Sotto il carro ponte

Il corridoio divenne lunghissimo, quel minuto durò un’ora.
Finalmente al bivio, “Posso, non posso”; “Voglio, non voglio”. L’aria è libera sul mio volto paonazzo. Mi incammino verso la meta, assaporo la semplicità, sono un uomo che ama vivere e finalmente l’ho capito…

Sono immerso nel verde, alzo gli occhi al cielo e i pappagalli colorano per incanto la mia fantasia. Respiro a pieni polmoni, riesco a socializzare con me stesso, non sono più solo! Siamo una grande famiglia: l’albero, la fontana, il tram, il pullman, la panchina, il fiumiciattolo, i palazzi, il cielo, le zanzare… ah sì, le zanzare… purtroppo anche loro sono parte della grande famiglia… assieme a noi…

Che bello camminare sotto il sole lavorando su me stesso, “assopito dai pensieri”. Due giorni, due interi giorni: che meraviglia nutrirmi degli sguardi di chi non conosce il passato… Sono stato zio, fratello, figlio, amico, e sono stato Giove: ho diviso la mia persona, cercando di non far mancare la mia attenzione all’affetto e allo scopo…

Ad un certo punto volevo tapparmi le orecchie, chiudere gli occhi e risvegliarmi nel letto di ferro, ma quando avevo questo desiderio puntualmente un viso appariva davanti ai miei occhi, spronandomi… come se lui riuscisse a capire quando il frastuono arrivava nella mia testa…

Ho cercato di tenere ben presente lo scopo, il bivio “posso, non posso”, “voglio, non voglio”. Avrei potuto dire “non posso farlo, mai riuscirò a far capire dei concetti”, potevo dire “non voglio farlo” … Invece, io volevo a tutti i costi immergermi nell’impegno e sentivo di potere raggiungere il nostro scopo, il mio scopo…

Il masso è stato spinto sempre più avanti e adesso non torna più giù, ma quanta fatica… zanzare, sole e caldo, ma la voglia di superarci ci ha permesso di vincere.

Lo dimostra il fatto che ho rapinato un vecchio al Parco delle Memorie Industriali, ho cercato di ucciderlo ma il vecchio mi ha spaccato la faccia. E nonostante la faccia mi facesse veramente male, ho terminato lo spettacolo…

Ho visto ciò che il mio cuore voleva vedere: ho visto Simone lavorare con noi come se il gruppo fosse già dentro di lui. Sono rimasto stupefatto, è vero che io ho gridato, come è vero che anche Simone ha gridato tutto il tempo e a me le sue urla mi sfondavano la testa, infastidendomi. Solo uno ha raccolto le nostre grida e io ne sono fiero, grazie Prof. …

Poi, per incanto tutto tace. il cielo diventa nero, la notte cala su questa grande famiglia. Ritorno alla realtà, il corridoio è diventato piccolissimo e in un attimo sono alla cella n°5 e ripercorro questi due incantevoli giorni…

Marcello Cicconi

Al Parco delle Memorie IndustrialiFoto della giornata

Fabrizio D’Angelo

Fabrizio D’Angelo – Intervista sulla creatività

Fabrizio D’Angelo è consigliere di Municipio 5 a Milano e, all’interno di questa carica, svolge anche il ruolo di presidente della commissione per la gestione dei rapporti istituzionali tra il municipio stesso e gli istituti di pena presenti sul territorio milanese.

 

Elisabetta: cos’è la creatività?

Fabrizio D’Angelo: Parto da una premessa: L’essenza dell’uomo è costituita da due entità opposte, due facce della stessa medaglia potremmo dire: un lato razionale e uno creativo. In alcuni individui prevale l’aspetto più legato al raziocinio, altri invece si esprimono maggiormente secondo il lato creativo. Dei due tratti innati dell’essere umano, la creatività è quello che lo spinge e lo stimola a costruire, creare e comporre elementi che trova nella realtà. Lo scopo di questa azione creativa è il miglioramento della realtà che ci circonda, così da renderla più confacente alle nostre esigenze.

 

Arianna: cosa fa scattare, come si sviluppa la creatività e in quali condizioni?

Fabrizio D’Angelo: Credo che le condizioni che permettono l’espressione della creatività siano da ricondurre a un generale stato di insoddisfazione, curiosità e voglia di migliorare la propria persona e di crescere sempre. Quando è presente questo stato di insoddisfazione, l’uomo analizza ciò che ha intorno, si ingegna, e da qui cerca di realizzare tutti i prodotti creativi possibili, siano essi immaginari o concreti, con lo scopo ultimo di ottenerne giovamento e per godere del risultato finale. Credo che questo valga quando si tratta di un’opera, un disegno, una scultura, ma anche della realizzazione di un gruppo che si unisce per coltivare gli interessi della collettività o i propri.

D’altra parte, la creatività si contrappone alla spinta alla distruzione. A partire da quest’ultima, non può nascere un prodotto positivo e utile, e in questo senso si può dire che la distruttività esprime il senso negativo delle cose e dei fenomeni.

 

Elisabetta: quali immagini possono ben rappresentare l’atto creativo?

Fabrizio D’Angelo: trovo che sia molto difficile per me, individuo maggiormente legato al lato raziocinante, trovare un’immagine che possa ben calzare con l’atto creativo. Comunque, l’atto creativo mi fa pensare a qualcosa che nasce dall’unione e dalla composizione di tutti gli elementi che, secondo l’autore, sono necessari per raggiungere il risultato finale. In concreto, mi immagino la tela bianca di un quadro che, man mano che il creativo procede, si riempie dei colori e delle immagini che egli vuole comporre, fino a raggiungere la raffigurazione finale che si era prefissato.

 

Arianna: che conseguenze può avere l’atto creativo nel rapporto con se stessi e con gli altri?

Fabrizio D’Angelo: dato che la creatività nasce da uno stato di insoddisfazione, una volta che l’autore realizza il suo atto creativo vive una sensazione di appagamento, di soddisfazione e di piacere e, di conseguenza, si sente in pace con gli altri e con il mondo che lo circonda. Tale pace interiore deriva dal fatto che si è riusciti a raggiungere l’obiettivo che ci si era prefissati, lasciando la propria creatività libera di esprimersi.

Sicuramente si può creare anche all’interno di un percorso caratterizzato da regole che vanno rispettate e da un percorso a priori prestabilito. Tuttavia, quello che ne consegue sarà solo un benessere relativo, in quanto derivante da un contesto in cui l’autore non ha avuto modo di esprimere tutto il suo estro creativo e ha dovuto rispettare ciò che gli altri gli hanno imposto di fare.

 

Elisabetta: quanto è importante il riconoscimento degli altri per l’artista?

Fabrizio D’Angelo: il riconoscimento degli altri è fondamentale, in quanto l’arte fine a se stessa è sterile. Sicuramente la creazione di un’opera creativa soddisfa il suo autore ma è una fonte di appagamento non profondo come potrebbe esserlo quando c’è anche il riconoscimento degli altri.

 

Arianna: esiste un modo ideale di fruire del prodotto creativo e chi sono i suoi principali destinatari?

Fabrizio D’Angelo: è il creatore che decide il modo ideale di fruire del prodotto creativo. È egli stesso a stabilire il modo in cui si utilizza l’oggetto da lui creato.

Inoltre, l’autore ha anche il dovere di educare alla comprensione e all’apprezzamento dell’opera il pubblico che ne fruirà. Pensiamo ad esempio ai Promessi Sposi. Il messaggio che l’opera tramanda e le varie identità dei personaggi sono stati stabiliti da Manzoni. Vero è che il lettore può dare in minima parte una sua interpretazione personale, ma fino ad un certo punto, in quanto l’identità, la personalità e le vicende dei personaggi sono già state date dall’autore.

Anche i destinatari del prodotto creativo vengono individuati dal creatore stesso. Egli assegna una funzione alla sua opera e, in conseguenza ad essa, vengono definiti anche i destinatari.

Tuttavia, non tutti siamo nella condizione di poter apprezzare un’opera creativa, che sia un dipinto o un ponte. Per esempio, io fruisco del ponte ma, non avendo conoscenze che mi permettano di apprezzare l’opera ingegneristica che vi è alla base, ne fruisco da mero utilizzatore. L’utilità del ponte, quindi, termina nel momento stesso in cui esso viene utilizzato. La responsabilità della persona che crea è anche quella di educare i destinatari all’utilizzo, alla comprensione e all’apprezzamento della sua opera.

 

Elisabetta: la creatività ha o può avere una funzione sociale e, se sì, quale?

Fabrizio D’Angelo: sicuramente la creatività ha una funzione ed è quella di aiutare a comprendere meglio e ad organizzare la società. Avere in mente un progetto o un’idea è già esso stesso un atto creativo. Senza la creatività, noi esseri umani non avremmo modo di immaginare e di comprendere come è organizzata la nostra società e come si dovrebbe svolgere la nostra vita dalla mattina alla sera, all’interno del contesto che condividiamo con altre persone.

Questo concetto può poi essere ristretto ai campi più specifici dell’arte. Pensiamo alle arti figurative: il fatto di essere appassionati alla pittura permette di avere una visione e un pensiero su di essa, ed è proprio questa visione che rappresenta l’atto creativo vissuto interiormente dalla persona.

 

Arianna: parliamo dell’atto creativo nelle diverse età: cos’è per il bambino, per l’adolescente e per la persona adulta?

Fabrizio D’Angelo: nel bambino la creatività è assenza di regole, è essere sé stesso. Nell’adolescente è una lotta continua tra razionalità e creatività, è fare ciò che si sente e ciò che le regole gli impongono. Nell’adulto invece è scoprire chi realmente si è: se ho deciso di essere un creativo, un razionale, oppure né uno né l’altro e sconfino nel distruttivo e nell’irrazionale perché non creo né costruisco e non rispetto le regole della società.

 

Elisabetta: in che modo l’atto creativo può incidere nelle relazioni sociali del soggetto?

Fabrizio D’Angelo: In modo estremamente positivo. Ho contrapposto l’atto creativo alla distruzione. La distruzione affonda la sua logica nell’assenza del rispetto delle regole; il fondamento della distruzione è il disprezzo verso sé stessi, infatti se si distrugge, prima di ledere gli altri si lede sé stessi. La creatività presuppone che oltre ad avere l’idea, si abbia la forza di metterla in atto; inoltre, la creatività è rispetto delle regole. Se si ha coscienza dell’impegno che presuppone l’atto creativo non è possibile non avere rispetto per la creatività degli altri: l’elemento fondamentale della società è il rispetto degli altri perché si ha la percezione dell’altro, del suo impegno e delle sue capacità.

 

Arianna: la creatività è un dono naturale privilegio di pochi o si tratta di una competenza accessibile a tutti e che può essere allenata?

Fabrizio D’Angelo: Io credo che alcune persone abbiano il dono naturale della creatività e in altre invece prevalga la parte razionale. Questo però non significa che non si possa diventare creativi, occorre crescita, educazione alla creatività.

Personalmente, cerco di portare avanti di pari passo il mio lato creativo con il mio lato razionale. Credo che l’obietivo fondamentale della nostra società sia stimolare l’arte e la creatività dentro di noi.

 

Elisabetta: a scuola che ruolo e quali effetti potrebbero avere delle ore dedicate alla creatività?

Fabrizio D’Angelo: la scuola oggi è solo un indottrinamento di concetti in versione sterile, con una prevalenza nelle verifiche di quiz che non danno la possibilità di esprimersi; questo soffoca la creatività, la capacità espressiva. Oggi la scuola è un atto amministrativo che non consegna un nuovo cittadino con una giusta percezione di sé e degli altri e con un’educazione artistica e civica. La scuola dovrebbe educare gli alunni ad apprezzare dell’arte, del bello e della creatività, al fine di favorire il progresso e lo sviluppo della società.

 

Arianna: pensa che la creatività possa avere un ruolo utile nelle attività di recupero del condannato?

Fabrizio D’Angelo: Il condannato ha compiuto un atto che va contro la società, non ha percepito il bene e ha leso il prossimo. Tornando al discorso che facevo poco fa, se una persona non ha voluto essere costruttiva, ha leso un bene ed è stata distruttiva, questo è avvenuto perché non aveva una sua percezione della creatività e il conseguente rispetto di sé stesso e degli altri; per questi motivi, penso che attraverso la creatività egli possa imparare a non ledere più a nessuno.

L’educazione alla creatività è un ottimo atto di prevenzione a monte (motivo per cui ripeto che occorrerebbe farla nelle scuole); è prevenzione ai nuovi delitti in cittadini che prendono consapevolezza di sé stessi e degli altri.

Intervista ed elaborazione di
Elisabetta Vanzini e Arianna Picco

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Sisifo al Teatro Asteria

IL MITO DI SISIFO
con nuovi personaggi e nuovi interpreti
In collaborazione e col sostegno di Municipio 5

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