di Beatrice Ajani
Carlo Goldoni e la rivoluzione teatrale
Tag: Fondazione Luigi Clerici
La rivoluzione digitale nel cinema
di Vincenzo Zaccà
La rivoluzione digitale nel cinema
La nascita del cinema
Obiezione di coscienza
Stefano Mancuso e le piante
Stefano Mancuso propone una visione delle piante rivoluzionaria, che porta a proporre un cambiamento del paradigma cui siamo abituati nel definire la Terra e gli esseri viventi.
L’uomo deve arrivare a capire che è solo una delle specie viventi, che non ha senso definirsi migliore, deve invece avere cura di tutte le altre specie e delle connessioni con esse. Tutto ciò se vuole che la sua specie sopravviva.
Di sopravvivenza si parla, infatti. Sul pianeta mediamente una specie vive 5 milioni di anni. La nostra specie “homo sapiens sapiens” esiste da 300.000 anni. Ci mancano 4.700.000 anni di sopravvivenza, se fossimo come le altre specie. Ma non lo siamo, perché noi usiamo le altre specie considerandole risorse messe a nostra disposizione. Se non riuscissimo a superare i 4.700.000 anni che ci mancano vorrebbe dire che non abbiamo saputo fare buon uso del cervello.
Le piante sono la vita stessa e ne garantiscono la sopravvivenza perché hanno usato le loro capacità per affrontare i pericoli e risolvere i problemi. Secondo Mancuso le piante hanno un cervello ma non essendo strutturate come l’uomo secondo una organizzazione piramidale e verticistica molti ritengono che non abbiano intelligenza. Mancuso sostiene il contrario. L’intelligenza, secondo i parametri usati per l’uomo, è la capacità di risolvere i problemi, capacità di resistenza, capacità di percezione e di apprendimento, memoria, comunicazione.
Le piante possiedono tutto ciò, ma alcuni lo contestano, sulla base della diversità dei bisogni rispetto all’uomo: bisogno di muoversi e muoversi in fretta, che ovviamente le piante non hanno, ma hanno tutto il resto.
Le piante sono l’87% della vita, gli animali, uomini compresi, sono lo 0,3%, il resto funghi muffe e microrganismi. Davvero può essere che l’87% delle creature sia stupido?
Le piante vivono in media 50 milioni di anni, la nostra specie 5 milioni di anni. Noi pensiamo di essere migliori ma migliore che cosa significa? Che si pone obiettivi e che li raggiunge con efficacia.
Qual è l’obiettivo primario nella vita? La sopravvivenza. Tutti dipendono dalla sopravvivenza, noi lo condividiamo con tutti gli altri esseri viventi. E, a questo riguardo, basta dire che le piante producono ossigeno e fissano l’anidride carbonica, formano il clima e nella forma delle foreste primarie e garantiscono la sopravvivenza delle specie (ne accolgono il 90%).
Banksy
Giulia Sceusa
Per il corso di Cittadinanza attiva alla Fondazione Luigi Clerici
Piccole e grandi rivoluzioni nella storia dell’umanità
Un futuro possibile
Un futuro esiste pure per me
Sono prigioniero in un circolo
vizioso che sembra un vicolo
non vivevo senza te.
In continuazione solamente insoddisfazione
prendevo solo sostanze cariche di illusioni
Se scrivo questi versi
ci scrivo nuove direzioni.
La sofferenza vive dentro di me
prima non sapevo perché
Ora scrivo le rime che
trasformano la sofferenza in me
Ora dimmi se ha senso vivere.
Io lotto qua per riemergere
con il desiderio di vincere.
Ti giuro non voglio più perdere.
Hamadi El Makkaoui
La maschera dell’inganno
Ci penso e rimane solo frustrazione
potevo impedire l’autodistruzione.
Non c’è finzione non sono tranquillo
Quello che provavo non riuscivo a dirlo.
Arrivano i problemi mi potevo abbattere
la mia soluzione era metterci carattere,
togliere le maschere se voglio cambiare
per tentare di dirti ciò che so provare.
Mi sveglio con te ma non so darti me stesso
Ciò che vedi è un pezzo di me.
Non posso darti l’intero riflesso
senza mostrarti il peggio di me.
La droga fa volare, è solo un’illusione
sentirsi leggero fra queste persone.
L’effetto finisce e torno nel limbo
Fra il sentirmi vero e l’essere finto.
Svendere la propria verità per le loro smancerie
Ora chiuso in gabbia senza scacciasogni
sento i miei sogni svanire
La mia vita è maledetta, la mia penna è stregata.
Hamadi El Makkaoui
La realtà sdoppiata
La sera è arrivata
la mia vita è sfortunata
la mia anima logorata.
Provo a volare al di là.
Lacrime di disperazione
lacrime di liberazione,
del dolore che ho causato
resta questa storia qua.
La luce è spenta
prendo tutta la boccetta.
Ma la corda che si spezza
mi ha lasciato ancora qua.
Si sdoppia le realtà
rimane fuori la felicità.
Alle spalle il paradiso
ora solo lacrime sul mio viso.
Tutto traumatico.
Nella testa solo il panico.
Sono ai margini della società
ma non si è soli in questa realtà.
Hamadi El Makkaoui
Il rumore della libertà
Carissimo prof., mi auguro di trovarla in ottima forma sia fisica che morale. Come siamo rimasti nella nostra telefonata nel giorno della mia uscita per permesso premio, eccomi a lei per raccontarvi la mia emozione dopo 33 anni di non vita. Sì, perché uno stupido come me, che ha buttato la sua intera vita dentro ad un carcere per 33 anni, non ha vissuto veramente.
Prof., non sono tanto certo che si possa capire con una lettera quello che ho sentito dentro di me quando ho messo il piede fuori dall’ultimo cancello che mi separava dalla libertà. Era come andare sulla Luna e mettere il piede sulla Luna. Ma la cosa strana è che percorrendo le strade in auto con mio figlio, mi accorgevo che anche i vicoli di Napoli più degradati, i più tristi, i più bui dove nemmeno il Sole entra, agli occhi miei erano tutti belli. E sì, dopo 33 anni chiuso in un carcere, giustamente dico oggi, anche le cose più brutte ti appaiono belle.
Ma quello che mi ha fatto piangere come un bambino è stato il dolce suono che si crea quando stai a tavola per cenare. Ma prima che vi racconto di questa grande emozione, dovete sapere che io per 33 anni ho mangiato il cibo con piatti di plastica e posate di plastica. Ora vi chiederete: “E questo cosa c’entra con i miei 33 anni di carcere?”. C’entra, c’entra e ora ve lo spiego.
Il vivere da detenuto è un vivere maligno, un vivere da uomo inutile, lontano perfino da un piccolissimo rumore proveniente dalla libertà. E come vi dicevo sopra, mi sono emozionato nel sentire un dolce rumore che si crea quando il cucchiaio di ferro tocca con dolcezza il fondo del piatto di porcellana. E questo dolce e piccolissimo rumore è stato con me fino all’età di 26 anni! Poi un giorno è arrivato il conto dei miei sbagli. Sono stato arrestato e portato via da questo piccolissimo e dolce suono. Attenzione: arrestato per i miei crimini, e non per non avere fatto nulla!
Avevo creduto che quello che facevo mi dava onore e dignità. Ma dopo un po’, ho capito che non era vero niente. No, non ci cadete in questa trappola senza uscita.
Mi rivolgo a tutti i ragazzi che vivono come vivevo io. Credetemi ragazzi miei, l’onore e la dignità li trovate tra le piccole cose. Io dopo 33 anni ho ritrovato quel piccolissimo, dolce rumore tra il cucchiaio di ferro e il piatto di porcellana. Non mi capite vero? Sarò più diretto. Tutte le mafie sono un grande e unico tumore maligno. Vi prego, non fate la mia stessa fine che solo dopo 33 anni di carcere ho risentito quel dolce e piccolissimo rumore… Il rumore della libertà.
Con tutto il mio cuore,
Giuseppe Amendola