Il canto dei barconi

Quello che ho visto e vissuto martedì 13 giugno dentro il teatro del carcere è stato per me una sostanza rivoluzionaria. La bellezza di questi progetti porta novità dentro il carcere e fuori. Le alleanze che si costruiscono portano sempre una crescita, per la società e per noi stessi.

Vedere sul palco Marisa Fiorani e sentire il suo dolore per la figlia uccisa dalla criminalità trasmette valore e coraggio, utile nella crescita di noi detenuti, e dà fiducia nel ritrovare un riscatto dal male che siamo stati. Una mamma, una donna, così piena di gioia e forte, crea un’alleanza che offre ad ognuno di noi detenuti l’opportunità di riflettere: costruire insieme sul dolore, per tirare fuori quel male che abbiamo prodotto, quel silenzio buio che vive dentro le carceri.

Anche Paolo, ogni volta che sento il suo racconto, mi porta a ricordare il passato. Ero adolescente e vivevo in Sicilia, era accaduto qualcosa di terribile a Palermo: l’omicidio del Generale Della Chiesa e della sua compagna, sorella di Paolo. Oggi Paolo dovrebbe odiarci, invece è qui con noi detenuti al teatro e si commuove con noi. Paolo è un componente del Gruppo della Trasgressione e averlo insieme a noi è un vero successo: allearmi con Paolo è significativo per il percorso che ho scelto e che voglio vivere, la legalità. Il contributo che posso dare a Paolo, alla sua famiglia e anche ai miei figli e futuri nipoti è riconoscere che il generale Della Chiesa e la sua compagna sono e saranno il simbolo della legalità. L’importante è capire i nostri sbagli e si può avere sempre una ripartenza. Il tempo che Paolo mette sul tavolo ci aiuta a stimolare la coscienza. Mentre noi raccontiamo il nostro passato deviante scopriamo chi siamo stati e di non fare più errori.

Anche Don Ciotti, con il suo linguaggio sicuro verso di noi detenuti, è stato emozionante. Le sue parole danno ricchezza al nostro cammino di vita, come questo progetto dedicato a quei barconi pieni di persone e bambini dispersi nei nostri mari e quei migranti che arrivano in cerca di un futuro. Doveva essere per loro un luogo di speranza; invece, è diventato un luogo di disperazione. Don Ciotti è meravigliato dalla trasformazione di quei barconi che sono stati recuperati nel mare: oggi sono qui a Opera, dentro al carcere, per far sì che quelle vite, perse sopra quei barconi per un futuro mai raggiunto, abbiano un riconoscimento per i sogni persi. Per dare dignità e speranza anche da vittime, quelle specie di zattere, quel legno da bruciare, è stato trasformato in un violoncello, donando anima e dignità alla loro memoria.

Ma cosa esce da quei violini? Una vera rinascita!  In teatro ho percepito qualcosa dentro al cuore, non avevo mai visto e sentito suonare uno strumento così da vicino, ma per me la novità è stata vedere il nostro Dott. Aparo seduto al centro del palco, pensieroso e in silenzio. Appena abbassa la testa e si mette a cantare “Marinella”, mi ha caricato i pensieri: non staccavo l’orecchio dalla sua voce.

Mi ha portato all’amore che ho perso, anche io, nella vita, ho provato a bussare a qualcosa che volevo rivedere; quella canzone l’ho ascoltata molte volte ma non ho mai sentito questa connessione. Questa volta ho dato valore e significato, pescando qualcosa da dentro di me: ero preso dalle parole, per cercare qualcosa che mi potesse appartenere e ritornare indietro a sistemare il mio passato. Marinella, la sua storia vera, mi ha coinvolto perché anche io sono partito per costruire dei sogni: lei costretta a fare la prostituta fino a perdere la vita; la mia prostituzione, diversa e di mia scelta, è stata per aumentare il denaro e il successo, fabbricando male per me e la società.

Ecco perché mi sono rimesso in gioco, la nostra vita e la rivoluzione del nostro cambiamento si nutre di quello che nel passato è stato un male per le persone e per noi stessi. Oggi faccio uso della coscienza, mi sono dato dei nuovi valori per essere utile e dare consistenza al mio cambiamento.

La bellezza e le risorse che offrono questi progetti e queste alleanze creano un’aria pulita, delle vere emozioni, come quel violoncello suonato dal ragazzo giapponese: era strano nei suoi movimenti, ma forte era la sua potenza. Si vede che lui ama tirare fuori dal violoncello quei suoni, io ho chiuso gli occhi e ho pensato a quegli uomini e bambini che hanno perso la  libertà e la  vita per cercare un futuro migliore.

Ignazio Marrone

I violini del mare contro l’indifferenza

Un suono diverso da prima

Anche oggi sono qui ad aprirmi con il Gruppo perché mi sembra giusto farvi sapere cosa penso. Il Dott. Aparo e Paolo mercoledì scorso dicevano di vedere molto cambiato nel Gruppo un ragazzo “ristretto” da 20 anni e che ora ne ha circa 50: non voglio sembrare presuntuoso ma mi sento chiamato in causa e mi rivedo molto in quella persona.

Io penso di avere oggi pensieri liberi per cercare di migliorarmi, per trasformarmi e riprendere la mia vita.  Le mie generalità sono le stesse ma ho una mentalità diversa da quando ero entrato.

Arrivati ad una certa età, tutti possono fermarsi a ragionare. Guardandosi attorno si vede cosa si è seminato in passato, poi con il crescere, sempre se si vuole, si deve anche riconoscere, con consapevolezza, i propri errori ed anche l’indifferenza che si aveva verso prossimo.

Trovando gli strumenti e le guide giuste, facendo sedute su argomenti del Gruppo, con la mentalità che sta cambiando, essendo meno impulsivo e più riflessivo, ora mi diverto a fare più collegamenti su tutto, e a dire la mia al momento giusto.

Penso che ogni persona abbia da imparare. Uno come me non ha mai ascoltato e voluto consigli da nessuno, ed ecco gli esiti devastanti per me e per la società nello stesso tempo. Ora per far sì che questo non si ripeta ho deciso di migliorare, anche grazie al vostro contributo che mi sta facendo capire i valori veri di ogni persona.

Purtroppo il passato non lo può cancellare nessuno, ma io sto imparando a conoscermi meglio, valutando tutta la mia vita, e cercando di capire anche come ho potuto bruciarmi tutti questi anni. Ci sono voluti anni per arrivare fino a qua con questa testa, però vedete, ora aprirmi con voi mi viene più semplice anche perché non ho più nulla da nascondere.

So che con un impegno e sforzo maggiore posso dare di più, anche per evitare parte dei conflitti che spesso vivo durante i convegni e agli incontri del mercoledì e che però ora sono alleviati e sono più genuini: ora so cosa voglio dalla mia vita. Io con la mia storia sto cercando una possibilità per costruire un futuro diverso avendo ora consapevolezza di quello che ho vissuto.

Non è facile trasformare quello che ho vissuto e passato, ma grazie al Gruppo e agli stimoli che mi ha dato sono arrivato anche a ragionare su questo anche perché ho delle conferme interiori. Oggi penso che un bambino che ha vissuto l’infanzia come quella che ho avuto io avrebbe bisogno di essere seguito perché alla fine dei conti uno non ha il destino segnato a priori, ma se non lo si assiste, certe esperienze hanno un effetto negativo sul suo futuro.

Da qui ora posso dire come è nata la mia indifferenza mentre seminavo male e nello stesso tempo alimentavo altro male. Tutto deve avere un limite, cerco di accettarmi con tutti i pregi e difetti come tutti. Oggi mi nutro di natura e relazioni umane come questa.

La vita vera non offre facili risposte o rimedi immediati, ora cerco nel mio piccolo di essere utile quando è possibile, di dare qualche consiglio a qualche ragazzo tipo Paolo (della scuola di Brugherio).

Pensando alle barche parcheggiate qua fuori, anche noi siamo stati parcheggiati qua all’interno e ci sono momenti che mi sento un pezzo di legno delle barche. Spero anche che con un buon lavoro fatto su di me, anche io  potrò essere uno dei nuovi violini, con un suono e una musica diversi da quello che sentivo prima.

Nunzio Galeotta

L’infinito senza stellePercorsi della devianza
I violini del mare contro l’indifferenza

Disperazione e speranza

Mi chiamo Davide, ho 42 anni e sono recluso da tre anni. L’evento del giorno 13 presso il teatro del carcere di Milano-Opera, dove era presente anche Don Ciotti di Libera, mi ha fatto riflettere molto.

Per quanto riguarda l’immigrazione, penso che queste persone fuggono dalla loro terra un po’ per la disperazione e un po’ per la speranza di una nuova vita. La cosa che più mi ha colpito è che queste barche della morte vivono una nuova vita grazie al fatto che vengono trasformate in violini e questo mi ricorda tanto la mia vita.

Riallacciandomi al secondo tema, ovvero quello della droga, oggi capisco che io sono stato vittima e carnefice, ho fatto del male alla società e alle persone che erano più fragili, facendo soldi in modo facile, cosa di cui oggi pago le conseguenze.

Ma oggi,  proprio come quei barconi, mi sento una persona migliore, mi sento partecipe del progetto del Gruppo della Trasgressione, che mi ha aiutato a distinguere, a scegliere cosa fare di me stesso e a dare il mio contributo al tavolo del gruppo. Il confronto con gli altri mi arricchisce di responsabilità e mi motiva a progettare un futuro migliore.

I violini del mare contro l’indifferenza

Davide Seminara

Una serata di riflessione

Ho sentito spesso parlare del Gruppo della Trasgressione e dei tanti eventi che organizza. Già da qualche giorno si parlava di questa serata del gruppo insieme con l’associazione Libera e con la fondazione De André. Speravo potessimo partecipare e così è stato. Arrivato al teatro, ho trovato subito delle persone che conoscevo: Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della “fondazione casa dello spirito e delle Arti” assieme alla sua assistente Greta. Mi hanno elogiato per un intervento che ho fatto alla presentazione di un libro di Giorgio Paolucci dicendomi che avevo commosso con la mia storia. Felicissimo, ho preso posto per assistere all’evento.

Arrivano gli ospiti, il dott. Aparo è stato tra i primi con Don Luigi Ciotti, Dori Ghezzi e la signora Lucilla. Da lì a poco ho capito l’omaggio al grande De André. Conoscevo le canzoni ma non che erano stati scritte su cose realmente accadute. Ascoltando le parole mi sono commosso.

L’intervento di Don Ciotti mi ha colpito molto, alla TV l’ho sentito sempre urlare per giuste cause, ma quella sera ho visto l’umanità di un uomo di Dio che si impegnava a cambiare il male con il bene.

Si è parlato dell’indifferenza e persone come il dott. Paolo Setti Carraro, la sig.ra Marisa, che sono parte attiva del Gruppo della Trasgressione e a loro volta vittime, che giustamente potevano essere indifferenti alle tematiche carcerarie e dei condannati, sono invece presenti nelle carceri per il recupero del reo.

Le testimonianze rese da alcuni del Gruppo della Trasgressione, insieme a alla musica suonata in modo speciale dal maestro Giapponese, con i violini che vengono realizzati dai barconi dove sono saliti ed hanno rischiato la vita persone più sfortunate di noi mi hanno fatto vivere una serata di speranza, di credere nella possibilità che il carcere ci offre, che forse non è solo un brutto luogo in cui si affligge la persona, ma diventa lo spazio per cambiare, realizzarsi per ricominciare liberandosi del male.

Anche se in primis dobbiamo essere noi, il vero motore del cambiamento sono le persone che si impegnano per un lavoro di riflessione con i detenuti. Ringrazio i rappresentanti e il gruppo della trasgressione di avermi arricchito di una bella serata di riflessione.

I violini del mare contro l’indifferenza

Giuseppe Giorgi

Una stella anche per noi

L‘evento del 13 giugno 2023 al teatro di Opera

Sono Schirripa Rocco, detenuto in questo istituto da 8 anni e mi piacerebbe fare una riflessione sulla serata trascorsa al teatro il 13 giugno 2023 organizzato dalla direzione, dall’associazione libera, dal gruppo della trasgressione e da Mondadori.

Mi ha fatto piacere che a sorpresa hanno fatto scendere anche chi non è inserito nel Gruppo della Trasgressione; è stata autorizzata a partecipare tutta la sezione (cosiddetta a trattamento avanzato). lo sono uno di quelli che non fa parte del gruppo della trasgressione.

Devo dire con molta franchezza che sono rimasto piacevolmente sorpreso che si è parlato dell’indifferenza. Quello che mi ha colpito di più è stato sentire suonare quel violoncello, ricavato dal legno di quelle barche naufragate nel nostro bellissimo mare Mediterraneo, dove da parecchi anni stanno morendo troppe persone per l’indifferenza di tutti noi.

Sentire il suono del violoncello è come sentire un grido di aiuto di chi in quel momento stava annegando. Ecco! Qui, sì che c’è indifferenza… in questo caso, non tanto la nostra personale, ma di chi è al potere e ha il dovere di fare qualcosa per far sì che questo non accada; fino ad adesso abbiamo sentito solo belle parole quando succede l’irreparabile, (ci indigniamo quando vediamo i morti sulle nostre spiagge) e poi non si fa niente! E questi poveretti tutti i giorni continuano a morire.

Mi è piaciuto sentire le canzoni di Fabrizio De André, ma ancora di più mi è piaciuta l’interpretazione e la gradazione che ha dato il coordinatore del Gruppo della Trasgressione.

Devo dire che ho apprezzato molto il discorso di Don Ciotti, ammetto che io avevo qualche pregiudizio, percepivo che “ce l’avesse” con il mondo intero e in particolare con noi detenuti, ma, mi sono ricreduto quando l’ho sentito dire delle belle parole su di noi e sulle nostre famiglie.

E quando senti una persona come Don Ciotti che invita a non mollare e che c’è una stella che luccica pure per noi… Sembrerà strano, ma dopo quella sua affermazione, persino uno come me, che ha un fine pena mai, quella stella la sente più vicina.

Schirippa Rocco

I violini del mare contro l’indifferenzaL’infinito senza stelle

Il mio infinito senza stelle

L’infinito mi inquieta. Pensare a un’entità in continua espansione che non ha limiti temporali  e spaziali mi fa vacillare.

Anche l’infinito interiore che ogni uomo ospita dentro di sé mi dà un senso di vertigine: un gorgo di emozioni, sensazioni, sentimenti, pensieri, ragionamenti, desideri e pulsioni che si mescolano in un turbinio frenetico e spesso inestricabile.

Dunque che cos’è per me l’infinito senza stelle?

È l’interminabile catena di ingiustizie gratuite cui assisto ogni giorno.
È l’africano senza tetto massacrato senza ragione ma con grande gusto da due adolescenti nostrani.
Sono le vittime di Cutro che avrebbero potuto essere vive e, magari, anche felici.
Sono gli annegati di Pilos, morti per niente. Più di cento bambini i cui occhi non si spalancheranno più per la meraviglia, non brilleranno più di desiderio.
Sono gli operai pagati due euro l’ora.

Sono gli arbìtri commessi sui loghi di lavoro, dove padroni senza decenza esercitano i loro poteri di vita e di morte sugli schiavi contemporanei.
È una corruzione estesa e profonda e apparentemente inarrestabile che ostacola l’andamento lineare della vita delle persone.
Sono i mutamenti di linguaggio che facendo mostra di modernità oscurano l’indecenza delle situazioni lavorative che li generano e così il quiet quitting e il quiet firing sembrano accettabili.

Sono i richiedenti asilo che vengono respinti o ignorati.
È l’ipocrisia della UE che con convinzione sostiene che i richiedenti asilo vanno aiutati a casa loro e pagano cifre miliardarie perché a casa loro venga impedito loro di partire.
È l’ipocrisia con cui fingiamo che i campi profughi in Libia non sono l’inferno che sono, avallando così stupri, sevizie, torture di ogni genere.
È ancora l’ipocrisia per cui se i richiedenti asilo sono biondi e con gli occhi azzurri si accolgono, mentre per gli altri sono indispensabili dei distinguo.
È ancora l’ipocrisia con cui distinguiamo tra migranti economici e migranti politici come non sapessimo che in alcuni luoghi partire è l’unica possibilità per sopravvivere.

Sono i tagli alla sanità pubblica che hanno decurtato la possibilità di essere curati a coloro che sono socialmente deboli.
Sono gli inquinamenti tollerati che hanno causato e causano decessi evitabili a Casale Monferrato e a Taranto, per citare i casi più noti.
Sono i guadagni faraonici della Società Autostrade  macchiati del sangue di chi è perito per il crollo del ponte Morandi.
Sono i carcerati picchiati e umiliati senza ragione.

Sono le migliaia di permessi di costruzione concessi illegittimamente che hanno contribuito alla devastazione dell’ambiente.
È l’incessante consumo di suolo che in Italia divora ogni giorno un’area equivalente a un campo di calcio.

Sono le classi pollaio dove professori sempre più inermi tentano di insegnare, educare, includere, riuscendoci sempre meno.
Sono tutti i fragili violentati fisicamente o moralmente per come sono, per il loro orientamento religioso, politico, sessuale o a volte solo perché ci sono.

Sono i crimini e le uccisioni perpetrati a qualunque titolo.
Sono gli abusi esercitati su qualunque soggetto.
Sono i fiumi di droga che scorrono e che obnubilano le menti di chi ne fa uso.

Ogni volta che uno di questi fatti accade si spegne una stella e il mio infinito è un po’ più buio.

E poi vengo a sapere che quattro bambini sudamericani sono sopravvissuti 40 giorni in una delle foreste più impenetrabili del pianeta e sono stati ritrovati in buona salute.
E poi mi dicono che con il legno dei barconi dei naufraghi sono stati costruiti violini.

E allora accantono il pessimismo della ragione e accolgo l’ottimismo della volontà e riprendo a sperare. A sperare che l’armonia dei violini superi lo stridore degli schianti. A sperare che il mare torni a profumare di salsedine e non più a odorare di morte.

In fondo dipende da noi, da ognuno di noi fare in modo che l’infinito torni ad avere le stelle.

Nuccia Pessina

L’infinito senza stelleI violini del mare contro l’indifferenza