Fra miserie e cose serie

Fra miserie e cose serie, Roberto Cannavò

Se al dolore hai risposto con la negazione
Guardaci dentro, non farne una prigione
Prova a viverlo per la costruzione
Vedrai che rivoluzione…

Il corpo, non è uno scherzo, è intrappolato
Ma il tuo passato non è del tutto frantumato
È la tua storia che va rivisitata
lavora sui cocci e vedrai il risultato…

L’evoluzione è in agguato
Lasciale spazio
E avrai il risultato di chi
Guardando indietro potrà dire:
Erano macerie, erano miserie,
Oggi sono cose serie

Mi è bastata una semplice considerazione
per dare un senso a questa mia condizione…
il detenuto non è un mattone
non è parte delle mura della sua prigione

E allora ripartiamo dalle macerie
per costruire cose serie
in tasca mi porto la semplicità
la moneta della mia rivoluzione

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Croce Rossa, Corso Primo Soccorso

Gli allievi dei due corsi
1° Corso, 29 settembre 2015

  1. Al Waki khaled
  2. Branca Domenico
  3. Capizzi Francesco
  4. Catena Antonio
  5. De Andreis Massimiliano
  6. Inzaghi Patrizia
  7. Leoni Gualtiero
  8. Liuni Giuseppe
  9. Marcheselli Alberto
  10. Messa Alessandra
  11. Moccia Ivano
  12. Ounnas Mohamed
  13. Petrillo Nicola
  14. Rambaldini Massimiliano
  15. Sannino Adriano
  16. Sorge Paolo
  17. Tango Antonio
  18. Tricomi Gabriele
2° Corso, 18 marzo 2016

  1. Monetti Maria
  2. Ottaviani Noemi
  3. Ristori Gemma
  4. Bottan Sergio
  5. Moscatiello Massimo
  6. Ricatti Francesco
  7. Migliore Giuseppe
  8. Crisafulli Alessandro
  9. Cascino Salvatore
  10. Cannavò Roberto
  11. Squillaci Franco
  12. Testa Simone

 

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La ninna nanna e le mazzate

In previsione degli incontri e della collaborazione su “La ninna nanna e le mazzate”, si richiede di leggere i due dialoghi: “La rotta del peluche” e “Nica” e di rispondere ai seguenti item:

  • Prime evocazioni spontanee per ciascuno dei due dialoghi
  • Tratti distintivi dei quattro personaggi
  • Tratti emergenti della relazione nell’uno e nell’altro caso
  • Confronto fra i due dialoghi e individuazione delle analogie e delle differenze fra i due tipi di relazione genitori/figli
  • Quali conflitti vivono i genitori nei due dialoghi
  • A quali atteggiamenti ricorrono per affrontarli
  • Cosa fa venire in mente l’ultimo atto del figlio nell’uno e nell’altro caso
  • Prefigurazione di cosa accadrà negli anni successivi al dialogo nell’uno e nell’altro caso.

Dopo la lettura dei dialoghi, ci si può servire della voce “Lascia un commento” per rispondere alle diverse domande e per aggiungere ulteriori contributi personali.

Non è indispensabile rispondere a tutte le domande, che vogliono essere soltanto un aiuto per ordinare le idee e poterle confrontare con quelle degli altri scout e dei detenuti del gruppo.

Infine, chi ne ha piacere può partecipare all’iniziativa inviando a associazione@trasgressione.net un proprio dialogo che risponda ai requisiti richiesti per la serie “La ninna nanna e le mazzate”:

Un genitore vorrebbe fare addormentare il figlio, ma il bambino o l’adolescente continua a fare domande perché teme che, se si addormenterà, il padre o la madre andranno via. Le domande possono essere di qualsiasi genere. Ciò che non cambia è che, di fronte alle domande sempre più pressanti del figlio, le risposte del genitore diventano sempre più evasive, fino a quando, in uno scatto d’ira, il genitore esasperato addormenta il figlio con una scarpata in testa.

Chi lo desidera può chiedere di essere accreditato come collaboratore di Voci dal ponte e inserire direttamente sul sito il proprio racconto.

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Sulla tossicodipendenza

Bollate, 11/02/2016 – Verbale dell’incontroNuccia Pessina

Il dibattito si è snodato a partire da una prima domanda e da alcune riflessioni a margine di questa: la tossicodipendenza è una malattia o una scelta? E’ importante rispondere perché un elemento, una situazione, un problema, a seconda di come viene definito, induce differenti reazioni. Secondo alcuni dei presenti, la tossicodipendenza può avviarsi e/o consolidarsi come una libera scelta; per altri inizia come scelta e diventa successivamente una malattia. Come si vede, la relazione tra scelta e malattia non è lineare; al convegno in programma è perciò opportuno che le esperienze di ognuno vengano ben documentate e comunicate dopo un’adeguata riflessione.

Massimiliano: Mi drogo da quando avevo 15 anni. Non so dire se è una malattia, ma so che, come il diabete, dovrò curarla per tutta la vita. Ma per me non ci sono pastiglie, ho bisogno di progetti, di cose intelligenti da fare, di cose e persone in cui credere. Sono 8 anni che non mi drogo, da quando ho ammesso di avere bisogno di aiuto e ho accettato di riceverlo; per la prima volta in vita mia, pur se in galera, paradossalmente, mi sono sentito libero.

Alessandro: Più che malattia, la chiamerei dipendenza.

Luciano: Penso che la prevenzione possa funzionare e debba essere stimolata.

Gianni: E’ una malattia che uno decide di prendere.

Dott. A: Malattia, disagio, libera scelta? Ogni diversa definizione dà luogo a risposte diverse; e questo vale per i diretti interessati, per le persone con cui i tossicodipendenti hanno relazioni, per le autorità legali e sanitarie.

Maurizio: Diciamo di aver fatto una “scelta” perché in realtà “malattia” è un termine che non ci piace.

Diego: Trovare qualcosa che ti dà piacere come te lo dava la droga è la risposta, ma non è così facile che questo accada.

Massimiliano: La droga ti svuota. Più ti droghi e più ti svuoti. Devi nutrirti di altro, ma ti ci vuole uno stimolo, un aiuto.

Massimo: Non riesco e non voglio considerarla una malattia, perché ciò potrebbe indurre ad adagiarsi nella cosa. Comunque, la droga ti svuota, ma spesso quando cominci è per riempire un vuoto che c’è già.

Gaetano: Per me è una malattia. Noi non accettiamo la parola “tossico”. Se non la accetti, non accetti di essere malato e dunque non ti curi. Ho cominciato a 15 anni, con la “maturità” dei 15 anni. E a 15 anni rifiuti l’aiuto, vivi solo per quello e ti svuoti. Poi maturi e “scegli” di uscirne, ma devi sceglierlo tu, devi sceglierlo per te.

Giuseppe A: Fare cose non basta per distrarsi dalla droga. Bisogna avere stimoli diversi.

Franco: La vera medicina per uscire dalla droga è avere un diverso nutrimento.

Roberto Dambra: Mi sono drogato a fasi alterne. Pulito dal 1996 al 2004. Vero che gli obblighi imposti dalla mia situazione (analisi presso il SERT e via dicendo) mi hanno aiutato, ma sono stato pulito per circa 4 anni dopo la fine degli obblighi. Poi ci sono ricascato. Perché? Non lo so.

Dott. A: Quali sono i confini della tossicodipendenza? Le azioni da essa indotte come il furto, la rapina, come vanno considerati? Sono parte della malattia?

Gianni: Un drogato è offuscato. Serve la mano di qualcuno e la propria volontà. Se commetti una rapina mentre sei in crisi di astinenza, è una conseguenza della malattia.

Maurizio: O rubi e poi ti droghi perché fa parte dello stile di vita delinquenziale o ti droghi e poi rubi per sopperire alla mancanza di soldi.

Gaetano: A proposito di ludopatia, molti reati sono commessi da persone tra i 50 e i 60 anni. Se sei malato, anche le azioni compiute sono conseguenza della malattia.

Massimiliano: Ho fatto furti anche quando non avevo necessità di drogarmi. E allora?

Esposito G: Mio figlio è drogato da quando aveva 13 anni. Io non ho mai toccato sostanze. La malattia è il vostro cervello. La fascinazione che provate per la droga è frutto del vostro cervello malato.

Alessandro: Anche mio padre ragiona come Giuseppe. Se io lavorassi, avessi una bella moglie, un figlio, alla sera, stanco per il lavoro della giornata, potrei anche farmi una canna. Che male c’è?

Gianni: Ma lei Dott. A che ne pensa?

Dottor A.: Ho cominciato a scrivere ciò che penso su “Voci dal ponte”, vi aggiungeremo quel che direte voi, cercando di ottenere un quadro progressivamente più organico delle nostre considerazioni sul tema.

Luciano: (per bocca di Tango) Qualcuno forse si droga perché fin da piccolo vede gente drogarsi.

Gianni: Il dottore non ha risposto!

Dott. Aparo: Credo sia opportuno considerare il tossicodipendente una persona che sceglie la malattia. Ma quali sono i confini della tossicodipendenza? Dal momento che la tossicodipendenza comporta un danno per la persona e per la società quali sono le reazioni appropriate a questo danno? Esiste un’alleanza che il tossicodipendente possa considerare valida e nei confronti della quale possa ritenersi ed essere ritenuto responsabile? E se l’alleanza fallisce e il danno ricomincia, cosa facciamo? Il tossicodipendente va considerato l’autore del furto o un burattino guidato dalla tossicodipendenza? Qual è l’atteggiamento più produttivo da parte dello psicologo? Nelle mie aspirazioni, io vorrei essere l’alleato di un burattinaio dimenticato che prova a restituire al burattino la libertà che gli ha tolto.

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Non ci basta!

Non ci basta è un libro on line sulla tossicodipendenza, la cui architettura è costituita soprattutto da:

  • le osservazioni, le curiosità, le domande dei componenti del gruppo che partecipano all’indagine sulla tossicodipendenza;
  • il riassunto e la storia delle teorie più diffuse e delle prassi terapeutiche più accreditate sulla tossicodipendenza;
  • le affermazioni che non li convincono;
  • i punti di contatto fra quanto si dice sulla tossicodipendenza, le dipendenze adiacenti (alcol, gioco) e i vizi meno dichiaratamente patologici  delle persone comuni;
  • le risposte che gli studenti mettono insieme consultando quanto è stato già scritto sulla materia;
  • i punti che rimangono comunque insoluti.

Il libro dovrebbe essere “fotografato” con scadenze periodiche, così da permettere agli studenti di riconoscere facilmente quanto, a fine corso, sarà cresciuta la loro competenza sulla materia.

 

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Un paradosso divertente

E’ un divertente paradosso che l’uomo, quando non sbaglia strada, insegue l’infinito mentre cresce e diventa se stesso nella realtà finita. Chissà se ogni giorno fa i conti con la realtà nella speranza di raggiungere l’infinito o se punta all’infinito proprio per poter dialogare con la realtà! Facilmente, però, quando dimentica una delle due cose cominciano i guai! In ogni caso, sembra che un ponte permetta di fare più strada di uno sconfinamento.

Abbinamento con: Ho visto Nina volare, A Cimma, Anime Salve

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La dipendenza: scelta praticata o malattia subita?

Interrogarsi su cosa è la dipendenza non risponde solo a mera curiosità. Di fatto, ci si rivolge al tossicodipendente in modo diverso a seconda che lo si consideri un malato o una persona che sceglie più o meno liberamente di fare quel che fa.

Anche le norme penali che riguardano la dipendenza e, in particolare, la tossicodipendenza, sono inevitabilmente collegate al fatto che il comportamento in oggetto venga inquadrato come malattia o libera scelta.

Ma la questione è anche più complessa. Va infatti contemplato che il comportamento tossicodipendente possa nascere in virtù di una libera scelta e diventare nel tempo malattia. Il tossicodipendente è prigioniero della propria malattia o è responsabile di essersi consegnato alla malattia?

Il cittadino che abbia margini di scelta per aumentare o ridurre il proprio stato di malattia, a maggior ragione quando tale malattia comporti gravi conseguenze per la collettività di cui egli fa parte, ha diritto di alimentare la propria malattia?

La storia del tossicodipendente di solito parte da un equilibrio precario, per rispondere al quale occorrerebbe una guida capace di sostenere e di insegnare a guardare lontano, e si insabbia progressivamente in una relazione con se stesso e con gli altri per cui l’orizzonte progettuale diventa sempre più ridotto e la persona sempre meno incline a fare investimenti sulla realtà.

Si finisce dentro un loop! Ma quanto è utile al soggetto essere trattato come vittima del loop che egli stesso ha attivato? Quanto giova al progetto terapeutico che il loop della tossicodipendenza venga considerato una malattia?

E infine,  in quale ambito è utile considerare malattia la tossicodipendenza? Quello del rapporto del soggetto con se stesso e con la propria inclinazione a restringere la propria facoltà di scelta o quello dell’abuso di potere che il tossicodipendente compie quando commette reati?

Il pilota russo che ha deciso di suicidarsi portando l’aereo con 150 passeggeri a schiantarsi contro una montagna, se fosse sopravvissuto, sarebbe stato considerato un omicida che, in quanto malato, avrebbe potuto godere delle attenuanti relative alla malattia? Quanto siamo tenuti a rispondere delle malattie che ci procuriamo se queste malattie portano ad abusare del nostro potere sugli altri? Abbiamo il diritto di procurarci o di lasciarci prendere dalle malattie se continuiamo ad avere con gli altri delle relazioni che vengono pesantemente investite dalle nostre malattie?

Il tossicodipendente agisce per provvedere a una mancanza che lo fa soffrire; agisce mosso dalla mancanza quasi come un burattino mosso dalle fila. Ma quanto è utile al partner del progetto terapeutico rivolgersi al tossicodipendente come a un burattino? Cosa possiamo fare per rintracciare e motivare il burattinaio che, dopo essersi legato mani e piedi alle fila, è sparito dalla memoria, lasciando al loop della droga e delle relazioni che la circondano il compito di restringere sempre più la spirale del burattino? E che ruolo è opportuno che abbia in questa ricerca il tossicodipendente?

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Caro Giulio

Caro Giulio, Carlo Lozito

Caro Giulio, paghi per la tua innocenza, il tuo desiderio di capire, la tua curiosità, i tuoi ideali, il tuo desiderio di un  mondo migliore. Caro figlio, giovane figlio, eri in terra lontana d’Egitto per studiare…

Cosa avrai provato al tuo primo osso spezzato, al secondo… al trentesimo? Quale smarrimento hai provato di fronte al sorriso sadico del tuo assassino?

Eri solo, disperato, aspettavi solo che finisse… eri solo, solo, solo ad affrontare con coraggio quegli inumani che giocavano, si divertivano, godevano del tuo massacro. Povero figlio, piango per te.

Noi riflettiamo sul dolore dei detenuti, forse poco sul dolore delle vittime… Giulio era un ragazzo, un giovane uomo che sentiva che questo mondo non gli apparteneva… lo voleva cambiare… ha mosso un dito, solo per raccontare… ha pagato col martirio.

Caro Giulio, noi siamo degli indifferenti, ci commuoviamo per te adesso, poi forse già tra un minuto ci occuperemo d’altro… riprenderemo la giostra dei consumi, dei falsi piaceri, degli stordimenti… forse così fuggiamo da questo mondo disposto a tutto per il denaro e il potere, un mondo che ogni giorno ci umilia, ci angoscia.

Caro figlio, riposa in pace, se mai potrai dopo quello che hai passato, piango per te, ti voglio bene anche se non ti conosco.

Carlo


Mandati di cattura

Ho saputo ieri dell’indagine sul conto di persone che hanno frequentato il gruppo nel recente passato e sento che non può essere ulteriormente rimandata la riflessione sulla difficoltà di emanciparsi dalla spinta a delinquere senza un innaffiamento continuo delle attività che alla delinquenza fanno da argine. Avevano smesso di frequentare il gruppo, ma lo hanno frequentato per anni e ciò non è bastato.

Se non possiamo riflettere insieme con le autorità istituzionali e strutturare con loro un piano, tanto vale chiudere il Gruppo della Trasgressione: responsabilità, rischi e frustrazioni a iosa, in cambio di quasi nulla! Ho bisogno di riflettere con le istituzioni, non per essere consolato ma per un progetto di cui possa essere verificata la consistenza.