Tirocinio in Psicologia Sociale

Micol Sini, Matricola: 8786772
Tirocinio professionalizzante post lauream 500 ore
Periodo: dal         15/10/2021        al          14/04/2022

Caratteristiche generali dell’attività svolta: istituzione/organizzazione o unità operativa in cui si svolge l’attività, ambito operativo, approccio teorico/pratico di riferimento

Il Gruppo della Trasgressione è un progetto ideato dal Dott. Angelo Aparo alla fine degli anni ‘90, che ha come obiettivo principale la costruzione e il mantenimento di un ambiente nel quale detenuti, ex detenuti, studenti, famigliari delle vittime e liberi cittadini possano riflettere insieme sul rapporto individuo-società, dando ognuno il proprio contributo.

Dal Gruppo sono state successivamente create un’associazione e una cooperativa che si occupano di diverse iniziative, grazie alle quali si cerca un’interazione diretta con le istituzioni e con altri gruppi/associazioni, con lo scopo di aiutare i detenuti a raggiungere un percorso di emancipazione e integrazione durante la propria detenzione o nel periodo dell’applicazione di misure alternative, ma anche nell’immediato “dopo pena”.

L’idea di fondo è che una reale inclusione e il superamento della sensazione di marginalità e di estraneità alle regole possa avere luogo solamente se si partecipa attivamente ad attività e a esperienze concrete, in modo tale che il singolo e la società crescano e si rinnovino.

Durante gli incontri settimanali con i detenuti, gli ex detenuti, i famigliari delle vittime di reato, gli studenti e i cittadini, si affrontano diverse tematiche, come il rapporto con l’istituzione carceraria, il delirio di onnipotenza, la relazione tra detenuto e figli/famiglia, l’abuso, la libertà, la responsabilità, la prevenzione alla devianza e al bullismo.

 

Descrizione dettagliata del tipo di ruolo e mansioni svolte

Gli incontri del Gruppo della Trasgressione si tengono presso la sede di Via Sant’Abbondio o tramite piattaforma online. Durante queste giornate ho avuto l’opportunità di conoscere diverse persone, partendo dai detenuti e dagli ex detenuti, arrivando a liberi cittadini, tra i quali spesso partecipavano anche parenti delle vittime di reato.

Durante il mio percorso ho avuto modo di ascoltare diverse storie, soprattutto di detenuti ed ex detenuti appartenenti al mondo della Mafia (ma non solo). Attraverso i racconti ciascun componente del gruppo cercava di analizzare la propria vita, le scelte del passato, le fragilità che lo hanno portato sulla strada della devianza. Ad ogni incontro c’era sempre qualcuno che riusciva a “mettersi a nudo” e uno degli obiettivi principali del gruppo è aiutare i propri componenti a raggiungere consapevolezza dei propri errori e riconoscere, di conseguenza, le proprie fragilità, scavando dentro sé stessi per riuscire a ritrovare quella libertà persa ormai da tempo. Libertà non solo fisica ma soprattutto dell’anima.

Quindi, in quanto tirocinante di psicologia, ho avuto modo e piacere di poter osservare da vicino come le fragilità e i vissuti passati dei detenuti vengono affrontati e analizzati dagli stessi; come certi avvenimenti, come esperienze di abuso o di abbandono, li hanno portati alla scelta di perseguire una strada piuttosto che un’altra; come l’assenza di un genitore possa creare in un bambino, o in un adolescente, incertezze riguardo la propria identità e al proprio ruolo nel mondo. Ma, allo stesso tempo, ho potuto ammirare l’acquisizione di coscienza dei detenuti, la loro voglia di rinascere e di costruire una vita nuova per sé stessi e per i propri cari, la consapevolezza della propria libertà, di quella altrui e della responsabilità che ne consegue.

 

Attività concrete/metodi/strumenti adottati

Ho sempre partecipato agli incontri settimanali del Gruppo, per la maggior parte delle volte tramite piattaforma Zoom, insieme agli altri tirocinanti e ai vari componenti del gruppo, tra i quali i detenuti ed ex detenuti che fanno parte del Gruppo ormai da anni.

In diverse occasioni, al termine degli incontri, il Professore chiedeva a noi tirocinanti di redigere delle relazioni su quanto emerso durante gli incontri. Inoltre, ad ogni tirocinante era richiesto di diventare vero e proprio componente del gruppo, farne parte partecipando in maniera attiva e contribuendo attraverso i propri pensieri e le proprie idee.

In più, in questo semestre di tirocinio, ho avuto l’occasione di poter partecipare a diversi incontri nelle scuole.  Durante questi incontri i detenuti portano in prima persona le proprie esperienze davanti a studenti di 15-18 anni e l’obiettivo è quello di riuscire a fare prevenzione alla devianza ma anche al bullismo, fenomeno che si presenta in svariate forme soprattutto durante gli anni del liceo. Questi incontri sono stati un’esperienza splendida e, a mio avviso, rispecchiano esattamente lo scopo del Gruppo della Trasgressione, ossia rendere partecipe in maniera attiva tutta la collettività, per fare in modo che insieme si possa creare un ambiente all’interno del quale ciascuno possa crescere, imparare, essere libero.

Non da meno, il Gruppo, con l’associazione e la cooperativa, organizzano diversi incontri con le istituzioni (a fine maggio si terrà un importante convegno a Roma davanti alla ministra Cartabia) e collaborazioni con altre realtà. Per esempio, attualmente si sta cercando di creare una trasmissione radiofonica presso una stazione radio del Comune di Rozzano.

 

Presenza di un coordinatore/supervisore e modalità di verifica/valutazione delle attività svolte

Durante tutto il mio percorso presso il Gruppo della Trasgressione, la presenza del Professor Aparo è stata fondamentale. Il coordinatore, nonché fondatore del Gruppo stimola tutti i componenti e i partecipanti a condividere i propri pensieri, le proprie idee e le proprie emozioni in merito alle diverse tematiche che vengono affrontate durante i vari incontri. L’obiettivo del prof è di spronare tutti i tirocinanti a esporsi partecipando in maniera attiva e concreta, pur accettando le fragilità di ciascuno di noi e le diverse personalità.

Ovviamente il Dott. Aparo leggeva e correggeva tutte le relazioni e i verbali redatti da noi tirocinanti.

 

Conoscenze acquisite (generali, professionali, di processo, organizzative) e abilita acquisite (tecniche, operative, trasversali)

Grazie alla mia permanenza presso il Gruppo della Trasgressione ho avuto la possibilità di conoscere il mondo carcerario e la realtà che vivono i detenuti e gli ex detenuti e di confrontarmi con loro e con gli altri componenti del gruppo riguardo a tematiche importanti; ho sicuramente migliorato e sviluppato la mia capacità di ascolto, anche se il dott. Aparo mi ha criticato per i miei silenzi perché prediligevo l’ascolto rispetto all’intervento durante gli incontri. Ma penso che, come futura psicologa, sia una tra le capacità più importanti da potenziare; inoltre, ho implementato sicuramente le capacità di condivisione e di collaborazione di gruppo; infine, ho imparato l’importanza di riconoscere e accettare le fragilità altrui e, partendo da queste, aiutare chi si trova in difficoltà a ritrovare la propria strada, cosa che penso rispecchi esattamente l’obiettivo del mio futuro lavoro.

 

Caratteristiche personali sviluppate

Per quanto magari abbia fatto prevalere la mia parte più ascoltatrice, credo comunque di aver imparato ad esporre le mie idee e le mie impressioni, anche grazie alle relazioni che ho redatto, soprattutto nell’ultimo periodo, in seguito agli incontri nelle scuole, i quali hanno sicuramente lasciato un segno importantissimo dentro di me, o agli incontri ordinari del Gruppo.

Ringrazio il Gruppo per avermi dato la possibilità di poter far parte di un mondo che mi sta molto a cuore, di avermi aiutato ad aprire la mente e ampliare la mia visione della realtà, di avermi spronato ad affrontare anche le mie fragilità e le mie timidezze.

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Marte – Andata e ritorno

L’incontro di oggi, 30 Marzo 2022, presso il Liceo Artistico Statale “di Brera” è stato davvero molto emozionante e diverso rispetto ai precedenti incontri con gli studenti, ai quali avevo partecipato i mesi scorsi.

Il viaggio di andata
Il “discorso di presentazione”, chiamiamolo così, del Prof Aparo mi ha piacevolmente stimolato e stupito. Ha usato una metafora semplice ed efficace: il percorso di un detenuto può essere paragonato un po’ ad un viaggio nello spazio, che comincia sulla Terra ma ha come destinazione il pianeta rosso, Marte. Durante questo viaggio avviene un cambiamento, ossia il singolo inizia ad allontanarsi sempre di più, a causa delle sue scelte/azioni, dalla collettività, fino a diventare irriconoscibile agli occhi dei suoi simili, quasi come un extra-terrestre.

In buona sostanza, una persona nasce e cresce in un certo contesto, dove si presentano, ogni volta in percentuali diverse, opportunità per fare le proprie scelte. Qualcuno, a causa di tutta una serie di condizioni e vissuti, intraprende la strada verso la criminalità. Da lì, inizia il vero e proprio distacco: da adolescente insicuro, incerto, senza una propria identità si passa ad un adulto la cui identità si plasma nell’inseguimento di illusioni e di fantasticherie di potere.

 

Il viaggio di ritorno
Nonostante ciò, arrivati su Marte, avendo goduto per anni di quel famoso delirio di onnipotenza di cui tanto si parla, al quale è inevitabilmente seguito il carcere, ad un certo punto ci si rende conto che forse su quel pianeta rosso come il fuoco e come il potere non si sta poi così tanto bene e che forse è il caso di rientrare sul pianeta Terra.

Ma per tornare a convivere con gli altri bisogna crescere, imparare e fare proprie le conoscenze necessarie affinché si possa costruire qualcosa di buono insieme. Insomma, bisogna tornare riconoscibili come esseri umani, attraverso un impegno personale ma anche e soprattutto della società. Questo perché bisogna necessariamente prevenire che adolescenti di 14, 15 o 16 anni si

rovinino allo stesso modo, il che, a mio parere, rappresenta un onore e un dovere verso la collettività.

 

Le testimonianze
Oggi abbiamo potuto ascoltare le testimonianze di diversi detenuti ed ex detenuti e io, personalmente, mi sono commossa nel vedere delle persone così consapevoli di sé stesse, delle proprie azioni ma soprattutto degli obiettivi futuri. E mi sono spesso guardata intorno per vedere se gli studenti avessero avuto la stessa reazione. Con mia grande, anzi grandissima sorpresa i ragazzi erano tutti attenti ad ascoltare Roberto, Nuccio, Mario, Salvatore, Adriano e tutti gli altri presenti. Non avevano telefoni in mano, non parlavano tra di loro, non alzavano gli occhi al cielo. Erano li, fisicamente e mentalmente. E penso che questo sia il più grande dei traguardi, cioè riuscire a coinvolgere, attraverso la propria storia e la propria esperienza, i più giovani e catturarne l’attenzione e lo sguardo.

Tra qualche mese, spero, diventerò psicologa a tutti gli effetti e mi rendo conto di avere un’emotività che va immensamente oltre la mia professione, sono consapevole che prima o poi dovrò imparare a dosarla. Ma oggi, davanti a uomini, padri che si emozionavano al punto da avere la voce strozzata parlando del rapporto con i propri figli, non ce l’ho fatta e qualche lacrima di commozione mi è scesa. Sono storie toccanti, è straordinario sentire certi racconti uscire dalla bocca di persone che hanno vissuto quel tipo di vita.

Ed è altrettanto straordinario vedere nei loro occhi la consapevolezza, l’accettazione di sé e delle proprie azioni, che non rinnegano, ma sanno di non doversi rinchiudere all’interno delle scelte sbagliate del passato. Sono consapevoli di aver fatto un percorso che ha permesso loro di arrivare oggi ad essere fieri e orgogliosi delle persone che sono diventate e tutto ciò ha permesso anche ai loro familiari, amici, conoscenti di essere altrettanto fieri dei loro traguardi come esseri umani.

 

Come racconteresti la tua storia ai tuoi figli?
Con questa domanda si è concluso l’incontro. Alcuni hanno cercato di rispondere nella maniera più esaustiva possibile, altri, invece, non ci sono riusciti perché non hanno figli.

Penso che questa sia una domanda molto difficile, alla quale solo un genitore possa rispondere. Per questo motivo, ho pensato di girare questa domanda a mia mamma, chiedendole come avrebbe risposto lei se si fosse ritrovata in una situazione analoga, per esempio come è successo alla compagna di Adriano.

La sua risposta, come tutte quelle che mi ha sempre dato nella mia vita, mi è sembrata molto centrata: i bambini, gli adolescenti o più in generale i ragazzi compiono degli errori, ai quali seguono sgridate o punizioni, con annesse spiegazioni del perché l’azione X viene considerata errore; allo stesso modo, anche i grandi di qualunque età possono commetterne. La cosa importante è riconoscere i propri errori e soprattutto essere consapevoli che questi hanno delle conseguenze, perché ogni nostro gesto, che può anche essere fatto con ottime intenzioni, può causare effetti dolorosi per sé stessi e per gli altri.

E il carcere dovrebbe avere questo ruolo, ossia far capire che ciò che si è commesso è stato un errore, ma dovrebbe anche aiutare, dando la possibilità di riabilitare e reinserire i detenuti all’interno di una società, di formarli, di permettere loro di studiare, per poter tornare ad affrontare la vita quotidiana e le responsabilità che ne seguono in maniera più forte e consapevole rispetto a prima.

Micol Sini                                    Marte, andata e ritorno