Caterpillar Radio RAI2 19/03/24

Signori, presto ci separeremo. Per qualche tempo io sarò con i miei due fratelli, dei quali uno sarà deportato e l’altro giace malato, in pericolo di morte. Ma ben presto lascerò questa città e, forse, per molto tempo. Stringiamo un patto qui presso il macigno di IlJusa: che non ci dimenticheremo prima di tutto di Iljuseeka e poi l’uno dell’altro. E qualunque cosa ci accada in futuro nella vita, anche se non dovessimo incontrarci per i prossimi vent’anni, dobbiamo sempre continuare a ricordare il giorno in cui abbiamo sepolto il povero ragazzo, al quale in passato avevamo tirato i sassi presso il ponticello – ve lo ricordate?- e di come poi abbiamo tutti preso ad amarlo. E, per quanto possiamo essere impegnati in cose della massima importanza, per quanto possiamo avere ottenuto grandi onori o essere precipitati in qualche grande disgrazia, in nessun caso dobbiamo dimenticare di come siamo stati bene un tempo, qui tutti insieme, uniti da un sentimento così nobile e buono, che ha reso anche noi, per il periodo in cui abbiamo amato il povero ragazzo, migliori forse di quello che siamo in realtà.

Aleksej da I Fratelli Karamazov

I Conflitti della famiglia Karamazov

 

Responsabilità personale e collettiva

Ciò che mi ha subito affascinata di questo progetto di ricerca è la possibilità di dialogare con persone con un bagaglio professionale e personale completamente diverso, in alcuni casi addirittura antitetico (penso, ad esempio, a Marisa e Paolo Setti Carraro da un lato e ai detenuti del gruppo della trasgressione dall’altro). È questo confronto continuo tra persone con un vissuto così diverso, a mio avviso, ad avere attribuito un valore aggiunto alla nostra ricerca.

Una domanda che mi sono posta in passato e che è risuonata in me in occasione dei nostri incontri settimanali nel carcere di Bollate dopo avere ascoltato le storie di vita che alcuni detenuti coraggiosamente ci hanno raccontato è la seguente: “ma se io mi fossi trovata al loro posto, crescendo nello stesso contesto… insomma, a parità di condizioni di partenza… avrei agito diversamente?” Penso che si debba essere un po’ ingenui e forse anche un po’ arroganti per rispondere affermativamente a questa domanda, senza dubbi né ripensamenti.

Grazie alle sollecitazioni provenienti dalla lettura e conseguente discussione dei fratelli Karamazov – dove verso la fine del romanzo c’è quello che potremmo definire un “riconoscimento della responsabilità collettiva dei quattro fratelli” i quali, ognuno in modo diverso, hanno tutti contribuito alla morte del padre – in occasione del nostro ultimo incontro, un detenuto ha posto la seguente domanda: “ Abbiamo parlato della responsabilità del singolo ma che spazio trova la responsabilità della società nel processo?”

Tale quesito ha da subito provocato in me una serie di riflessioni. Nel processo penale – dove si accerta la responsabilità penale, la quale è, come noto, personale – la responsabilità collettiva trova poco spazio. Non penso che tale scelta debba essere necessariamente stigmatizzata: penso siano altre le sedi opportune dove stimolare questo senso di responsabilità collettiva (penso, ad esempio, alla famiglia e in particolare alla responsabilità dei genitori verso i figli; ancora, penso alla scuola).

Ad ogni modo, un riconoscimento di questa responsabilità collettiva, della società tutta, deve avvenire. Da questo punto di vista, tanto la storia dei fratelli Karamazov quanto quelle dei detenuti mi hanno portata a riflettere sull’importanza e la fortuna immensa che ho avuto io, in prima persona, di avere i giusti stimoli, le giuste possibilità e dei modelli positivi da seguire.

I Conflitti della famiglia Karamazov

Margherita Viglione

 

Protagonista è la famiglia

Dimitrij, tra i quattro fratelli Karamazov, è quello che più fatica a trovare un minimo di stabilità, vivendo costantemente in balia delle proprie emozioni che non riesce a dominare. Egli, a differenza dei suoi fratelli, non riesce a trovare un punto di equilibrio:  Alëša ha trovato pace nella fede lasciandosi guidare dal proprio padre spirituale del quale si fida cecamente; Ivan si rifugia nella ragione, negando l’esistenza di un Dio che non trova ed incolpa; Smerdjakov, taciturno ed ostile verso gli altri, dedica la propria esistenza a servire il padre.

Dimitrij, invece, è inquieto, prova collera verso il padre, sentimento che emerge tanto chiaramente da portare il lettore a credere che sarà lui il parricida nel romanzo. Il credito che Dimitrij ritiene di vantare nei confronti della figura paterna è un peso troppo grande ch’egli fatica a gestire, vivendo una vita superficiale, frivola e che lo rende quanto mai simile al padre tanto disprezzato.

Sinteticamente, sono queste le ragioni per le quali alla domanda “chi è il protagonista dei fratelli Karamazov” ho risposto, di getto, Dimitrij. Ad una riflessione più ponderata, però, sono giunta a ritenere che in realtà tutti e quattro i fratelli sono i protagonisti del romanzo. O forse, ancora meglio, è l’intera famiglia Karamazov ad essere protagonista: lo stesso Fëdor – senza il quale la famiglia Karamazov non esisterebbe così come non esisterebbero i complessi e sfaccettati rapporti tra il padre e i quattro figli – insieme a Dimitrij, Alëša, Ivan e Smerdjakov, sono coessenziali al romanzo, ognuno con i propri tratti caratteriali e con le proprie fragilità.

Approfitto dell’occasione per condividere con il gruppo l’obbiettivo della mia ricerca, così sintetizzabile: imparare ascoltando l’altro e mettendosi in discussione. Ognuno di noi porta con sé le proprie esperienze, le proprie convinzioni, la propria sensibilità… in sintesi, il proprio vissuto.  Tutti noi dobbiamo esserne consapevoli nel momento in cui prendiamo posto nel teatro del carcere di Bollate in occasione dei nostri incontri settimanali e ci mettiamo all’ascolto.

“Bisogna aver visto”, è il j’accuse di Piero Calamandrei in uno dei suoi primi interventi parlamentari del 1948. Richiamando le sue parole, io aggiungo che oltre ad avere visto, occorre avere ascoltato e compreso, tenendo viva la luce della ragione e della solidarietà umana e rammentando che prima di essere detenuti, vittime, studenti, avvocati, magistrati… siamo tutti uomini che condividono la stessa dignità.

Margherita Viglione

I Conflitti della famiglia Karamazov