Prima e oltre il confine

Oggi ho parlato del Gruppo della Trasgressione e mi è venuta voglia di rivedere il documentario che ha realizzato Sofia alla scuola di giornalismo. Al di là dell’emozione, di rivedere facce amiche, ci sono stralci di importanti esperienze del Gruppo contenute in questo video. Ci sono i detenuti con i loro racconti, soprattutto degli incontri con i ragazzi nelle scuole, l’esperienza dell’ARTE con Stefano Zuffi, la musica in sottofondo, con la voce del Prof….

Però quante cose mancano! Mi ha fatto emozionare sentire i detenuti parlare della “mancanza di un gruppo esterno”, e poi questo Gruppo è arrivato. Sentirli credere davvero nel progetto della Cooperativa e della bancarella “frutta e cultura”.

Questa cosa mi ha emozionato più di tutte. In questo video la cooperativa era solo un’idea, oggi, a distanza di 10 anni, esiste nella realtà e incide sulla vita delle persone.

Forse questa è il più grande insegnamento che ho tratto dal Gruppo della Trasgressione e dal Dr. Aparo: tollerare che un’idea impossibile diventi possibile nel tempo, lavorandoci un poco per volta, con costanza, nonostante le difficoltà, passo dopo passo, nella consapevolezza che quei passi sono guidati dal fatto stesso di avere un’idea in cui crediamo, che ci motiva.

Era successa la stessa cosa con Sisifo. Io c’ero quando abbiamo iniziato in quel tugurio dell’ultimo piano della sezione giovani adulti di San Vittore, a cui si accedeva da quella scala a chiocciola angusta che partiva da metà corridoio.

Io non ci credevo che ce l’avremmo fatta. Sembrava tutto troppo difficile. Sembrava un’impresa impossibile, in quelle condizioni lì, con quelle persone lì, con quelle risorse lì. Niente giocava a nostro favore! Sinceramente Prof., dopo tanti anni posso dirglielo, quando aveva proposto di parlare di mitologia con quei 4 detenuti sgangherati, che cambiavano ogni 4 giorni, che non avevano esperienza del Gruppo e non avevano certo lo spessore che posseggono i detenuti che frequentano il Gruppo da tanti anni e a cui eravamo abituati, beh io ero certa che la cosa avrebbe avuto vita breve.

E invece poi guarda cosa è successo con Sisifo! Una delle esperienze più belle del Gruppo: in tour tra scuole e teatri! Beh questa parte un po’ nel video c’è. Ma oggi ci sarebbe ancor più materiale!

Forse sarebbe ora che uscisse la seconda puntata di questo documentario. Una nuova giovane Sofia che frequenta un corso di giornalismo non l’abbiamo?

C’è anche un’altra cosa che manca in questo video, che in tanti anni di Gruppo è stata per me l’idea più esilarante e straordinaria: l’Officina della 4S! Anche in questo caso nel video è contenuto il seme di ciò che poi sarebbe diventato, quando Prof. dice: “Il modo per appagare l’uomo con storie che non siano di Soldi, Sangue e Sesso c’è”, beh quel modo per noi è diventato la quarta S: lo Sviluppo. L’articolo “Mente Libera” di Antonio Tango sul Giornale del Falso, penso sia una delle cose più spiritose, geniali e contemporaneamente profonde che abbia mai letto.

E poi manca anche tutta l’esperienza con Cajani e gli scout… e chissà quante altre cose che non mi vengono in mente ora.

Inoltre, so Prof. che per questo lunedì mi toglierà la parola, ma la versione di A Cimma che canta alla fine di questo video mi piace di più di quella che mi ha mandato!! Certo in quella che mi ha inviato la parte iniziale di Cisky  è molto bella, ma la canzone è più chiusa, mi sembra più triste e cupa rispetto alla versione del video, che invece trasmette apertura e speranza! Mi piacerebbe avere la versione di questo video, che per me è la versione originale!

Tutto questo per dire che vorrei condividere anche con le persone del gruppo che sto conoscendo adesso  e con i miei attuali colleghi di lavoro i 28 minuti del video di Sofia, che rende meglio delle mie parole il cammino del gruppo.

Chissà perché prima che inizi il video c’è un buio interminabile, forse perché inizia da una Storia sbagliata

Tiziana Pozzetti

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Tartaruga Blues

Enzo Martino

Mi hanno chiamato dal dentista. Sono arrivato con qualche minuto di anticipo, aspetto con pazienza: la mia solita pazienza. Ormai mi sono abituato ad aspettare, che alla fine mi piace perché ho il tempo di riflettere. Mentre sono in attesa gli occhi fissano una piccola piscina a forma di fagiolo, devo dire carina visto che il luogo dove mi trovo è il carcere.

Veniamo però alla piscina. Vedo l’acqua che si increspa, una piccola onda va a sbattere conto la parete con un moto leggero. Guardo attentamente e vedo delle testoline fuori dall’acqua, cosa saranno mai? Non capisco e non riesco a decifrare i dettagli vista la distanza che ci separa.

Intanto il tempo scorre fin quando mi si avvicina un assistente della penitenziaria. Dall’accento capisco che è di origine sarda e mi dice: sette tartarughe. Sette tartarughe di circa venti centimetri; in carcere cosa ci fanno, mi domando, e nello stesso tempo sorrido e mi diverte l’idea di dare loro dei nomi.

Intanto tre delle sette tartarughe emergono dall’acqua e si posizionano in punti diversi. La prima che subito chiamerò Lucilla, si posiziona sull’erba diciamo a bordo piscina, la seconda, cioè Teodora, sopra una piccola lastra di cemento, mentre l’Orietta si nasconde sotto una massa di erba, credo sia più timida delle altre due.

Per mia sfortuna le altre quattro rimangono In acqua e si divertono, a mio avviso giocano tra di loro. Questa cosa che loro giocano mi piace e credo che giocare sia fondamentale per tutti.

Perché racconto questa storia? Perché in questo momento mi sento più libero di non pensare, finalmente! Questi piccoli animaletti non mi fanno stare male, mi distraggono da tutte le piccole cose miserabili che il carcere giornalmente fa vivere, dalla sua inesorabile monotonia a cui si è costretti a sottostare.

Racconto questo piccolo spazio di vita per farvi capire, figli miei, che sento la vostra assenza, la lontananza che ormai ci separa da moltissimi anni. Guardo le tre tartarughe e penso che con voi non ho potuto giocare, non siamo mai andati né in piscina né al mare e questo non è bello e neanche naturale. Sì, ci rimane l’amore fra padre e figli, ma basta?

Il nostro legame è forte e lo sappiamo tutti e tre. Adesso siete adulti e dovrete farvi una vita tutta vostra e io mi sento di troppo. Ci sono giorni che rifletto sul nostro rapporto a distanza; quanto potrà durare? Spero un giorno che, costruendovi una famiglia, avrete del figli e so anche che non li potrò portare al mare o in piscina, non potrò accompagnarli al parco o all’asilo. Con voi non l’ho f atto, non l’ho potuto fare, sono stato sempre in carcere.

Ecco oggi vorrei sentirmi come una delle sette tartarughe; vorrei avervi sulle spalle, come le tartarughe che portano sulle spalle la loro “casa” che è anche la loro corazza, la loro protezione. Come voi lo siete per me, che mi proteggete con il vostro affetto e il vostro amore. Vorrei fare increspare l’acqua, salire sull’erba e prendere il sole, però insieme a voi due.

Vi amo tanto,
papà.

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