’accusa o un invito?

Senza consultare alcun commento ufficiale riferito a questo quadro, e quindi non sapendo effettivamente cosa stia succedendo e quali siano i personaggi coinvolti, lo descriverei in questo modo: Seduti attorno ad un tavolo posto in una stanza oscura, quasi nascosta, vi sono diversi personaggi, molti uomini ed una sola donna.

Essi sembrano avere un’espressione sbalordita scaturita dall’azione dei due uomini posti alla destra del quadro: questi ultimi, infatti, indicano con tono accusatorio uno degli uomini seduti al tavolo che conseguentemente, con vergogna, china il capo. Probabilmente in seguito a questo gesto, anche uno degli uomini seduto al tavolo ha deciso di puntare il dito contro l’accusato.

Sapendo invece che il quadro rappresenta la vocazione di San Matteo, la descrizione cambia totalmente in quanto l’episodio non rappresenta una catastrofe bensì la chiamata di Gesù a San Matteo per farlo diventare suo discepolo.

Mariesol Verdicchio

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Chi riguarda la chiamata?

Nel quadro di Caravaggio “La chiamata” troviamo sette figure all’interno di uno spazio chiuso che fa immaginare una locanda. Cinque figure sono sedute, due sono in piedi. Tra le due figure in piedi si riconosce quella di Gesù, colui che indica verso gli uomini seduti.

Tra le tante Interpretazioni che si possono dare a questo quadro mi colpisce un aspetto correlabile al progetto di cui farò esperienza in carcere: non è possibile sapere chi è la persona indicata. Allo stesso modo anche nella vita non è possibile sapere chi, come e quando viene chiamato. Dunque ognuno di noi, anche chi si è macchiato di reati, merita sempre una possibilità, poiché nessuno può sapere se e quando arriverà la sua chiamata, proprio come Matteo.

Colui che in passato ha peccato viene chiamato per primo a compiere bene. La storia di Matteo ce lo spiega chiaramente: Gesù ha deciso di chiamare lui, in quella locanda perché aveva fino ad allora peccato, lo chiama benché non sia propriamente giusto. Ognuno di noi è chiamato a fare il bene indifferentemente da ciò che ha segnato il suo passato.

Filippo Marchesini

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